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Corriere di Gela | Malasanità? Si, ma...
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notizia del 17/01/2006 messa in rete alle 11:35:24
Malasanità? Si, ma...

Malasanità: una parola che è entrata nel gergo comune per indicare la situazione degli ospedali che lascerebbe molto a desiderare. Se ne usa e se ne abusa un pò da tutti. E’ un giudizio ingeneroso e un pò troppo sbrigativo. Certamente il servizio ospedaliero, specialmente nel Sud, deve migliorare, destinando ad esso maggiori risorse per adeguarlo alle esigenze della salute pubblica.
Ma non si può fare d’ogni erba un fascio. E’ troppo vero che ci sono delle carenze, talvolta vistose, come quelle delle interminabili attese per ottenere una qualsiasi prestazione, ma è anche vero che il più delle volte i medici fanno miracoli, sono gentilissimi con i pazienti e fanno di tutto per venire incontro ai loro bisogni. E’ un lavoro spesso nascosto e silenzioso che comporta non pochi sacrifici personali. Nè si può dire che gli infermieri siano da meno: servizievoli, sorridenti, amabili, pazienti. Per quanto mi riguarda non potrò mai ringraziare abbastanza il personale medico: tre operazioni, due embolie e un ictus superati brillantemente non certamente per merito mio, ma per il pronto intervento dei medici ben preparati e all’altezza della situazione molto grave. Nè, in genere, posso lamentarmi del personale infermieristico che non solo con me, ma anche con tutti gli altri ammalati si mostrava pieno di attenzioni.
Ricordo purtroppo con amarezza alcuni episodi di mala sanità nei miei confronti. Una mattina mi sono svegliato alle ore sette. Ho chiamato l’infermiere pregandolo di accompagnarmi al gabinetto. Mi rispose duramente: “No, a quest’ora no”. Ho sofferto non poco e solo alle otto e mezza ho potuto malamente soddisfare i miei bisogni. Un’altra notte, in pieno inverno, ho fatto cadere le coperte del letto. Sentivo molto freddo. Provvidenzialmente, così mi era parso, vidi passare l’infermiere e gli chiesi di ricoprirmi. Risposta durissima: “Lei si è scoperto e lei deve riscoprirsi”. Se mi fosse stato possibile, certamente non avrei richiesto il suo aiuto. La mattina dopo me ne sono lamentato con lo stesso infermiere: “ Perchè mi tratta così?” gli chiesi. “Perchè lei ha troppo pretese”. Immobilizzato com’ero, avevo bisogno di tutto. Ricordo ancora che un’altra volta suonai il campanello ed ho detto che dovevo soddisfare i miei bisogni. Si è presentata un’infermiera: “Vendo subito”. Passano dieci minuti e chiamo ancora. Viene un’altra infermiera: stessa risposta. Ad una terza chiamata si affaccia un infermiere: “Sto per venire”. Dopo altri lunghi minuti di inutile attesa, il mio letto è diventato il mio water. Se mi chiedete in quale reparto è successo tutto questo, non saprei dirvelo perchè non ero del tutto cosciente. Sto parlando solo di pochi infermieri, perchè non posso dire altrettanto degli altri ai quali sono anzi grato per le loro cure e attenzioni.
Riconosco di aver fatto anch’io uno sbaglio: avrei dovuto raccontare quegli episodi ai medici. Sono sicuro che avrebbero provveduto rigidamente. Non ne ho avuto il coraggio anche perchè le mie condizioni fisiche e psichiche non mi aiutavano a reagire. Ribadisco: sono episodi spiacevoli, ma non si può generalizzare. Quando succede qualche incidente all’ospedale, diventiamo subito tutti impietosi e parliamo subito di malasanità. Ma anche i medici non sono uomini e non hanno anche loro il diritto di sbagliare? Condannare si, ma solo quando c’è di mezzo colpevole trascuratezza. Per quanto mi riguarda non condivido la proibizione ai parenti di assistere gli ammalati. Questo lusso se lo possono permettere solo alcuni ospedali del Nord dove l’assistenza continua e seria è assicurata dagli stessi ospedali. Ma qui da noi questa proibizione non ha senso. Nessuno!


Autore : Antonio Corsello

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