A conclusione di articolate investigazioni coordinate dalla Procura della Repubblica – Dda di Caltanissetta, personale della Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Caltanissetta e del Commissariato PS di Gela, ha eseguito due ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip del Tribunale di Caltanissetta dr.ssa Alessandra Giunta, su richiesta della locale Dda) a carico dei sotto notati soggetti, appartenenti alla famiglia mafiosa della “stidda” di Gela
Salvatore Di Giacomo (foto a sinistra), 67 anni il prossimo 24 febbraio, in atto libero, e
Giovanni Di Giacomo (foto a destra), 38 anni, pregiudicato, in atto detenuto.
In ordine al delitto p. e p. dagli artt. 56, 110, 575, 577 nn. 3 e 4 c.p. e 7 legge 203/1991, perché, con premeditazione e agendo per motivi abietti, ossia per impedire il ripristino di una situazione di legalità all'interno dell'Ufficio Tecnico del Comune di Gela settore dei Lavori Pubblici e Manutenzione, in concorso fra loro – il primo quale mandante, il secondo quale esecutore materiale- e con Giuseppe Di Giacomo, deceduto – compivano atti idonei, diretti in modo non equivoco a cagionare la morte dell'ingegnere Renato Mauro, mediante l'esplosione di un colpo di pistola cal. 22 che lo attingeva alla regione tempore-mandibolare sinistra, non riuscendo nell'intento per cause estranee alla loro volontà, tra le altre per l'inceppamento dell'arma. Con l'aggravante di avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni di cui all'art. 416 bis c.p. e per favorire l'organizzazione mafiosa "stidda". (in Gela il 15 maggio 1992).
Le indagini in questione hanno riguardato un grave e famigerato tentato omicidio perpetrato a Gela, nel maggio 1992, in pregiudizio dell'ing. Renato Mauro, all’epoca dei fatti Dirigente delle Ripartizioni Urbanistica e dei Lavori Pubblici del Comune di Gela, realizzato da due giovani che, a bordo di ciclomotore, avevano esploso un colpo di pistola allo indirizzo del predetto Mauro, attingendolo al viso mentre questi si trovava a bordo della propria autovettura Renault 5.
Il delitto sopra delineato si inquadrava in un contesto estremamente complesso come quello esistente nella città di Gela, dove la presenza della mafia si annidava anche nei gangli della pubblica amministrazione.
Già in una prima comunicazione di notizia di reato dell’epoca, redatta dal Commissariato P.s. di Gela, in relazione al citato tentato omicidio veniva deferito Di Giacomo Salvatore ed altri 11 soggetti facenti parte della famiglia Di Giacomo e/o comunque contigui alla stidda di Gela, ritenuti indiziati, a vario titolo, di essere i mandanti del tentato omicidio in danno del predetto ingegnere Mauro, nonché di associazione a delinquere finalizzata alla perpetrazione di turbative d’asta e concussione.
Nella citata informativa di reato si delineava lo scenario di intimidazioni e minacce esistente all’interno del Comune di Gela in cui era maturato il delitto posto in essere ai danni del capo ripartizione comunale, che aveva tentato, nel settore lavori pubblici del Comune di Gela, di riorganizzare il settore e di evitare soprattutto il ricorso sistematico alle procedure di “somma urgenza” nell’esecuzione dei lavori pubblici, che erano sostanzialmente controllate e pilotate proprio dal Di Giacomo Salvatore (che all’epoca era dipendente, con la qualifica di assistente proprio alla ripartizione lavori pubblici del comune di Gela), con la complicità di imprenditori vicini all’ organizzazione mafiosa della “stidda” di Gela.
A rimarcare lo scenario di costante e virulenta intimidazione, si evidenzia che dal 1989 in poi, a Gela venivano realizzati innumerevoli attentati ai danni di dirigenti del Comune, impiegati, sindaci, assessori e consiglieri comunali in carica.
La nuova ricostruzione del delitto veniva effettuata grazie all’escussione, in data 24 marzo 2009, presso la Dda di Caltanissetta, della vittima di tale efferato reato, ingegnere Mauro Nunzio Renato, tutt’ora dirigente del Comune di Gela. Il Mauro riferiva in particolare che aveva assunto la direzione della ripartizione urbanistica e dei lavori pubblici e manutenzione del Comune di Gela in data 2 aprile 1992, all’indomani del trasferimento del suo predecessore ing. Cappello. Nell’intento di razionalizzare e modernizzare il settore dei lavori pubblici e delle manutenzioni, aveva realizzato una serie di direttive (scritte) che avevano di fatto tolto ogni potere all’assistente Di Giacomo Salvatore, che svolgeva le sue mansioni proprio nel settore Manutenzione dei lavori pubblici.
Il Mauro aveva soprattutto interrotto il ricorso sistematico alle procedure di somma urgenza nell’assegnazione dei lavori di manutenzione, soprattutto stradali, che in quanto procedure altamente discrezionali, erano di fatto controllate dal Di Giacomo, che (era voce corrente a dire del Mauro) imponeva una sorta di tangente sull’esecuzione dell’opera, dopo avere scelto la ditta che doveva realizzare i lavori.
La situazione descritta dal Mauro e gli abusi commessi dal Salvatore Di Giacomo, per prevenire i quali l'ingegnere Mauro aveva assunto le sopra specificate iniziative, trovavano una significativa conferma nelle dichiarazioni rese da Grazio Trufolo, che era assessore ai lavori pubblici presso il Comune di Gela tra il 1992/1993 e che rimase vittima di un agguato riconducibile allo stesso movente del tentato omicidio Mauro, per il quale è stato condannato Paolo Di Giacomo, nipote di Salvatore Di Giacomo.
Un significativo riscontro al sistema di abusi facente capo al Di Giacomo Salvatore proviene inoltre dalle dichiarazioni rese dall'ex Sindaco di Gela Rosario Crocetta in data 7 ottobre 2003, dovendosi evidenziare che uno dei primi atti della sua giunta municipale fu proprio quello di allontanare, con provvedimento del 13 agosto 2003, il Di Giacomo dal settore Manutenzioni e di smantellare di fatto il sistema delle somme urgenze da questi creato.
Circa la figura criminale di Di Giacomo Salvatore, occorre rilevare che lo stesso, il quale ha rivestito anche la carica di consigliere provinciale (dapprima Udeur, poi indipendente, mentre il figlio Paolo ha rivestito per anni la carica di consigliere comunale), è membro di una famiglia i cui componenti sono storicamente affiliati o comunque contigui alla consorteria mafiosa della “stidda”.
Si rappresenta, che le nuove risultanze investigative dalla quale è scaturita la
notitia criminis in parola sono riconducibili alla ricostruzione dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Giuseppe Di Giacomo (successivamente ucciso), Roberto Di Giacomo, Gaetano Iannì, Orazio e Diego Iaglietti, i quali hanno ampiamente illustrato sia la dinamica che il movente dell’efferato fatto di sangue.
(Fonte: Squadra Mobile Questura di Caltanissetta e Commissariato Ps di Gela)