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notizia del 26/03/2007 messa in rete alle 17:23:16
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Cena di San Giuseppe tradizione molto discutibile
Si sa: quando uno si pone contro una tradizione inveterata e generalizzata, è difficile raccogliere consensi. Pur coscienti di questo pericolo, non rinunzio, come ho fatto per il passato, a dire la mia sulle famose cene di S. Giuseppe. Con tutto il rispetto per il nostro sindaco che con enfasi ha sponsorizzato la cena di S. Giuseppe e con altrettanto rispetto per il pur bravo P. Luigi Lo Monaco, io continuo ad essere contrario alla “bella” tradizione delle cene che bella non é. E’ folkore è solo folkore, con alla radice grossissimi difetti, in aperto contrasto con lo spirito del vangelo e, secondo me, in contrasto anche con i tempi moderni in cui viviamo.
Il primo rimprovero che rivolgo alla Chiesa ed agli uomini di chiesa è che essi hanno clamorosamente trasgredito la parola di Dio che in Deut.15,4 dice esplicitamente: “Del resto non ci sarà presso di te alcun povero”. Si badi bene che si tratta di un imperativo futuro e cioè “non ci deve essere presso di te alcun povero”. Una precedente edizione paolina della Bibbia, traduceva questo passo in questo modo: “Non ci dovrebbe essere presso di te alcun povero”. Il che vuol dire “Non ci dovrebbero essere poveri presso di te, ma purtroppo ci sono e non per colpa nostra”. No, no: in questo modo si tradisce quella che è veramente parola di Dio. Nei primi tempi della Chiesa questo dettame era osservato fedelmente e ne fanno testimonianza gli Atti degli Apostoli che affermano che i primi cristiani mettevano in comune i loro beni e si distribuiva ad ognuno secondo il suo bisogno.
Dopo Costantino la Chiesa è diventata ricca ed amica dei ricchi. I papi erano tutti i figli di principi e di marchesi. Altrettanto dicasi dei cardinali e vescovi: rarissimi le eccezioni. Cosa hanno dato ai poveri tutti quei principi della Chiesa lungo il corso dei secoli? Nulla.
In compenso hanno costruito a Roma e attorno ad essa magnifiche ville e palazzi principeschi, alleandosi con i ricchi e potenti del mondo e lasciando i poveri nei tuguri e nella più squallida miseria. Pio IX addirittura invitava i giovani a “sopportare di buon grado la inferiorità della loro condizione senza avere invidia ad alcuno”. Il barbuto pensatore che ha definito questi principi oppio dei popoli, pare che non avesse tutti i torti.
In questo campo qualche critica la merita pure il nostro sindaco. Anche lui è una certa emanazione di tutti quei governi che nei quasi sessant’anni da quando è stata emanata la Costituzione, hanno trasgredito un principio fondamentale di essa che recita: “La repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro”. I disoccupati che si contano a milioni dimostrano chiaramente che la Costituzione è carta straccia e che tutti coloro che hanno finora governato l’Italia meriterebbero di essere inquisiti per omissioni di atti d’ufficio. Ci si scandalizza della mafia, delle rapine e delle estorsioni da parte di tanti giovani ma ci si dimentica che il più grande responsabile di questi misfatti è proprio lo Stato che non sa fare giustizia. Nella nostra sfortunata città quanti giovani si sarebbero dati alla criminalità se avessero avuto quel lavoro che spetta a loro per diritto costituzionale? In compenso si distribuiscono stipendi favolosi ai deputati, senatori, pubblici amministratori e adesso che si tenta di porre un freno a tanto spreco di denaro pubblico, si stabilisce un tetto limite da 750.000 euro all’anno. Ed a questi poveracci che hanno favolosi stipendi si concede perfino che possano aver diritto alla scala mobile.
Torniamo adesso alla bella tradizione delle cene di San Giuseppe “che si rinnova” col patrocinio del Comune. Quella funzione che si fa in chiesa è un carnevale in piena quaresima e, peggio, è una pubblica berlina della povertà, in dispregio della parola di Dio, quella vera, che in Mt. 6,2 dice espressamente: “Quando tu fai l’elemosina, non metterti a suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per averne gloria presso gli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Ma mentre fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra quello che fa la tua destra, in modo che la tua elemosina rimanga nel segreto e il Padre tuo che vede nel segreto te ne darà la ricompensa”. Tutto il contrario di quanto avviene nelle cene. Ci sono degli autentici poveri che vivono nella loro dignitosa povertà e avrebbero veramente bisogno di aiuto, ma non accettano di essere sottoposti a questa pubblica umiliazione. Non so se ancora i cosiddetti patriarchi vengono conciati con quelle vesti da pagliacci, ma ricordo bene che spesso volte veniva da me gente povera che avrebbe voluto vestire un abito normale e pulito. Niente da fare. La dura tradizione non lo consentiva e doveva essere rispettata. Chi accettava e accetta tuttora questa umiliazione? Non i veri poveri, ma solo quelli che della povertà ne fanno un mestiere.
Non so se ancora c’è l’obbligo per i patriarchi di esibire il certificato della confessione. Il giorno prima della festa era dedicato alle confessioni: un vero supplizio. Stretto tra due fuochi: da una parte gli ordini della gerarchia che imponeva di accertarsi se il penitente conosceva la dottrina cristiana e dall’altra soggetti costituzionalmente incapaci e assolutamente digiuni anche dei minimi elementi di fede. Che fare? Distribuivo certificati fasulli affidandone il giudizio a Dio più che alle sacre gerarchie. Il famoso Nino Mpopa ad una mia domanda mi rispose Che Gesù Cristo era “ammucciatu”. Gli diedi ugualmente l’assoluzione, ma lui, vistosi trattato bene, venne poco dopo a chiedermi un secondo certificato da dare a qualcuno che non riusciva ad ottenerlo o che non aveva il coraggio di chiederlo. Benignamente gli feci capire che non potevo accontentarlo.
Io non nego affatto che nell’allestire le cene ci sia dell’arte e del gusto da ammirare. Non accetto la superstizione della “palummedda” che rappresenta la venuta dello Spirito Santo e specialmente rifiuto la spettacolarizzazione dell’elemosina ai poveri. E’ contro lo spirito del Vangelo.
Autore : Antonio Corsello
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I Vostri commenti
senza offenderecarissimo antonio in merito ha ciò che hai scritto riguardo alle cena di san giuseppe son daccordo con tè di certe cose. perchè la spiritualità e al di là di un piatto di minestra. sia per i commensali che per chi organizza la festa. pero prima di giudicare (sciaccuiti a vucca).perche se parli di ninu impopa per offendelo nella sua ingeniutà e nella sua umiltà allora unnàcaputu il vero senso, di ciò che un uomo. io non ti parlo come se ninu fussi un santu. ho che crocetta sia il nuovo robinud. ho che ti sbagli di ciò che hai scritto, ma ci sono modi e modi di dire le cose.
Autore: massimo selvaggio
data: 27/03/2007
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