
«Non bastano le pugnalate ricevute, le umiliazioni sopportate, il sangue e le feci liquide con cui ho riempito le lenzuola del carcere, gli strani errori della Guardia di Finanza, i miei perché a cui nessuno risponde. Un innocente è stato portato in carcere a morire ma i magistrati, liberandomi, hanno capito che forse anche loro furono traditi come tradita fu verità e giustizia.
Se dalla bocca dei bambini della mia classe escono frasi come “maestra, guarda c’é quello della droga” allora qualcuno ha fatto dimenticare loro che io sono ancora il loro maestro. Siamo a scuola Cantina Sociale dove speranzoso e riconosciuta la mia innocenza, corro in classe pochi minuti prima dall’uscita e dopo avere salutato la collega sostituta.
Il cuore mi batte forte perché è a loro che ho pensato per primi e come la fiaba di Cenerentola mi rivolgo loro dicendo di TV e giornali scrivono oggi che “io sono pulito come voi”. Avrei voluto dire loro che Gesù, che ha sofferto tanto fino alla croce, non abbandona i puri di cuore e che un Dio esiste; avrei voluto dire loro che verità e la giustizia, come in tutte le fiabe, alla fine trionfano.
Ma non facevo neppure in tempo, che la nuova collega mi buttava fuori dalla classe accusandomi di fare “violenza psicologica ai bambini” semmai m’invitava a parlare con i loro genitori. Risposi solo che ai genitori io non ho nulla da dire, nulla da giustificare perché non ho fatto nulla di male e nulla di cui debba vergognarmi: I miei alunni sono solo quei bambini! Salito al primo piano, apprendevo che la collega di un’altra classe, aveva pubblicamente riferito di non volermi nel suo modulo altrimenti se ne sarebbe andata altrove.
La scuola come un cortile di infamie e maldicenze! Nel recuperare la mia autovettura vidi le mamme inferocite della classe sottostante che accerchiavano la maestra che si vantava di avermi allontanato e che anzi diceva di proteggere i bambini dalle mie “violenze psicologiche”. Da telefonate ricevute ho saputo di genitori inferociti che hanno invaso alcune classi ma anche di altre maestre serie che hanno calmato gli animi.
Mi dica adesso lo Stato Italiano che prima mi butta in una cella a morire e che poi scopre l’acqua calda, la mia innocenza sempre sostenuta, cosa vuole fare di me che dopo tanti studi e sacrifici, con una laurea, quale lavoro vogliono che io faccia.
Sappino i finanzieri però che esigo le misure di quel pacco da mezzo kilo tirato dietro le mie spalle. Chiederemo anche l’esperimento giudiziale,(previsto per legge, art. 218 c.p.p.), affinché rimettano e tirino fuori l’intero involucro innanzi gli occhi dei magistrati, miei e dei miei avvocati visto che il pacco di mezzo kilo di legno che io ho realizzato sicuramente ha misure sbagliate e non passa tra ruota e passante dove in verità lo spazio sembra molto stretto».
(Fonte: Domenico Timpanelli)