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notizia del 17/11/2012 messa in rete alle 22:48:24
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Francesco Greco, allievo di Rea , “conquistato dall’armonia”
Provate a chiedere ad un medico o ad un ingegnere che suona solo per passione cosa sia la musica. Vi dirà di certo che è un modo per evadere, confrontarsi, ritrovare se stesso. Invece chiedetelo ad un tizio qualsiasi il cui mestiere è il musicista, chiedetelo ad un insegnante di musica. Volete sapere come va a finire? Senza accorgersene vi dà una lezione di musica. Poi si rende conto che di fronte non ha un suo allievo, che non si trova in aula. E allora semplifica il discorso, ma la sostanza non cambia. Come si può spiegare la bellezza di un tramonto?
Questa settimana è la volta del musicista Francesco Greco (nella foto), classe ’82, insegnante di musica, pianista, tastierista e arrangiatore. A sedici anni frequenta il conservatorio di Palermo, intraprende gli studi di composizione. Termina al conservatorio di Catania dove studia con il maestro di pianoforte Giovanni Cultrera. In quello stesso anno si diploma in pianoforte. Ha seguito diversi corsi e master di musica jazz e tra i maestri spicca il nome di Danilo Rea. Da un paio di anni collabora con un cantante di Niscemi, Graziano Piazza, con il quale è in procinto di ultimare le registrazioni di un nuovo cd. Ha anche un trio con cui rivisita i brani pop in chiave jazz, ha un quintetto di musica italiana e straniera, si esibisce come pianista e ha collaborato con Salvo Cacciatore – musicista agrigentino – esibendosi come pianista nella sua mini orchestra latina.
– Francesco, raccontaci come trascorrevano i tuoi giorni alla scoperta della musica. Quando hai cominciato?
«Avevo nove anni. Da subito ho cominciato a studiare pianoforte e ho scoperto così l’armonia musicale. Mi chiudevo nella mia stanza per ore, capendo che la musica pizzicava moltissimo le mie corde. Così ho cominciato a studiare veramente. Adoravo il solfeggio, le nozioni teoriche e non studiavo soltanto su un libro. Chiedevo ai miei professori di consigliarmi tutti i libri di teoria dai quali potevo apprendere e andavo a comprarli. Quante strade di Palermo ho attraversato a piedi, ma ne è valsa la pena. Studiavo su cinque libri diversi, volevo imparare quante più cose possibili».
– Come mai la passione per il pianoforte?
«In realtà tutto è cominciato con una batteria. Poi ho sviluppato il concetto di armonia che si ottiene solo con strumenti polifonici. Mi sono avvicinato dunque al pianoforte».
– Cosa intendi per armonia musicale?
«E’ la simultaneità o verticalizzazione nelle frequenze musicali. Le frequenze musicali altro non sono che le famose note musicali. La simultaneità di più suoni in musica si definisce accordo che può essere consonante e dissonante. Gli accordi consonanti sono quelli che hanno suoni oggettivamente riconoscibili. La musica oggettiva per esempio è quella che proviene dal mondo classico. Il jazz invece ci ha fatto scoprire armonie più evolute in grado di arricchire se non confermare teorie e considerazioni che già in passato cominciavano ad affiorare».
– Come ti sei avvicinato al jazz? E perché molti musicisti siete legati a questo genere musicale?
«Da piccolo ascoltavo molto il jazz. Lo studiavo attentamente, cercavo di analizzarlo, lo smontavo quasi come fosse un motore per trovare alla fine informazioni che poi sono diventate il mio bagaglio culturale. Ecco, il jazz è dissonante rispetto al genere classico, ha un linguaggio nuovo come se fosse libero, ma in realtà non lo è perché ci sono leggi armoniche più evolute. Succede spesso che chi lo ascolta senza avere mai provato ad analizzarlo – come è portato a fare un insegnante di musica – quasi si rilassi arrendendosi di fronte alla sua complessità. Inconsciamente viene carpita la bellezza ma non l’aspetto tecnico nel dettaglio, ci si rifiuta di analizzarlo perché comunque non sarebbe un’analisi approfondita».
– Oltre ad essere un musicista sei anche un compositore? Qual è stata la tua ultima creazione?
«Da qualche settimana ho finito di scrivere un musical che riguarda un personaggio biblico. Ho composto tutte le aree del musical, senza collaborazioni. Mi auguro che a breve avrà la sua realizzazione».
– La musica ti impegna moltissimo. Davvero non avresti voluto diventare medico o avvocato?
«Le occasioni per diventare altro non mi sono mancate, ma non riesco a pensarmi diverso da come sono adesso e cioè musicista. Se avessi fatto altro è come se mi fossi lasciato scappare l’unica donna della mia vita. Per questo penso che la vita sia sempre troppo breve per fare ciò che ci piace. Se si potesse vivere due volte è probabile che la seconda volta farei il medico o l’avvocato, ma solo perché le emozioni che regala la musica le ho già vissute. Bisognerebbe aggiungere sempre altri cento giorni alla vita, ma ugualmente non basterebbero».
Autore : Greta Smecca
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