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notizia del 28/06/2009 messa in rete alle 19:48:40
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Gela con il cuore infranto
Volendo associare una metafora al cammino del Gela in questa stagione, l'immagine è quella di un aereo che ha un po' stentato al decollo, per poi volare ad alta quota, con un paio di perturbazioni che ne hanno deviato la rotta – ma non la destinazione – ed un atterraggio a dir poco pessimo. E dire che la pista era quella familiare del “Vincenzo Presti”, gremito in ogni ordine di posti laddove era possibile farlo da parte di una tifoseria che ha risposto all'appello come fa sempre in questi grandi appuntamenti. A festeggiare alla fine, è stata la cinquantina di tifosi abruzzesi assiepati nel bel mezzo di una gradinata per il resto totalmente vuota, i giocatori e l'intera società marsicana, a distanza di un anno dalla disfatta nella semifinale play-off contro i cugini del Celano. Il Pescina è in 1ª Divisione, aggiudicandosi meritatamente i play-off che non sono una lotteria, ma un mini-torneo di calcio: 4 scontri diretti quando ti va bene, che superi solo arrivando a questo appuntamento estivo con il gioco più efficace ed una forma fisica e mentale smagliante. (nella foto Esposto in lacrime.)
Giusto per non equivocare, chiariamo subito che nell'addossare tutte le colpe della disfatta al tecnico, Vincenzo Cosco, faremmo un torto a noi stessi, perché non capiremmo errori commessi da non ripetere un domani, sempre che Gela possa ancora permetterselo, specie a livello professionistico. Certo, in un gioco di ruoli, Cosco è il principale responsabile. E' stato l'allenatore dal ritiro estivo fino a domenica scorsa. Ha deciso chi doveva scendere in campo, chi doveva accomodarsi in panchina, i cambi in corso d'opera, del tutto autonomamente. Idem, ovviamente, per il modulo tattico scelto. Ma c'è anche dell'altro.
Tuccio e De Filippis hanno costruito quest'estate un undici in campo da far paura, ma in una rosa incompleta. Mancava una vera seconda punta ed un quarto centrocampista. Dei tre presenti in rosa, nessun regista. Una scelta ben precisa: questa squadra è stata infatti pensata per vincere il campionato, non i play-off, puntando sulla forza fisica e sulla tenuta nel lungo periodo. Per come era strutturata, la squadra ha palesato qualche limite tattico nelle partite casalinghe contro avversari che si chiudevano a riccio. Per contro, però, la fisionomia tattica ben precisa unitamente alla compattezza del gruppo, merito soprattutto dell'allenatore, consentiva di conseguire risultati eccellenti in trasferta, riuscendo a rimontare sul Cosenza, agguantandolo in occasione dello scontro diretto vinto al “Presti” e, comunque, chiudendo il girone d'andata a soli due punti di distacco dalla capolista.
Ma quello che doveva essere un “mercato di riparazione” non lo è stato affatto. Non potendo obiettivamente valutare l'oggetto misterioso Staffolani, presi singolarmente, sarebbe quantomeno azzardato asserire che Schiavon, Galuppi e Russo non sono giocatori “da categoria”. Tuttavia, se proviamo a fare un bilancio del loro contributo, comprendiamo agevolmente che non è per nulla entusiasmante. Il loro arrivo, per dirla tutta, non ha rafforzato quella precisa fisionomia tecnico-tattica che rendeva il Gela fortemente competitivo, ma al contrario l'ha compromessa. Quando dei tre centrocampisti ne parte uno ed il suo sostituto viene ignorato dal tecnico, ti riduci ad averne solo due. Quando per sostituire l'altro soggetto non ben identificato, il franco-ivoriano Fofana, prendi due esterni e ne hai già cinque in carrozza, magari hai un po' esagerato. E se a tutto questo aggiungi che la punta di ruolo non è arrivata, rimpiangere Daniel Ciofani fino a giugno in città e capocannoniere nel girone b di seconda divisione con la Cisco Roma, diventa quasi naturale. Quando non è una necessità, il rischio di un mercato così delicato è quello di snaturare la squadra, come puntualmente è avvenuto.
E' accaduto cioè che con due semplici innesti, nonostante procedessero già in maniera spedita, i silani addirittura accelleravano con 3 vittorie consecutive e, con Battisti in mezzo a fare filtro, il Cosenza diventava la difesa più forte del campionato; mentre senza Battisti il bunker d'Italia mostrava le prime crepe e con un pareggio interno e due sconfitte consecutive, il Gela frenava di schianto, con il gap che slittava da 2 a ben 10 lunghezze. A quel punto avvertimmo sulle colonne di questo giornale di rivedere i piani. Era inutile e deleterio pensare ancora al primato, occorreva puntare già da quel momento alla seconda chance rappresentata dai play-off. La frittata era stata fatta e la responsabilità non era solo di Cosco, ma anche delle scelte fatte dal direttore sportivo, convalidate dal presidente. Diventava vitale rimodulare da un punto di vista tecnico-tattico la squadra sulla base anche dei nuovi arrivi, giacché era oramai quello il materiale umano a disposizione. Qui interviene la grande colpa del tecnico molisano. Riaggandoci alla metafora iniziale, qualora fosse costretto dalle circostanze anche un elicotterista potrebbe arrivare a pilotare un aereo: ciò di cui ha marcatamente bisogno, è una buona dose coraggio. Quel coraggio che è mancato nei momenti topici, quel coraggio che Cosco non ha avuto nel cambiare, facendolo solo quando è stato costretto dall'emergenza. Con Schiavon trequartista e Franciel a ringraziare sentitamente, il Gela era tornato competitivo, assolutamente in grado di sbaragliare qualsiasi avversario di turno, sfruttando non solo da un punto di vista conservativo il vantaggio nei play-off frutto del secondo posto conquistato in classifica.
Ecco allora che, nel giocarsi l'intera stagione riemerge quella mancanza di coraggio che induce il tecnico a tornare ad affidarsi a quelli di Roccaraso, che entrano nell'undici iniziale in tutti e quattro i match, sconfessando dichiaratamente l'operato della società nel mercato invernale. Un affidarsi miope. Che lascia in bilico la qualificazione contro un Andria innocuo in avanti. Che consente tre pareggi ed una sconfitta, risultata a conti fatti decisiva. Che lascia invariata nel ritorno al “Presti” la formazione uscita battuta ad Avezzano, pur con l'obbligo di vincere la partita, regalando il solito primo tempo e rinviando il tutto ad una disperata ripresa in rimonta poi non avvenuta.
Ma possono bastare 97 minuti per annientare tutto? Così pare. A nulla sarebbero serviti gli applausi dalla tribuna e i cori dalla curva all'indirizzo del presidente giusto pochi minuti dopo il triplice fischio finale, vale a dire nel momento apicale dello sconforto collettivo. Il Gela che doveva ammazzare il campionato sembrerebbe non esistere più, con un presidente ed il cda dimissionari, un ds ed un tecnico già in fuga da domenica sera e con i giocatori che lascerebbero Gela, tra chi era in scadenza e chi avrebbe rescisso, da martedì sera. Il condizionale è d'obbligo, non foss'altro per quanto successo giusto l'estate scorsa. Non aver centrato la promozione può anche far ritenere fallimentare un ciclo da chi ha speso una certa cifra, ma a ben guardare, sul piano sportivo tanto fallimentare non è. Ma quando l'ing. Tuccio si chiede cosa ci sta a fare uno come lui nel calcio, è chiaro che la risposta la deve trovare da solo. Stando al comunicato ufficiale diramato l'avrebbe già trovata, con la palla che passa di nuovo alla politica ed al primo cittadino, guarda caso, anch'egli dimissionario e già nelle vesti televisive dell'europarlamentare. Uniche certezze rimaste, l'iscrizione al prossimo campionato e l'ennesima, immancabile, nebulosa estate del calcio gelese.
Autore : Filippo Guzzardi
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