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Corriere di Gela | I Dico e il celibato
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notizia del 26/02/2007 messa in rete alle 18:39:02
I Dico e il celibato

Già la settimana scorsa dalle pagine dello stesso Corriere di Gela avevo manifestato il mio aperto dissenso dall’intervento del papa, del Card. Ruini e dell’intera Cei che avevo definito una indebita e inaccettabile ingerenza sui legittimi atti del Parlamento italiano. Una vera crociata come quella che i vescovi spagnoli avevano condotto contro i Pacs di Spagna. Leggo adesso l’interessante articolo di Marco Trainito sullo stesso argomento che condivido in pieno. Ineccepibili le sue argomentazioni anche filosofiche nelle quali è preparatissimo. Noto però che il suo linguaggio molto vero ma un po’ duro potrebbe dare l’impressione che nelle gerarchie vaticane ci sia una buona dose di malafede. No, non c’è malafede, ma solo fedeltà ai principi della morale cattolica falsamente ritenuti intangibili e immutabili. Riconosco e ammiro la preparazione e la competenza del caro Trainito, ma su questo terreno sono più competente io che sono stato “dentro”.
Ricordo bene che quando leggevo nel Breviario Romano la vita dei santi, i più acerrimi nemici degli eretici (tutti santi! S. Roberto Bellarmino “martello degli eretici”, S. Giovanni da Capistrano, S. Pio V) vengono lodati per la loro “fedeltà” ai principi della Santa Madre Chiesa. Erano quasi invasati da sacro furore. Questa è la tradizione che comincia addirittura con la Bibbia. Elia non è forse elogiato dal sacro testo per avere “sgozzato” 450 sacerdoti del falso dio Baal? Pio IX non è stato elevato agli onori degli altari da papa Wojtyla per aver negato la libertà di coscienza, di religione e di stampa? Erano convinti di difendere la santa causa di Dio. Invece quella era la causa del diavolo. Una serie interminabile di crociate e di guerre sante contro gli eretici, contro gli ebrei e contro la libertà di coscienza. Nel constatare tanti misfatti compiuti in nome di Dio, mi viene da pensare che le varie religioni siano state più un male anziché un bene per l’umanità. Ho letto anche lo scritto di Paolo Cafà che stimo moltissimo. Sacrosanto quanto egli afferma, ma non mi convince solo la conclusione dell’articolo: “Sarebbe giusto che si evitasse l’ingerenza confessionale e religiosa nelle questioni temporali così come lo Stato deve evitare qualsiasi interferenza nelle questioni spirituali, senza critica alcuna per esempio contro il dogma del celibato”. Io non posso pretendere né pretendo una particolare competenza di Cafà nella terminologia ecclesiastica che fa una netta distinzione tra dogmi e leggi ecclesiastiche. Su quest’ultime è lecito discutere, mentre è assolutamente proibito contestare i dogmi.
Il celibato non appartiene certamente ai dogmi: è solo una legge ecclesiastica e una delle peggiori. Certamente non è compito dello Stato di ingerirsi nelle faccende interne della Chiesa, ma noi fedeli abbiamo il diritto, anzi il dovere di contestare non solo le prassi (e questo la Chiesa lo ammette) ma anche i dogmi (e questo la Chiesa non lo consente). Giovanni Paolo II in una sua enciclica affermò solennemente che non ci può essere contrasto tra la fede e la ragione. Ebbene alcuni dogmi (peccato originale, divina ispirazione di tutta la Bibbia) sono in aperto contrasto con la ragione. E allora? E’ peccato contestarli? Non mi pare. Ma andiamo alla prassi del celibato. Una prassi orribile, anacronistica, innaturale, fonte inesauribile di trasgressioni e di scandali. Nelle confessione il meno che poteva succedere era il sentirti dire: “Ho avuto pensieri e desideri cattivi”, quando non ti dicevano di avere rapporti continuati con la perpetua anche se questa superava i quarant’anni della legge canonica. Il celibato ha origini e motivazioni miseramente umane ed economiche.
L’eredità per i figli dei preti sposati comprometteva il ricco patrimonio ecclesiastico che rischiava di assottigliarsi. Quella legge è stata resa obbligatoria con la violenza per la sola chiesa di rito romano dal più potente dei papi della storia, Innocenzo III. I preti che violavano questo precetto erano condannati a morte. E’ rimasto nella storia il caso di Brochard il quale in un primo tempo volle ubbidire, abbandonò moglie e figli e si recò come crociato in Terra Santa.
Al suo ritorno trovò al porto di Siviglia la moglie e i figli piangenti. Giurò che non li avrebbe più abbandonati. Il papa ordinò che fosse decapitato e la sua testa per un mese intero fece il giro di tutte le chiese delle Fiandre. IL macabro spettacolo doveva servire come monito ai preti recalcitranti, che non erano pochi. Il celibato risulta più assurdo quando si pensa che tutte le chiese orientali cattoliche hanno conservato il diritto di sposarsi.
Ma, incredibile fictio iuris, possono sposarsi solo tre mesi prima dell’ordinanza sacerdotale. Se qualcuno desidera sincerarsi su questo fatto basta che vada a Piana degli Albanesi, a Contessa Entellina o a Palazzo Adriano e vi troverà preti cattolici sposati che hanno la fortuna di parlare in greco albanese e non in latino.
I seminaristi albanesi tengono preparata la fidanzatina e certamente ogni tanto vanno a farle visita. Sarei curioso di sapere se durante queste innocenti visite essi si limitano a strofinarsi il naso… IL Patriarca orientale Maximos IV al Concilio Vaticano voleva intervenire per manifestare il suo aperto dissenso contro gli elogi sperticati a favore del celibato che offendevano una diversa prassi nella chiesa orientale. Non gli fu permesso. Rimane il suo scritto che, credo, resti ben conservato in quel palazzone di Via della Conciliazione dove ha sede la Congregazione delle Chiese Orientali. A scanso di equivoci io dichiaro che non sono interessato al problema: non mi interessa rientrare nei ranghi privilegiati del clero in una chiesa mille volte lontana da quella primitiva istituita da Gesù Cristo. Ma ci pensate cosa succederebbe nella mia prima predica se la coscienza mi imporrebbe di dire: “Cari fedeli, il racconto del peccato originale è una favola che offende la sapienza e la santità di Dio il quale voleva l’uomo felice e lo mise in paradiso terrestre ma poi si è fatto vanificare i suoi divini disegni dal cornuto demonio.
E’ assurdo che Dio possa aver chiesto ad Abramo di uccidere il figlio. Ancora più assurdo che egli possa aver ispirato l’Esodo dove viene legittimata la schiavitù. Tutte le religioni che hanno accettato la schiavitù sono false… Nella Bibbia ci sono mille altri passi inaccettabili dal comune buonsenso”. A queste esternazioni la gerarchia reagirebbe cacciandomi via immediatamente. Tanto vale restarmene pago nella mia dignitosa povertà, ma felice delle mie idee, convinto che è Dio stesso ad ispirarmele. Ed è a lui, giusto Giudice, che mi appresto a renderne conto.


Autore : Antonio Corsello

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