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notizia del 11/09/2011 messa in rete alle 14:02:00
Dir “ti voglio bene” anche con uno schiaffo
Chi è il padre migliore, colui che dispensa ceffoni a destra e a manca ai propri figli, o chi invece è per un’educazione basata sul dialogo e la persuasione. A tale proposito si sprecano i saggi e i trattati scritti da psicologi, sociologi ed eccellenti pedagoghi per insegnare alle mamma e i papà a diventare dei buoni genitori. Poi però dalla teoria e il fare c’è di mezzo il mare, perché è proprio difficile codificare delle regole e poi applicarle.
Il principio di una buona educazione certo dovrebbe basarsi sulla comprensione e il dialogo con i minori, ma sono tanti i casi in cui i genitori si trovano di fronte a ragazzi e ragazze “incorregibili”, e se un tempo i “cattivi ragazzi” si mandavano in collegio dalle suore per imparare loro l’educazione e il bon-ton, adesso questa pratica è caduta in disuso, e in realtà non esiste più un luogo preposto o privilegiato dove si possa dare con assoluta certezza una sana educazione ai propri figli.
Da questo punto di vista ha fallito anche la scuola e ha fallito drammaticamente la famiglia. Diciamo pure che i giovani di oggi sono quasi del tutto “ingovernabili”, fatte naturalmente le dovute eccezioni.
D’altronde anche i papà e le mamme non sono più attrezzati a gestire l’educazione dei figli perché il lavoro, gli impegni, ma anche un diffuso e malinteso atteggiamento “liberalista” nei confronti dei propri ragazzi non facilita le cose. Rimane dunque il quesito: qual è il modello educativo da adottare? Il permissivismo ad oltranza o il rigore? Naturalmente, come in tutte le cose, la via sta sempre nella via di mezzo, nel giusto equilibrio.
Quindi comprensione e pazienza per i propri ragazzi, ma all’occorrenza anche qualche scappellotto non fa male e non c’è da stracciarsi le vesti per questo. Su questo metro educativo era anche Giovanni Colasante, consigliere comunale a Canosa di Puglia, in provincia di Bari, che in Svezia ha dovuto scontare tre giorni di carcere ed ora è in attesa di giudizio per il sol fatto di avere dato uno schiaffo al proprio ragazzo. Una vicenda che ha dell’incredibile e che dovrebbe essere spunto di riflessione. In realtà, penso che un ceffone se dato quando proprio “ce vole” non faccia male a nessuno.
D’altronde, io ricordo quasi con nostalgia gli scappellotti di mio padre, che certo non fu un cattivo genitore, ma anzi fu uno splendido papà. In verità, l’amore dei propri figli non può essere “comprato” con sdolcinature e atteggiamenti di resa totale di fronte a tutti loro i capricci e le loro pretese; sono questi atteggiamenti che poi portano a malintesi e a conseguenze inimmaginabili. Come si fa ad esempio, per apparire “genitori moderni” a permettere ad una figlia quattordicenne di uscire la sera e ritornare alle cinque del mattino? Quante tragedie della notte si eviterebbero se la “ritirata” avvenisse in orari decenti, come avveniva un tempo.
E qui torno alla mia esperienza personale, quando da ragazzo, pur essendo un maschietto, dovevo rientrare nell’ora prestabilita. In verità, il rigore nella giusta misura è sempre stato alla base di una buona educazione, e non vedo atteggiamenti barbari in quei genitori che sanno farsi rispettare, inculcando ai propri figli principi come il senso di responsabilità e il rispetto per il prossimo, che sono poi alla base del vivere civile.
Da cosa deriva infatti la cattiva educazione? Proprio dallo scarso senso di responsabilità che porta i ragazzi a pensare che tutto è loro possibile, e poi alla mancanza di rispetto, inteso questo come “sentimento universale”: rispetto per i propri insegnanti, per gli amici, per la gente, e poi per gli animali, le piante, le cose. Insomma, rispetto per tutti. Invece, a volte ci accorgiamo che spesso non sono i genitori che picchiano i figli, ma il contrario.
E’ proprio della cronaca di qualche giorno fa la notizia che un ragazzo di Biancavilla ha schiaffeggiato violentemente la madre per futili motivi. Già, ma ai ragazzi tutto è concesso, anche ucciderli i genitori, se questi non ti danno il danaro per la droga o anche semplicemente per una festa con gli amici. Certo, questi sono casi limite. Ma quando accadono di questi fatti è sempre perché lì c’è stato un vuoto educativo e forse magari è mancato uno schiaffo dato all’età giusta e al momento giusto che avrebbe potuto cambiare le cose.
Il vero amore di un padre e una madre per un figlio non è quello di illuderlo, di fargli pensare che la vita sia tutta rose e fiori, piuttosto l’amore, il vero amore, è un difficile esercizio quotidiano che deve preparare i nostri ragazzi alle difficoltà per fortificarli, svezzarli, renderli veramenti liberi, per affrontare un mondo che non fa sconti e non ha il cuore tenero, e che ti schiaffeggia con violenza, lui sì, quotidianamente.
Autore : Gianni Virgadaula
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