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Corriere di Gela | L’identità perduta
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notizia del 18/10/2008 messa in rete alle 12:54:54
L’identità perduta

Non ho avuto il piacere di leggere il libro “Gela, l’identità perduta” dell’arch. Francesco Salinitro, né di conoscere l’esimo autore. Egli, in un suo recente intervento pubblicato su questo giornale in risposta alla signora Stella Solito, esprime il rammarico di non avere inserito in quel libro la storia del compianto dott. Filippo Solito. Penso che nel testo avrà citato i nomi di insigni personaggi che con assoluta dedizione e rigore seppero onorare e imprimere l’identità verace e l’orgoglio di appartenenza alla propria città, allora denominata Terranova di Sicilia. Assai remote erano le glorie dell’antica Gela ellenica, tuttavia quelle personalità terranovesi dell’800 e parte del 900, seppure lontani discendenti dei prodi geloi, non sfiguravano a fronte della grandiosità dell’ “ Immanis Gela”.
Tanti (forse pochi) di noi siamo i superstiti nati a Terranova e spesso mi chiedo se possiamo dirci degni continuatori delle virtù di questi Uomini leali, semplici e generosi di quel tempo, ma siamo consapevoli, per memoria diretta dei nostri genitori, delle loro qualità di saggezza, sapienza, onestà, parsimonia, lungimiranza, umiltà, comunanza di affetti e sopratutto amore per accrescere le invidiabili bellezze naturali di questa terra. Porteremo con noi il ricordo di contanti valori, con l’auspicio che di queste menti elette del passato Gela ne faccia un serto di coronamento affinché il passato sia riverbero di luce e si proietti nel presente per le nuove generazioni. A tal fine desidero esternare l’intendimento che si realizzi il Viale degli Uomini illustri, terranovesi e gelesi, all’interno della Villa comunale (verso l’amplimento-sperato ma sempre dimenticato dell’orto Pasqualello), come avviene in ogni Città che ama custodire la memoria. Di questi uomini grandi non può avere un posto d’onore l’eminente austera figura del dott. Solito. Non l’ho conosciuto personalmente, ma le rispettose esaltazioni che sentivo da mio padre sulla persona eccezionale del dott. Solito trovano conferma nelle dotte parole scritte in questo utilissimo settimanale del 27 settembre e il 4 ottobre scorsi dal nipote Salvatore Solito, farmacista-pittore, dall’on. Salvatore Aldisio nel suo elevato discorso pronunziato ai funerali dell’Estinto, nonché dall’arch. Salinitro. – Non starò quindi a ripetere le lodi e i meriti ampiamente evidenziati dai nominati estensori degli scritti sopra richiamati nei confronti del Medico insigne, anche per timore di sminuire un’elevatezza di pensiero e la passione del cuore con cui sono stati esposti. Mi limiterò soltanto a riportare alcuni riferimenti testuali di essi, alla cui lettura integrale desidero invitare, ove non l’avessero fatto, i nostri sensibili amministratori e tutti i cittadini devoti agli insegnamenti morali ed etici che i nostri grandi predecessori ci hanno lasciato. Mi commuove l’espressione dell’arch. Salinitro che evoca la “Pietà di Michelangelo” per percepire la grandezza d’animo di un “Medico dell’Umanità” di Filippo Solito e che di lui – cristianamente – dice “Ciò che bene per gli altri è bene per noi”.
E il nipote farmacista e pittore che più direttamente riferisce “per la povera gente diede nuovo impulso all’ospedale civile… comprando spesso letti ed altre attrezzature con il suo denaro… visitava i malati in qualsiasi ora del giorno e della notte senza essere chiamato e lasciava loro il denaro per le medicine… fu un esempio ispirato alle virtù della mente, ma soprattutto ai sublimi slanci del cuore”. L’on. Aldisio, nel suo discorso ebbe ad usare le parole più amabili all’indirizzo del defunto mitico amico. Disse tra l’altro: “Filippo Solito prodigò tutto l’essere suo in una intensa febbre di lavoro che si trasformava di giorno in giorno in un altissimo apostolato; egli fu il dottore per antonomasia… la sua casa divenne la casa dei poveri ai quali con la delicata discrezione dei grandi apostoli della carità soccorreva e profondeva ad essi nulla potevano dargli, altro che la soddisfazione di sollevare dolori e miserie ed essergli grati e benevolenti… se so potesse mettere in cifre il numero dei malati da Lui operati, curati e soccorsi, ciò solo rappresenterebbero un immenso debito acceso sulla riconoscenza della nostra Città… la sua attività filantropica si estese a tutte le opere locali di assistenza medica.
L’ospedale civico era la sua casa e fu Lui che lo arricchì di molti strumenti necessari… per ciò merita l’unanime rimpianto di questo nostro popolo che lo ebbe amico, consigliere, padre”. – Che dire ancora?! –Questo eccelso mecenate gelese il cui cuore e vivida intelligenza erano grandi come grande era la sua mole fisica, non può non avere un pubblico e speciale riconoscimento. Pertanto si formula una proposta: – non per oscurare la figura del Re d’Italia e neppure per campanilismo becero, ma per ritrovare l’identità storica perduta di questa Città e per rimarcare che i protagonisti di ogni settore pubblico locale siano i figli migliore di Gela, il nostro ospedale, anche se dopo lungo lasso di tempo, venga intitolato a Filippo Solito, che profuse tutto se stesso a beneficio dei malati e dei bisognosi.


Autore : Angelo Vitale

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