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notizia del 18/07/2011 messa in rete alle 08:59:16
Una città nel pallone
Comprendere quello che capita a Gela è un compito alquanto arduo anche per l’osservatore più attento. Sembra, infatti, che il primo postulato della “classe dirigente” gelese sia quello di non fare capire alla popolazione la realtà che vive la città. I cittadini che vogliono comprendere possono soltanto rifugiarsi nella congettura o, peggio ancora, nel “sentito dire”, “obbligati” ad una interpretazione approssimativa dei fatti che accadono. In questo senso è emblematica la vicenda della squadra di calcio. Un anno fa, il Gela calcio, grazie all’impegno finanziario del suo presidente e azionista di riferimento, ha conquistato l’ammissione al campionato nazionale di prima divisione (ex serie C1). In agosto, durante la presentazione della squadra, si è detto che il risultato raggiunto nel calcio, insieme alla conquista della serie A2 da parte della squadra di pallavolo maschile, faceva di Gela la capitale sportiva della Sicilia. Applausi, inni e gloria, giustamente, per Angelo Tuccio, capo della “polisportiva” gelese. Fischi e perfino qualche insulto ai politici, compreso al sindaco Fasulo, eletto solo da poche settimane. La classe politica locale viene accusata di non essere degna di rappresentare una città che nello sport ha raggiunto la serie “A”.
Sul campo, la squadra di calcio si è salvata, mentre la squadra di pallavolo è retrocessa. Il resto è cronaca di questi giorni: lo sport professionistico è scomparso da Gela. Uguale il triste epilogo, ma diverse le modalità. La squadra di pallavolo maschile è fallita nell’indifferenza più totale della città.
Il Gela calcio ha vissuto una lunga e rumorosa agonia caratterizzata dall’intervento dei politici locali di vertice (non tutti), da un corteo dei tifosi, dagli strilli di Angelo Tuccio contro il sitema imprenditoriale gelese. La piazza, curiosa e dormiente, ancora una volta ha visto scomparire, ricomparire e poi scomparire di nuovo la squadra di calcio della città. Stavolta però, tranne l’ennesimo e ad oggi imprevedibile “miracolo”, siamo proprio alla fine. Penso che le vicende “politiche” attorno alla squadra di calcio siano l’emblema della città: mancanza di dialogo sociale, individualismo sfrenato, sospetti incrociati, limitata cultura sportiva, e non solo sportiva. Evidentemente, è proprio Gela che non è di seria “A”. Del resto, il degrado civile della città è sotto gli occhi di tutti.
Da oltre mezzo secolo la politica locale compie disastri inenarrabili. Anche adesso che i partiti hanno nomi diversi, parte degli attori sono cambiati, le regole amministrative sono mutate, il modo di gestire la politica a Gela è sempre lo stesso: non pensare mai al bene comune. Di conseguenza, i problemi della città si acuiscono, mentre le soluzioni vengono annunciate e non perseguite.
La storia di Gela degli ultimi cinquant’anni è sicuramente caratterizzata dalla presenza dello stabilimento petrolchimico dell’Eni. Nonostante ciò, il rapporto tra la città e la sua fabbrica non è mai stato chiaro e trasparente. I soggetti mediatori, politica e sindacati, sono sempre apparsi quanto meno poco lungimiranti. Alla fine degli anni novanta, la politica e i sindacati hanno sottoscritto un protocollo d’intesa – alla presidenza del consiglio dei ministri – con il quale l’Eni dichiarava chiaramente il suo graduale disimpegno nel polo di Gela. Dopo quattordici anni dal quel protocollo, “la classe dirigente” non è riuscita a creare le condizioni per un modello di sviluppo alternativo del territorio.
Per questo, oggi, non si riesce a far di meglio che attaccarsi ad un nuovo protocollo d’intesa (tra Eni e Regione) dagli obiettivi alquanto eterei. Alla fine, la politica e i sindacati continuano a parlarsi addosso, i vertici della raffineria continuano a stare zitti, la città continua a non capire quale beneficio sociale abbia oggi Gela dallo stabilimento. La mancanza di acqua rappresenta, in una società civile, una vera barbarie. A Gela, l’acqua non arriva nelle case dei cittadini anche per diversi giorni, il problema è vecchio e ancora non risolto.
Da qualche anno, il servizio di gestione delle risorse idriche è passato ad una multinazionale del settore, la quale ha istituito una società ad hoc, “caltaqua”. Sembrava la soluzione di un problema atavico, ma ancora una volta le attese dei cittadini sono state deluse. Anche in questo caso, su una questione vitale, la politica riesce a fare principalmente propaganda e polemica, senza riuscire a comunicare, una volta per tutte, in modo chiaro alla città i modi e i tempi della soluzione definitiva del problema. Gela è tristemente famosa anche per essere la “capitale” dell’abusivismo edilizio. Nelle zone periferiche, si è costruito per soddisfare il bisogno di avere una casa, così, in assenza di un piano regolatore, la spontaneità urbana è diventata una vera patologia, grazie anche alle speculazioni autorizzate a Capo Soprano, Scavone, Macchitella, Montelungo e alla devastazione della zona balneare di Manfria. Così il problema principale di Gela è diventato, e continua ad essere, quello urbanistico; condono e riordino edilizio sono gli obiettivi agognati dall’amministrazione comunale.
Se non fosse che la “lezione” del passato è servita a poco, negli ultimi anni un’altra devastante colata di cemento colorato ha invaso la zona a nord-ovest della città: altre speculazioni, la piana di Gela occupata da centinaia di villette. Tutto in regola, ovviamente, resta da chiedersi come può l’amministrazione pubblica farsi imporre dai privati la politica urbanistica. Nel frattempo, il piano regolatore generale che, dopo diversi lustri, l’anno passato ha concluso il suo iter, pronto per essere adottato, non si sa che fine abbia fatto. “È possibile che il ritardo giovi a qualcuno? Si è possibile”. (…) “Tanto si costruisce lo stesso, senza regole, quasi sempre per gli interessi di qualcuno”, si leggeva la settimana scorsa su questo giornale. Dopo tanti anni, la città aspetta ancora che si risolvano i problemi di cui si è detto, con soluzioni che garantiscano gli interessi comuni. Le questioni ordinarie, invece, sono vissute dai cittadini con rassegnazione. Al lungomare e al centro storico non si riesce ad intervenire, siamo in piena estate e non si vede neanche l’ombra dell’isola pedonale promessa; lo stesso lungomare e la rotonda ad est di Macchitella il fine settimana diventano una “casbah”.
Per quali ragioni a Gela non si riesce ad intervenire su nulla? La classe politica è lo specchio fedele della città? Domande difficili anche per un osservatore attento, per dare delle risposte bisognerebbe che la nostra “classe dirigente” comunicasse con la città in modo trasparente ed onesto. Gela ha una rappresentanza politica di tutto rispetto: un parlamentare europeo, tre deputati regionali, da tredici anni il presidente della Provincia. Inoltre, il sindaco è stato eletto solo da un anno e la giunta è formata da persone “nuove”. Situazione ottimale per programmare e realizzare il futuro del territorio, eppure la città arranca e lentamente sembra andare verso un meta non definita. Ad ogni competizione elettorale, i gelesi manifestano sempre un forte campanilismo, votando i candidati locali. Queste ragioni dovrebbero obbligare la politica locale a discutere una buona volta del futuro di Gela in modo serio. Altrimenti, anche se “è la più bella città del mondo” Gela rischia di fallire completamente.
Autore : Emanuele Antonuzzo
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