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notizia del 01/09/2011 messa in rete alle 14:30:43
Delitto imperfetto
“Il karakiri del calcio gelese”, titolava, in prima pagina, nell’edizione dello scorso 16 luglio, il “Corriere di Gela”. A seguire, una pregevole – per raffinatezza semantica, brillantezza espositiva ed arguta analisi – ricostruzione delle ultime vicende, che hanno frastornato, amareggiato ed, alla fine, prodotto profondo avvilimento, non solo negli ambienti sportivi, ma nell’intera comunità locale, che aveva sperato in un improbabile ripensamento dell’uomo (Angelo Tuccio) che, per cinque anni, pur fra mille difficoltà (economiche, logistiche ed organizzative), aveva riportato la maggiore società sportiva della città tra i professionisti ed alimentato il sogno di ulteriori passi in avanti, nel panorama calcistico nazionale.
Invece, sappiamo tutti com’è andata, conosciamo il mortificante risultato finale.
La città ha perso anche l’ultima vetrina (quella sportiva) che, negli ultimi anni, le aveva permesso di veicolare un’immagine diversa di sé, rispetto agli anni della mattanza, quando il suo nome finiva continuamente sulle prime pagine dei giornali italiani, a causa della cruenta guerra, ingaggiata per il controllo del territorio e, soprattutto, delle attività illecite che vi fiorivano, tra elementi malavitosi, appartenenti a mafia e stidda, guerra che fece centinaia di morti e di feriti.
In questi giorni, mi sono posto tante domande, cercando di capire le ragioni che hanno portato ad una fine così ingloriosa del calcio gelese (ovviamente, quello che conta).
E’ stato scritto che il Gela Calcio, dopo avere conquistato sul campo la permanenza in Prima Divisione e, quindi, fra i professionisti, avrebbe compiuto – come, in apertura, già evidenziato – un autentico harakiri. Cioè, avrebbe fatto come i samurai giapponesi caduti in disgrazia o condannati a morte, i quali erano soliti ricorrere al suicidio, conficcandosi nel kuzazuri (il ventre) la loro arma preferita, cioè la katana (la spada).
Confesso che, nell’immediatezza del fatto, come tanti afficionados della nostra maggiore squadra di calcio, anch’io sono rimasto incredulo e, per certi versi, anche in stato di choc. Ma lo stordimento è durato poco, anche perché mi sono ricordato qualcosa che avevo imparato ai tempi in cui, frequentando il Liceo Eschilo di Gela, ho avuto modo di studiare un’affascinante materia, la Filosofia. Mi è così venuto in mente un aforisma di Platone, secondo il quale “se uno fa una cosa per un fine, non vuole la cosa che fa, bensì la cosa per cui fa quello che fa”.
Con la memoria sono quindi tornato indietro di alcuni mesi, al periodo in cui (era il mese di gennaio di quest’anno) Tuccio aveva preannunciato la ferma intenzione di passare la mano, dal momento che gli impegni con lui assunti da politici ed amministratori non erano stati rispettati. Soprattutto quelli di natura finanziaria, che avevano messo in crisi non solo il bilancio societario, ma anche quello personale/familiare del presidente.
Il tempo è trascorso inutilmente, perché dei roboanti proclami, al momento della concretizzazione in atti, quasi tutti (politici, amministratori e consiglieri comunali) si sono scordati o hanno fatto finta di dimenticarsi.
Gli effetti di tale menefreghismo non potevano essere diversi rispetto a ciò che è accaduto. Perché qualunque persona sana di mente avrebbe posto in essere esattamente lo stesso comportamento dell’ingegnere.
Beninteso, chi scrive non nutre particolare simpatia per l’uomo Tuccio, non per ragioni personali (non ho mai avuto modo di conoscerlo o di scambiare con lui qualche parola), ma per talune forme di autentica intolleranza, manifestate (con il ricorso anche ad espressioni scomposte) nei confronti di chi – come il sottoscritto – non aveva inteso omologare il proprio punto di vista sulla scelta dei colori sociali (il biancazzurro anziché il giallo cremisi della nostra bandiera comunale) con quello del massimo dirigente della compagine gelese e di una frangia minoritaria dei suoi sostenitori.
Ma ormai tutto questo non conta più, al massimo potrà arricchire le pagine, già abbondantemente colme di fatti, notizie e dati negativi, della nostra storia cittadina. Purtroppo!
Autore : Elio Cultraro
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