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Corriere di Gela | La virtù dell’esempio
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notizia del 29/01/2007 messa in rete alle 17:54:50
La virtù dell’esempio

Il perdurare di un certo costume induce a rivelare un pensiero, invero audace e anticonformista, su un argomento di etica umana e sociale, anche se non sarà reso pubblico. Ogni volta che si spende denaro (a prescindere dalla ingrata realtà della nuova moneta europea che, insensatamente applicata senza controllo alcuno e perciò aggredita dalla furbizia italica, ha ridotto a metà il potere d’acquisto) viene spontaneo riconsiderare i valori del risparmio e della parsimonia che un tempo usava il “pater familias” nel somministrare in maniera equanime le proprie risorse. Se è vero, come è vero, che l’esempio viene dall’alto, ci si domanda: lo stato e gli enti pubblici in genere osservano tali principi basilari dell’economia? La risposta è no, perché risulta assai evidente lo spreco di denaro che avviene nei vari settori delle pubbliche amministrazioni. E si pensa: in un’Italia in cui molte cose lasciano a desiderare (strutture stradali, trasporti, scuole, ospedali, ecc.) dove la salute dei cittadini non è ugualmente tutelata per via del noto divario tra nord e sud con i viaggi della speranza; dove persiste ancora tanta povertà a volte negletta, con trattamenti pensionistici di 500 euro al mese; in questa Italia, già frazionata in regioni alquanto dispendiose, costellata di commissioni, comitati, consulenze e incarichi vari, dove una legge finanziaria ha dovuto tirare di qua per aggiungere di là; in una tale situazione come si possono tollerare le grandi sperequazioni retributive, le laute indennità ai parlamentari e rappresentanti di tutte le istituzioni, gli stipendi e le pensioni d’oro ai superburocrati, da ultimo il compenso di 500.000 euro per due anni = 2 miliardi di vecchie lire offerto ad un giornalista (certamente valoroso) come Enzo Biagi, il mantenimento di sovrastrutture inutili e via dicendo? E tutto questo nel totale sovvertimento del senso di proporzionalità e con distacco dalle precarie condizioni di vita della povera gente.
Quale avvicinamento si vuole tra la politica del potere e il popolo, se i parlamentari per primi non sentono il bisogno impellente di porgere una mano vicina ai ceti poveri e deboli con l’esempio volontario e generoso della rinunzia ad una parte (non irrisoria) dei loro emolumenti?
Non rimorde la propria coscienza quando ciascuno riceve somme così esorbitanti che superano di gran lunga i 500 euro o le minime integrazioni che di tanto in tanto vengono erogate ai lavoratori dipendenti (ivi comprese le forze dell’Ordine), a cui per giunta si impone di pagare aumenti di tasse? Oh, quale grave offesa alla dignità dell’Uomo! E i parlamentari di sinistra, che in passato hanno avuto il merito di aprire gli occhi alle classi disagiate e che tuttora si vantano di rappresentare, cosa fanno di diverso dagli altri se non avvertono – loro più degli altri – la necessità di quell’esempio? Nulla più dell’esempio rasserena gli animi, respinge la cieca avidità dell’egoismo, suscita sentimenti di solidarietà e di fiducia, senso del dovere, accettazione del sacrificio.
In mancanza di questo esempio, educativo e innovatore del rapporto tra la politica del potere e il popolo, non ci può essere vera democrazia intesa come servizio di civiltà umana. Pensiamo che le democrazie, fin quando non danno testimonianza di concordia e di pianificazione tra eletti ed elettori, somigliano ai regimi totalitari in cui da una parte stanno i governanti epuloni e dall’altra i sudditi.


Autore : Angelo Vitale

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