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Corriere di Gela | La sacra bottega
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notizia del 23/05/2005 messa in rete alle 17:57:46
La sacra bottega

Usufruendo della facoltà concessami dai decreti dello stesso Concilio Vaticano II, mi piace permettermi di muovere le mie critiche a certi usi e consuetudini della chiesa locale. Non tutti si possono permettere questo lusso, io si, perché sono indipendente da qualsiasi pastoia clericale né posso temere sanzioni da chicchessia. Qualcuno penserà che io sia mosso da malanimo e mi affibbierà la qualifica di bastian contrario. Pazienza!
Ognuno di noi deve seguire la propria coscienza. D’altra parte lo stesso San Paolo si oppose energicamente a S. Pietro, quando, per paura dei Giudei, si sottoponeva all’osservanza della legge mosaica.
Nel mio primo libro ho parlato diffusamente di clero e povertà e dicevo: “Abbiamo un clero con eccessive preoccupazioni economiche, che usufruisce di troppi privilegi controproducenti, che troppo spesso é legato al denaro e che appunto per questo appare agli occhi del popolo come un mestierante qualsiasi… Scuola, congrua, messe e binazioni, cappellanie a ospedali, cimiteri, convitti, assistenze, predicazioni, funerali, matrimoni, battesimi, feste, elemosine; non credo che ci si possa lamentare… Che dire poi dei funerali? Una varietà di gusti e di … tariffe da far perdere la testa e questo anche dopo le tanto decantate disposizioni delle classe unica.
Funerali in nigris, funerali in cotta, funerali in mozzetta, funerali in cappa magna, funerali con uno, due e tre pedaggi: ad ogni variazione corrisponde una differente tariffa! C’era perfino una sopratassa se il corteo passava per il Corso”.
Adesso é cambiato forse qualcosa? Pare di si. Nella mia parrocchia di Sant’Antonio ogni principio d’anno viene distribuito a tutti il bilancio, fedele consuntivo delle Entrate e delle Uscite dell’anno precedente. Alcune gestioni sono addirittura affidate ai laici. Non c’é che dire: é un gran passo in avanti.
Ma a turbare il mio ottimismo ecco un amico che mi dice che il parroco della Chiesa Madre ha preteso cento euro in anticipo per un matrimonio che si dovrà celebrare fra quattro o cinque mesi. Altri cinquanta euro dovranno essere versati pochi giorni prima della celebrazione del matrimonio. Fiscalismo di pura marca. Sarei curioso di sapere quale fine faranno quei cento euro nel caso malaugurato che quel matrimonio non si potesse celebrare se nel frattempo i fidanzati rompessero la loro relazione o succedesse una disgrazia. Eppure in un decreto del Concilio Vaticano II si dice espressamente: “I Pastori si adoperino instancabilmente con prudenza e carità affinché nelle azioni liturgiche e specialmente nella celebrazione della Messa e nella amministrazione dei Sacramenti e dei Sacramentali apparisca anche esternamente l’uguaglianza dei fedeli e inoltre sia evitata anche ogni apparenza di lucro”. Nella richiesta anticipata di cento euro c’é o non c’é apparenza di lucro? Nella richiesta di offerte in occasione di amministrazione di sacramenti il clero spesso ricorre ad un sotterfugio che é una sfacciata ipocrisia. Alla richiesta del fedele di sapere quanto deve per la “prestazione”, il parroco gentilmente risponde: “solo un’offerta libera”. Ma un amico mi dice che dopo aver ricevuto quella risposta dal parroco, presentò l’offerta di centomila lire. “No, rispose il parroco, é troppo poco. L’offerta minima é di duecentomila lire”. Offerta libera!
Il clero adesso gode di un sostanzioso contributo che gli viene erogato dagli introiti dell’otto per mille. Sarei curioso di sapere a quanto ammonta questo contributo.
Eppure quell’otto per mille contrasta apertamente con quanto dichiara il Concilio Vaticano II nella “Gaudium et spes”. “ La Chiesa non pone la sua speranza nei privilegi ad essa offerti dall’autorità civile. Anzi essa rinunzierà all’esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti ove constatasse che il loro uso potesse far dubitare della sincerità della sua testimonianza”. Ma subito dopo queste lodevoli intenzioni accettò con entusiasmo il regalo che il generoso Craxi volle concederle con l’otto per mille. Oltre questo grosso regalo, il clero gode di non pochi altri guadagni, per esempio l’elemosina per le Messe che al tempo mio si potevano celebrare per un solo defunto. Ora la messa si celebra anche per dieci, venti defunti per ciascuno dei quali si offrono cinque e più euro. Sarei curioso di sapere se i sacerdoti presentano anche loro la dichiarazione dei redditi e se in essa vi é traccia dell’elemosina delle Messe per le quali non viene rilasciata nessuna ricevuta.
Mi guarderei bene dal dire che tutti i preti sono ricchi e avari. Sotto il pontificato di Paolo VI due cardinali morirono lasciando un’eredità di miliardi e facendo indignare il papa. In genere i preti sono solo benestanti e c’é chi fra loro fa buon uso del denaro. Mi consta personalmente che mons. Federico, col quale i miei rapporti non furono molti cordiali, diede un prestito ad una donna di trecentomila lire, che allora era una somma ragguardevole, e quando vide che la donna non riusciva a restituirgliele, le disse di non preoccuparsi e che poteva fare a meno di restituirgli la somma avuta in prestito. Il parroco di Delia, un sant’uomo che celebrò il matrimonio di mio figlio si mostrò gentilissimo e non pretendeva nessuna offerta che mio figlio invece volle dargli generosamente. Mons. Federico pretendeva da me che facessi il cappellano all’ospedale con l’obbligo però di lasciare lo stipendio a Padre Cardillo al quale, povero non era, dovevo anche lasciare la colazione che le suore preparavano dopo la Messa. Naturalmente rifiutai. Lo stesso Mons. Federico avrebbe voluto che io facessi la scuola gratuita nelle scuole elementari. Risposi che quella scuola dovevano farla i preti che facevano la scuola pagata.
In città ero l’unico licenziato in Sacra Teologia ed avrei dovuto essere il primo a dare lezione nella scuola pubblica, ma non fu possibile perché la scuola doveva essere appannaggio del ricco clero secolare, anche se di modesta cultura. Quando chiesi di fare un pò di scuola per devolvere lo stipendio alle Acli che ne avevano bisogno, mi fu negata senza troppi preamboli.
Il vescovo ha promesso la sua solidarietà ai disoccupati. Poiché io ho dichiarato che tutti coloro che guadagnano tremila euro al mese devono dare cinquanta, cento euro al mese per i disoccupati, non sarebbe bene che a dare l’esempio fossero proprio i preti benestanti destinando cinquanta, cento euro al mese per i disoccupati?


Autore : Antonio Corsello

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