Azzerato il beneficio della revoca del carcere duro per il boss gelese Davide Emmanuello, detenuto nelle carceri di Ancona. A ripristinare il regime del 41 bis per Emmanuello, contro cui pendono tre ergastoli, è stato il ministro guardasigilli Angelino Alfano.
Davide Emmanuello, che oltre alle pene dell’ergastolo dovrà scontare condanne di minore entità (droga) ha commesso la maggior parte dei suoi delitti in piena guerra di mafia, a Gela, a cavallo degli anni ‘80-’90.
A dicembre dello scorso anno, il fratello Daniele, ritenuto il vero boss della famiglia, è stato ucciso dai carabinieri mentre tentava la fuga da un casolare dell’ennese, nel quale le forze dell’ordine avevano teso un’irruzione. Un omicidio, quello di Daniele Emmanuello, che ha fatto discutere, perché il boss in fuga era disarmato ed è stato colpito alla nuca, di spalle. Una pratica non ammessa dal codice. Non risulta che vi siano stati provvedimenti nei confronti di chi ha premuto il grilletto che ha messo fine alla lunga latitanza del boss.
"Era giusto che lo prendessero – aveva ammesso la vedova del boss, Virginia Di Fede - ma non che lo uccidessero. Mio marito non era armato. Scappava perché lo perseguitavano. Tutta la sua famiglia è perseguitata”.
Sulle modalità dell’uccisione, la magistratura aveva aperto un'indagine. "Gli agenti della squadra mobile di Caltanissetta sono riusciti nel loro compito di individuare il covo del latitante nel tentativo di arrestarlo. Per il resto – aveva commentato il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso – si dovranno accertare i fatti per fare piena luce sulla vicenda".
Non se ne è saputo più nulla.