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notizia del 18/05/2010 messa in rete alle 12:18:52
La favola della tentazione di Abramo
Ho letto con molto interesse il bell’articolo del Prof. Luciano Vullo “ Solitudine di massa” apparso recentemente sul Corriere di Gela. Oltre a fare i doverosi complimenti per lo stile e le idee dell’articolo, vorrei permettermi una modesta osservazione sul suo accenno alla tentazione di Dio ad Abramo quando gli chiese il sacrificio dell’unico figlio Isacco che gli era stato promesso come inizio di un’immensa progenie.
Un po’ tutto il mondo esalta questo oscuro episodio della Bibbia e gli stessi Musulmani festeggiano solennemente il ricordo di questo sacrificio. E’ la seconda festa dopo il Ramadan. Non sono e non mi sento infallibile ma devo onestamente affermare, non me ne voglia l’ottimo professore, che quel racconto della Bibbia per me è una solenne frottola che offende la Santità e la Sapienza di Dio. Spero di dimostrare quanto ho affermato.
Tutti dicono che Iddio con questa richiesta ha voluto mettere alla prova la fede del grande patriarca. Ma Dio, nella sua Infinita Sapienza, non ha bisogno di prove perché sapeva già che Abramo avrebbe fatto tutto quello che Lui gli comandava. Se Dio ha bisogno di prove dove va a finire la sua Infinita Sapienza? Ragionando in questo modo non ci si accorge che rendiamo Dio colpevole di un tentato omicidio. Non io ma la Chiesa insegna che se tu vuoi commettere un peccato e non ci riesci perché qualcuno o qualcosa te lo impedisce, il peccato lo commetti con la sola intenzione. E in Abramo l’intenzione c’era tutta: aveva già il coltello in mano per uccidere il figlio. Quindi il peccato l’ha commesso ugualmente, ma non l’ha commesso lui ma Dio che gliel’ha comandato. Il che è semplicemente assurdo. E quando l’angelo ferma la mano omicida di Abramo gli dice :” Ora so che tu veramente temi Dio e non mi hai risparmiato il tuo unico figliolo”. Quindi Dio prima non lo sapeva.
E che razza di Dio è mai questo? E’ evidente che l’angelo parla a nome di Dio perché non all’angelo ma a Dio Abramo stava sacrificando il suo figliolo. A proposito di Abramo c’è da osservare che ha commesso un altro grave errore quando nascose la verità al faraone dicendo che Sara non era sua moglie ma sua sorella, mettendo così la moglie nelle braccia del faraone. E ne ebbe grossi vantaggi: il faraone dide ad Abramo “greggi, armenti ed asini, schiavi e schiave, asine e cammelli”. Nel commentare questo grave episodio mi viene in mente un detto gelese :” Chiamalo fissa!”Ed Abramo commise lo stesso grave errore col re di Gerar Abimelech. Non credo che possa essere lodato per queste gravi falsità da lui commesse. Questi sono ragionamenti terra terra alla portata di tutte le intelligenze: è puro raziocinio. Il guaio è che da troppo tempo un po’ tutti siami stati condizionati dai falsi insegnamenti dalle varie religioni del passato compresa la Chiesa Cattolica. E’ assolutamente necessaria una rilettura razionale della Bibbia che sicuramente ha alcune pagine certamente ispirate da Dio, ma ne ha anche non poche altre inaccettabili dalla sana ragione umana e dal comune buonsenso. Papa Wojtyla ha scritto l’enciclica “Fides et ratio” nella quale giustamente afferma che non ci può essere contrasto tra la fede e la ragione. Ma in questo episodio e in non pochi altri passi della Bibbia il contrasto c’è ed è insanabile. La fede è in errore evidente. In questi casi la fede deve cedere il passo alla sana ragione umana alla quale, in ogni caso, spetta sempre il primato. Il caso Galilei insegna. Le scuse chieste dopo quasi quattro secoli da papa Wojtyla sono assolutamente inutili dal momento che la scienza e la storia avevano emanato la loro inappellabile condanna. E non è l’unico caso.
Autore : Antonio Corsello
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