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notizia del 30/11/2012 messa in rete alle 22:07:09
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Silvana Grasso come Virginia Woolf
Dal 2011 l’editore veneziano Marsilio ha preso a pubblicare i libri di Silvana GrassoZ(nella foto). Il primo volume è stato L’incantesimo della buffa, di cui in questa sede abbiamo già parlato (20 agosto 2011), ma assieme alle novità è stato deciso di ristampare in edizione tascabile i romanzi usciti precedetentemente presso altre case. Dopo Il bastardo di Mautàna e L’albero di Giuda (con l’ottima postfazione di Marina Castiglione) viene ripresentato quello che a mio parere è, ad oggi, il miglior lavoro di Grasso: La ninna nanna del lupo. Il libro ha un impianto alquanto semplice (già questo è un grande merito) e racconta la storia di Mosca e la sua serva-confidente Clementina.
Negli anni Dieci le due donne emigrano da Bisacquino e vanno a vivere a New York. Lì avranno dei destini paralleli: Clementina seguirà quello ‘tipico’ dell’emigrato di inizio secolo, mentre Mosca viene prima ricoverata in un sanatorio (dove impara a conoscere, attraverso gli altri, il mondo), poi sposa un mafioso. Abbiente e vedova (quindi veramente indipendente) prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale torna, insieme a Clementina, in Italia. Questi, in breve, i fatti e le coordinate spazio-temporali della storia. Il libro, però, non si sostiene su alcuni degli episodi eccezionali, ma piuttosto, in modo autonomo (nel senso greco) su stesso, cioè sulla propria struttura narrativa. Mi spiego. La vita di Mosca, inclusa la vicenda con il podestà (personificazione dello strapotere) viene ricordata, joycianamente: in una sola notte, mentre viene inscenato il rituale della cura dell’artrite alle mani. La malattia, del resto, sia quella mentale sia quella fisica è un personaggio. Qui (a casa) e adesso (la notte) accade tutto, perché è in questo spazio e in questo periodo che la «ninna nanna del lupo» aiuta a rievocare il passato inverandolo grazie alla concretezza della parola. Quello che avviene è espresso, come sempre, nei termini linguistici del realismo mimetico che caratterizza la scrittura grassiana e si misura, vicendevolmente, con i registri alti (colto e perfino aulico) e quelli mediani (da conversazione e marcatamente meridionale, ma più per la sintassi che per il lessico).
Per Grasso si sono fatti alcuni nomi che dovrebbero rappresentare le sue fonti letterarie, i padri letterari: da Deledda a Verga, i greci tragici, mentre io stesso ho citato, e ripropongo Dante.
Questi riferimenti rimangono attuali anche per La ninna nanna, almeno per quanto riguarda gli elementi contestuali e quelli stilistici, ma la diegèsi, lo svolgimento narrativo fatto di continui movimenti dal passato al presente e viceversa, rimanda a un metodo che non saprei identificare in altro modo che come «flusso di coscienza» (Stream of consciousness), il medesimo, ciòe, che si riscontra già in Virginia Woolf e lo stesso Joyce. Grasso, difatti, sebbene faccia parlare Mosca con Clementina, attua comunque una forma di dialogo interiore. Non a caso «fare la mosca» in siciliano significa anche stare zitti. Mosca, dunque, non parla alla serva ma dialoga con se stessa. Mi preme evidenziare questo elemento prettamente narratologico – comunque applicato nel testo in modo originale e magari anche incosciamente – per ribadire come questo autore non vada ‘sistemato’ con troppa facilità tra quelli neoveristi. Semmai Grasso va collocata in un ambiente culturale ben più ampio e complesso: testimoniando in prima persona non solo la sua capacità recepire la tradizione modernista, ma anche quello, ancora più rilevante, di saper mantenere la Sicilia entro il canone e la dimensione europei.
Autore : Gandolfo Cascio
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