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notizia del 11/02/2008 messa in rete alle 11:48:05
La storia ignorata del Sindacato dei disoccupati
La disoccupazione è la più grande vergogna della nostra società cosiddetta cristiana ed è la più grave violazione della legge fondamentale dello stato che è la Costituzione la quale nell’art. 4 “riconosce a tutti i cittadini il diritto di lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. E difatti si vede: i disoccupati sono milioni, senza contare i precari. Le sinistre li chiamano compagni, i cattolici li chiamano fratelli, ma i disoccupati emarginati sono e tali restano.
Animato da queste profonde convinzioni nell’Ottobre del 1987 volli fondare il Sicid (Sindacato cittadino disoccupati). Molto presto raggiungemmo 1400 adesioni. Da parte di qualche dirigente della Cgil ci fu il tentativo mal riuscito di trascinare in massa i disoccupati nelle file della Cgil. Il Sicid era apartitico e provocatorio volli chiamarlo Sindacato e non lega per mettere bene in evidenza che il Sindacato aveva fatto ben poco per i disoccupati. I comunisti però ritenevano che il mio interessamento per i disoccupati fosse incompatibile con le cariche che rivestivo all’interno della Cgil: facevano parte del Consiglio regionale e nazionale del sindacato dei Trasporti. Fu indetta una riunione a Gela per decidere sulla mia espulsione dalla Cgil, ma il segretario provinciale difese il mio operato rimproverando i compagni di Gela per non essere riusciti ad organizzare un solo disoccupato mentre io avevo avuto l’adesione di oltre mille disoccupati. Anche la componente socialista si schierò a mio favore.
Partecipando a Firenze ad una riunione del Consiglio nazionale dei Trasporti nella quale si doveva discutere se destinare o meno lo 0,50% dello stipendio ai disoccupati, avendo notato forti contrasti, intervenni calorosamente dicendo: “Se fossi io disoccupato non verrei a pietre da voi, ma imbraccerei un mitra e farei una carneficina non dei padroni che, si sa, sono nemici, ma degli operai occupati che anche loro sono contro i disoccupati”. Il segretario nazionale mi rispose: “Corsello con la sua abituale foga ha rimproverato il sindacato, ma cosa possiamo fare di più per loro?”. Mi alzai di botto e lo interruppi: “Non so se tu ti trovassi di fronte al mio mitra spianato se avresti il coraggio di dirmi che non si può far niente”. Ebbi una salve di applausi, ma la proposta fu ugualmente respinta.
Per il Sicid ho impegnato tutto me stesso. A più riprese ho versato alcune centinaia di migliaia di lire, ho anticipato due milioni per l’affitto della sede, ho anticipato quasi 400.000 lire per l’istallazione del telefono e solo in parte ho potuto recuperare tali somme quando il Comune diede un contributo di tre milioni e mezzo. Allo scopo di procurare nuove occasioni di lavoro abbiamo creato una cooperativa dotandola di telefono. Abbiamo diffuso un volantino che diceva: “Per sturare una fognatura o un lavandino, per lavori idraulici o edili, per facchinaggio, per qualsiasi bisogno urgente telefona al n. 922003. Sarei subito servito”. Quattro disoccupati se ne stavano a turno accanto al telefono dalle 8 alle 13 e dalle 15 alle 19 in attesa di qualche telefonata. Attesa vana: nessuno, dico nessuno, telefonò. Anzi no: un pomeriggio è arrivata una telefonata che segnalava un urgente intervento in quel S. Giacomo. Subito accorremmo e cosa abbiamo trovato? Una povera vecchia muta e abbandonata in mezzo ad una stanza allagata da porcheria: si era rotta una fognatura ed aveva allagato la casa. Non c’era anima viva. Ci siamo guardati in faccia: che fare? Siamo andati subito a comprare un tubo con trenta mila lire, l’abbiamo sistemato e pulito tutta la casa. E’ stato il primo e l’ultimo… guadagno. L’indomani ho distribuito un volantino di fuoco. Nessuno si è commosso.
Spinti dal bisogno abbiamo chiesto un contributo al comune. Il sindaco Tignino rera favorevole e in giunta propose di concedere un contributo.
Due soli voti a favore. Repubblicani e democristiani contrari. Un democristiano, molto cattolico, di cui non voglio fare il nome, respinse la proposta perché non era riuscito a trovare “né la visione globale, armonica e non sperequativa, né i criteri per sperperare centinaia di milioni per tappetini, stelle e alberi di Natale, per coriandoli carnevaleschi e per tante iniziative pseudo culturali”.
Dopo aver inutilmente sperato nella comprensione dei cittadini e dell’amministrazione, dopo poco più di tre anni di attività, di manifestazioni e sfilate, il Sicid chiude per mancanza di fondi. Ci siamo stancati di pietre come elemosina quel che invece è un nostro diritto. I soldi per la gita pellegrinaggio a Roma e in Umbria (centinaia di milioni), per il monumento a S. Giovanni Bosco (80 milioni?), per cantanti e per tante attività sportive e pseudo culturali si sono trovati. Mentre a Gela va morendo, voi amministratori tenetevi le vostre lotte per il potere. E tenetevi gli scippi, le estorsioni, la droga, la delinquenza, le uccisioni, inevitabile conseguenza della disoccupazione. Voi ne siete responsabili, proprio voi che ne lamentate. Eleviamo la nostra energica protesta alle autorità alle quali ricordiamo che i mali di Gela non si curano né con i tribunali né con le forze di polizia, ma con una più equa distribuzione del poco lavoro che il Nord prepotente ci lascia”.
Ho sempre pensato che nella questione dei disoccupati gioca un ruolo molto importante l’egoismo degli operai occupati e la compiacenza dei sindacati. Questi, mi diceva Livio Labor Presidente Nazionale delle Acli, non hanno la tessera del Sindacato. E se non si è riusciti a fare qualcosa quando si poteva, figurati ora che l’operaio non arriva con lo stipendio a fine mese. Comunque i disoccupati stiano allegri: “La Repubblica riconosce il loro diritto di lavoro”. Strano che in 60 anni non sia riuscito a “rendere effettivo questo diritto!”.
Autore : Antonio Corsello
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I Vostri commenti
Bella storia. Credo che il problema stia nel fatto che lei abbia voluto costruire un centro per impiegare, assistere o comunque aiutare i disoccupati del suo territorio. Quello che occorre e che manca effettivamente è la rappresentanza dei disoccupati. come lei ha scritto i disoccupati sono tagliati fuori dalla societa, cioè sono emarginati. Nessuno ne difende i diritti o ne porta la voce. Quando il Governo incontra le parti sociali, incontra i sindacati dei lavoratori e la Confindustria: queste sono le parti sociali, è detto tutto.
Quello che servirebbe è una sigla sindacale per i disoccupati che si faccia portavoce a livello nazionale. Ne soldi ne elemosina di ogni genere: diritti.
Autore: pompilio
data: 16/06/2012
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