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notizia del 06/10/2012 messa in rete alle 17:43:32
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Verso i cinquant’anni del Vaticano II
Quando si parla degli Anni ‘60 viene spontaneo pensare al boom economico, al benessere ritrovato, alle nuove mode, ai mille fermenti che attraversarono il mondo dell’arte e dello spettacolo, dal cinema alla musica, al teatro. E poi anche delle lotte studentesche e della “rivoluzione” del ’68 che sembrava destinata a mutamenti sociali epocali. Ma sfugge, a volte, in questa panoramica di avvenimenti, forse l’unica vera autentica grande rivoluzione degli ultimi cinquant’anni; una rivoluzione pacifica che ha riguardato la Chiesa universale e quindi anche il mondo, se è vero che la Chiesa è diffusa su tutti i continenti della terra.
Questa rivoluzione fu il Concilio Vaticano II, e a compiere quella straordinaria impresa fu un papa anziano, considerato di transizione, che si chiamava Angelo Roncalli, salito sul Soglio di Pietro col nome di Giovanni XXIII il 28 ottobre 1958. Il merito del papa buono fu quello di seguire il “soffio dello Spirito” (non a caso il Concilio venne visto come una nuova Pentecoste) e di intuire che i tempi erano maturi per dare alla Chiesa, nel solco della tradizione dei Padri, una fisionomia nuova; più fresca, più legata ai tempi e più vicina alla gente. A parte il Vaticano I indetto da papa Pio IX nel 1869 ma sospeso nel 1870 (fu quello l’anno della Breccia di Porta Pia), l’ultimo Concilio era stato quello di Trento, indetto nel 1545 da Paolo III e conclusosi nel 1565 con papa Pio IV; quel sinodo fu importante per la condanna del protestantesimo, del calvinismo, e di tutti gli altri movimenti scismatici.
Importante per l’attuazione della Controriforma, importante per la Dottrina sulla Sacra Scrittura, per il sacrificio della messa e per il culto delle immagini e dei santi. Ma dal Concilio “tridentino”, comunque erano trascorsi quattro lunghi secoli, e quindi Giovanni XXIII pensava giusto che si dovesse celebrare un nuovo Concilio ecumenico, il ventunesimo della storia della Chiesa cattolica. E che il nuovo Concilio fosse veramente ecumenico lo si comprese subito anche dalla massiccia presenza di vescovi, cardinali e patriarchi cattolici provenienti da tutto il mondo, 2.500 in tutto.
Una curiosità, all’apertura del Concilio, avvenuto l’11 ottobre del 1962, il vescovo più anziano presente era mons. Alfonso Carinci, arcivescovo di Seleucia di Isauria, che, essendo nato a Roma il 9 novembre 1862, aveva 100 anni e sarebbe morto il 6 novembre del 1963. Importante il fatto che al Concilio poterono partecipare in qualità di osservatori anche esponenti delle comunità cristiane ortodosse e protestanti. Il Concilio Vaticano II venne annunciato il 25 gennaio del 1959, a soli tre mesi dall’elezione di Roncalli, e il 25 dicembre 1961 il papa firmò la costituzione apostolica Humanae Salutis attraverso la quale indiceva ufficialmente il Sinodo. Infine, il 2 febbraio del 1962 Giovanni XXIII promulgava il motu proprio Consilium stabilendone per il giorno 11 ottobre l’apertura, che si tenne solennemente all’interno della Basilica di San Pietro.
Fu in quell’occasione che il pontefice pronunciò il famoso discorso Gaudet Mater Ecclesia (Gioisce la Madre Chiesa) dove palesò le profonde motivazioni che lo avevano condotto a volere il Concilio. Alla morte di papa Giovanni, avvenuta il 3 giugno 1963, per un attimo si pensò alla sospensione del sinodo. Soprattutto i vescovi conservatori che non vedevano di buon grado la riforma della Chiesa, con in testa mons. Lefebre, sperarono in questo.
Ma Giovanni Battista Montini, Arcivescovo di Milano, eletto papa il 21 giugno 1963 con il nome di Paolo VI, nel suo primo radiomessaggio del 23 giugno disse che l’opera principale e preminente del suo pontificato sarebbe stata la continuazione dei lavori sinodali. Il Concilio Vaticano II, dopo quattro sessioni di lavoro, si concluse il 7 dicembre 1965, e produsse 16 documenti conciliari ( quattro costituzioni, nove decreti e tre dichiarazioni).
Papa Montini durante il suo solenne discorso di chiusura disse che il sinodo aveva condotto la Chiesa verso la direzione antropocentrica della cultura moderna, senza che ciò venisse disgiunto dall’interesse religioso più autentico. Successivamente il sommo pontefice, al fine di rendere noto a tutti i risultati di quattro anni di alacre lavoro, indirizzò otto messaggi al mondo: ai padri conciliari, ai governanti, agli intellettuali, agli artisti, alle donne, ai lavoratori, ai poveri e gli ammalati, ai giovani.
Tra tutti i documenti conciliari, il più importante fu la costituzione dogmatica Lumen Gentium sulla Chiesa e la sua organizzazione, che Paolo VI definì la magna charta del Vaticano II. Nel documento veniva esposta e approfondita la dottrina sulla Chiesa già abbozzata nella costituzione Pastor Aeternus del Concilio Vaticano I, con l’approfondimento di alcune importanti e fondamentali riforme, tra le quali la rinnovata importanza attribuita ai laici e a tutto il popolo di Dio, all’interno della vita della Chiesa.
Venne inoltre approfondito il ruolo e la natura dell'episcopato nel suo stretto e vitale rapporto con il papato, per cui la comunione fra il Vescovo di Roma, successore di Pietro, e i vescovi, successori degli apostoli, di fronte alle nuove sfide del mondo, si è negli anni post-concilio ulteriormente rafforzata attraverso una sempre più efficace collegialità. C’è stata poi una grande continuità di intenti nel riaffermare la validità delle riforme da parte dei pontefici che si sono succeduti alla morte di papa Montini, da Giovanni Paolo I a Giovanni Paolo II, sino a Benedetto XVI.
Oggi è passato mezzo secolo dall’avvio del Concilio Vaticano II. Cinquant’anni sono trascorsi da quei fatti, da quelle suggestioni, da quegli entusiasmi, e ogni giorno ne godiamo i benefici nelle importanti riforme che i padri sinodali ci hanno lasciato, come ad esempio l’importante riforma della liturgia (costituzione Sacrosanctum Concilium) che ebbe come principio fondamentale la partecipazione attiva dei fedeli alla Santa Messa, e quindi la traduzione della Bibbia in tutte le lingue (l’edizione italiana è del 1968); la Bibbia inoltre venne ricollocata al centro della vita della Chiesa (costituzione Dei Verbum).
Ed ancora con la costituzione Gaudium et Spes i padri conciliari posero l'attenzione della Chiesa sulla necessità di aprire un proficuo confronto con la cultura e con il mondo, così come il sinodo proclamò la libertà religiosa (Dignitas Humanae) e la Chiesa riconobbe anche che nelle religioni non cristiane potessero sussistere “semi di verità”, così come da allora ha lavorato per l’unità delle confessioni cristiane.
Questa la grande rivoluzione del Concilio Vaticano II, che però – come ammise anche Paolo VI – non rimane del tutto compiuta, né tutti gli obiettivi sono stati raggiunti. Anzi, la Chiesa negli ultimi decenni ha perduto buona parte della sua influenza nel mondo e abbiamo assistito ad un’emorragia delle vocazioni religiose. Ma questo è il pedaggio che bisognava pagare al selvaggio secolarismo che ha aggredito la società contemporanea. C’è da chiedersi però se la Chiesa pre-conciliare senza le riforme del Vaticano II oggi esisterebbe ancora. Probabilmente no. Da qui la grande importanza del Concilio, che ha saputo traghettare la Chiesa “dentro” il mondo, accettarne le sfide senza più paure, ma con una cosciente e responsabile visione dei problemi reali che vive oggi il nostro pianeta, e nella consapevolezza che solo con la pace, la tolleranza, e l’amore di Cristo potrà ancora esserci un futuro per l’umanità.
Autore : Gianni Virgadaula
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