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Corriere di Gela | L’immoralità della devolution
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notizia del 26/06/2006 messa in rete alle 23:47:14
L’immoralità della devolution

Fin dai primi anni post unitari, l’Italia ha finanziato il processo d’industrializzazione delle regioni settentrionali mediante l’adozione di provvedimenti sistematici che ne hanno consentito l’infrastrutturazione e nel contempo relegato il sud al degrado economico progressivo.
Nella fase iniziale dell’Unità, viste le notevoli differenze fra gli stati italiani, il federalismo sarebbe stato funzionale allo sviluppo omogeneo della nuova Nazione, ma le Regioni che più avevano voluto l’unità e perciò di maggior potere politico non ritennero di dover adottare quel sistema di organizzazione statale.
In quel momento le parti erano economicamente invertite, nell’area settentrionale del paese si registrava il primato dell’emigrazione con percentuali altissime del flusso demografico in uscita che andava dal 17,9% del Veneto, al 16% del Friuli Venezia Giulia, al 12,5% del Piemonte, al 9,9% della Lombardia. Bassissimi, viceversa, erano i trasferimenti dall’Umbria (0,2%), dal Lazio (0,3%), dalle Marche (1,3%). Nessuno dalle rimanenti regioni. E’ nei due decenni successivi all’Unità d’Italia che il primato dell’emigrazione passa progressivamente e inesorabilmente alle regioni meridionali quando in Sicilia si registra un salto migratorio del 12,8% e in Campania del 10,9%. E’ paradossale che il Nord dell’Italia che ha voluto l’Unità anche a costo di guerre costose e sanguinose, oggi che ha ormai poco da prendere vuole separarsi, non intendendo sostenere i costi che richiede un territorio ormai depauperato.
La “devoluzione” mediante il blocco dei trasferimenti finanziari dalle Regioni allo Stato e di nuovo alle Regioni, mira a liberare risorse per le aree settentrionali, mantenendo nel medesimo tempo unico il mercato dei consumi. Questo processo toglierà definitivamente alle regioni prive di infrastrutture, la possibilità di dotarsene: sarebbero necessarie ingenti capitali per la loro realizzazione, risorse di cui il sud non dispone. In futuro sarà sempre più difficile per le aree meridionali sviluppare una propria struttura produttiva e terziaria e per l’Italia sarà definitiva la perdita di una grande opportunità economica come quella che il sud ancora rappresenta.
La proposta di modifica costituzionale sulla devolution, non si prefigge l’obiettivo di migliorare l’organizzazione dello Stato, il che è auspicabile, ma di liberare la parte più “ricca” del territorio nazionale da impegni solidaristici nei confronti dell’altra, squarciando in tal modo il velo dell’idealismo patriottico ottocentesco che copriva l’interesse economico di alcuni e il desiderio di espansione del Regno sabaudo. Nell’azione di oggi rimane il solo calcolo economico, imitando negli aspetti più deteriori il modo di procedere dell’Europa nel costruire la propria unità.
Ridicola la contemporanea approvazione della norma che sancisce in modo definitivo essere il “Fratelli d’Italia” l’inno nazionale. Approvazione strumentale votata anche dalla Lega, il cui leader ha dichiarato di considerare carta igienica il tricolore. Oggi la Lega ha bisogno del voto del meridione per far passare il suo obiettivo e, demagogicamente, si scusa per avere usato per anni frasi che hanno diffuso e consolidato un’idea vergognosa del sud e della sua gente.
Con l’attuazione della legge di modifica costituzionale ci saranno tante sanità e tanti programmi scolastici quante sono le regioni d’Italia. Grazie al federalismo fiscale, ognuna attingerà le proprie entrate dalla propria struttura produttiva ed economica oltre che dalla ricchezza disponibile dei propri cittadini. Ma la maggiore ricchezza si è via via concentrata nella così detta “padania” (le aziende di produzione sono per la massima parte concentrate al nord), ben si comprende allora come potrà ridursi la capacità di spesa delle regioni meridionali, che prive di risorse economiche proprie, vedranno la loro sanità e la loro scuola peggiorare ulteriormente e inesorabilmente.
Chi dalle regioni meridionali vorrà assistenza medica di livello superiore dovrà, più di quanto non faccia ora, recarsi dove saranno disponibili i medici più capaci, meridionali e non, che sceglieranno di operare in una realtà in grado di soddisfarli economicamente e professionalmente. I pazienti pagheranno direttamente le prestazioni richieste o, nella migliore delle ipotesi, pagherà la Regione di provenienza, reiterando il travaso di risorse che ormai da oltre un secolo e mezzo, per rivoli diversi, dal sud prende la via del Nord dell’Italia.
Il progetto della Lega mira all’approvazione di leggi in grado di modificare radicalmente l’assetto istituzionale nazionale, agendo sulla giustizia amministrativa, sulla limitazione dei poteri sostitutivi dello Stato, sull'estensione dell'immunità ai consiglieri regionali e sulla possibilità per le Regioni di tessere rapporti diretti con i paesi della Comunità Europea e con lo stesso Organismo comunitario. Ma anche qui, l’unica area che confina con i ricchi paesi europei è la parte settentrionale della penisola, il resto d’Italia ha confini non semplici con paesi esteri per i quali i rapporti rimangono di esclusiva competenza dello Stato. Così il territorio “padano” geograficamente confinante con l’Europa, potrà dialogare più facilmente con essa curando meglio i propri affari e superando i mugugni leghisti per un sud “privilegiato” dai finanziamenti europei.
Potrebbe prospettarsi un periodo delicatissimo per l’Italia che si concentrerebbe inizialmente sugli aspetti economici, ma al termine di questo processo, se definitivamente approvato, potrebbe riguardare gli aspetti socio-politici, attenuabili in un primo momento (come ormai accade regolarmente dall’Unità d’Italia) con la ripresa massiccia del processo migratorio. Ma in un secondo momento il sud potrebbe essere tentato di utilizzare le leve di cui dispone, tra queste i gasdotti e il petrolio, imponendo alle Aziende che operano al sud di pagare le tasse dove operano anziché, come avviene oggi, in “padania” dove hanno solo la sede amministrativa. Si potrebbero riprodurre in tal modo i medesimi meccanismi del conflitto in atto tra Russia e Ucraina.
Ma allora che fare, visto che è reale la necessità di trasformare una parte i fondi trasferiti in investimenti produttivi. Occorre rivitalizzare in modo serio i vecchi “Poli di Sviluppo”, dotare il sud di infrastrutture delle quali è quasi totalmente privo; rendere efficace, con provvedimenti specifici di riforma, l’azione di una macchina amministrativa sprecona e inefficiente (per la verità non soltanto al sud); differenziare la pressione fiscale visto che un sistema fiscale unico provoca effetti negativi maggiori dove minore è lo sviluppo economico; realizzare un sistema bancario rivolto ai bisogni produttivi locali (anche un Ministro della vecchia maggioranza che ha approvato la proposta di modifica costituzionale riconosce che “non vi sono nella storia esperienze di sviluppo prive del sostegno di una rete bancaria e finanziaria efficiente e con prevalente vocazione locale; evitare perciò che il Sud si trasformi in bacino di raccolta più che di impieghi bancari e finanziari”). In definitiva lo Stato sia presente nelle regioni del sud anche per risolvere i problemi economici e sociali dei cittadini oltre che per la necessaria azione di repressione di quel crimine che proprio dal perdurare delle difficoltà economiche trova continuo alimento.
Prima della “devolution” si realizzi tutto questo, ma a quel punto crediamo che gli stessi fautori di questa “nobile idea” cambierebbero opinione.


Autore : Francesco Salinitro

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