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notizia del 07/05/2004 messa in rete alle 09:56:38
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Le mura di Caposoprano vennero scoperte... due volte
Ho letto con molto interesse il libro del defunto notaio Giuseppe Navarra di Licata “Città sicane, sicule e greche nella zona di Gela”. La prima edizione di questo libro è apparsa nel 1964, la seconda è stata pubblicata recentemente su proposta dell’associazione culturale “Ignazio Spina” di Licata, a cura dell’Assessorato ai Beni culturali della Regione siciliana.
Il nobiluomo licatese Giuseppe Navarra (1915-2001), molto noto per i suoi approfonditi studi e ricerche archeologiche, ha cercato di dimostrare nel suo interessante volume che l’antica Gela fu fondata nell’attuale sito di Licata dai colonizzatori Rodio-Cretesi. Tale tesi è però in contrasto con gran parte del mondo accademico, soprattutto dopo gli scavi effettuati negli anni del dopoguerra (1948-1970) dagli archeologi Griffo, Orlandini e Adamesteanu.
Il motivo che oggi mi spinge a scrivere questo articolo è il seguente: a pagina 171 di questo libro si legge che nel 1848 molti terranovesi prelevavano conci di arenaria squadrati nella zona di Caposoprano, per costruire case.
Dopo alcuni mesi di saccheggio, il sindaco di allora, con ordinanza del 6 febbraio 1848, fece divieto di asportare tale conci, che lo spostamento delle dune aveva fatto apparire a Caposoprano.
Il notaio Navarra, in questo capitolo afferma che il sindaco fece ricoprire con la sabbia le suddette mura. Anche in quella occasione, il sito dei conci venne scambiato per... l’antico teatro greco.
L’idea che l’antico teatro dovrebbe trovarsi in quella zona è stato sempre il “pallino” dei gelesi, saccheggiatori e distruttori delle antichità locali.
Coincidenza strana: nell’estate del 1948 (cento anni dopo) le mura di Caposoprano vennero riscoperte per caso da un contadino, Vincenzo Interlici, e messi alla luce dalla soprintendenza alle antichità di Agrigento.
C’è da pensare che nei saccheggi che si sono susseguiti nei secoli passati, qualcuno (ignorantemente) avrà utilizzato i conci della tomba di Eschilo, cercati inutilmente dagli archeologi.
Forse un bel giorno dei muratori, abbattendo a Caposoprano qualche piccola casa per costruire una villetta, o una palazzina, troveranno qualche concio squadrato, con la scritta “Eschilo, figlio di Euforione, ateniese, morto a Gela, produttrice di grano, questo monumento ricopre; il bosco di Maratona potrebbe raccontare il suo glorioso valore e il Medo dalle lunghe chiome che lo conosce”.
Autore : Gino Alabiso
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