Giuseppe Di Dio (nella foto) sfiduciato per la seconda volta da quel cartello di maggioranza che lo elesse presidente del Consiglio comunale. Il colpo di scena si è registrato ieri sera martedì 21 ottobre durante la seduta consiliare dedicata al
Question time.
Dopo una prima timida denuncia senza conseguenze sul piano degli assetti politici avvenuta qualche settimana fa ad opera del capogruppo consiliare del Pd Totò D’Arma messo alle strette dai suoi compagni di partito che lo minacciavano a sua volta di sfiduciarlo, adesso è stata la volta di Giacomo Gulizzi.
Il consigliere del Pd mentre erano in corso le interrogazioni, ha chiesto la parola per contestare il presidente di avere relegato arbitrariamente al diciassettesimo punto la sua interrogazione. Immediata la risposta di Dio. Quella di Gulizzi – ha spiegato Di Dio – non era una interrogazione, ma una interpellanza che è stata, quindi, inserita in coda alle interrogazioni insieme alle altre interpellanze. Ma la doccia fredda che ha finito per paralizzare i lavori consiliari, è stata la messa “in stato d’accusa” al presidente, reo di continuare a ricoprire quel posto dopo il suo passaggio all’Mpa. Ormai – è stato spiegato da Gulizzi che ne chiedeva le dimissioni - lui non può godere della fiducia di quella maggioranza che lo aveva eletto presidente, perché le condizioni sono del tutto cambiate dopo il suo divorzio dal Pd. Una breve polemica con scambi di accuse reciproche, non registrate dai microfoni forse volutamente spenti o mal funzionanti, a mettere un po’ di calma è intervenuto il capogruppo consiliare di Democrazia e socialismo Paolo Cafà, che in modo più signorile e meno irruento, ha ribadito lo stesso concetto di Gulizzi, sottolineando che non si trattava di un attacco alla persona ma alla figura istituzionale che lui non si decide a lasciare. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il vicecapogruppo Pd Ventura che, dopo avere pronunciato una dura richiesta di dimissioni, ha annunciato che per protesta tutto il gruppo Pd sarebbe uscito dall’aula.
A completare l’opera è stato i consigliere Dc Carmelo Ferrara che ha chiesto la verifica del numero legale al punto già inesistente dopo l’uscita dei consiglieri Pd. Con un senso di fastidio e di stizza Di Dio ha invitato il segretario facente funzioni di fare l’appello mentre nello stesso momento hanno abbandonato l’aula platealmente anche Paolo Cafà di Democrazia e socialismo e Giovanna Cassarà del Pdci in segno di solidarietà.
Si spezza così l’asse Crocetta-Di Dio finora mantenuto saldo grazie alla debolezza del capogruppo Pd Totò D’Arma, assente ieri sera in Consiglio. Quest’ultimo sarebbe colpevole agli occhi dei suoi compagni di partito perché anziché rappresentare gli interessi del suo gruppo consiliare avrebbe cercato sempre di mediare a favore del sindaco e di Di Dio, non reiterando le dimissioni del presidente, non richiedendo il rimpasto in giunta, non convocando riunioni in seno al gruppo. Per il momento i consiglieri Pd gli hanno ridato la fiducia con la fuoriuscita della Caci e la nomina di Giordano ad assessore, però anche questo passaggio forzato che D’Arma non ha potuto evitare in quanto sarebbe stato sfiduciato come capogruppo, non sta sortendo gli effetti voluti. Voci raccolte a fine seduta affermerebbero che D’Arma per non assumere atteggiamenti non in linea con i suoi compagni starebbe battendo la strada della “latitanza”. Infatti ieri sera era assente e si è così consumato il colpo di mano con l’annuncio da parte del suo vice Ventura dell’abbandono dell’aula. Cosa succederà ora che sono saltati gli schemi? L’assemblea civica resterà paralizzata nei suoi lavori? Può succedere di tutto.
L’aggiornamento a stasera.