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notizia del 10/04/2006 messa in rete alle 22:32:31
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Incontro Grasso-Ferroni all’Università di Palermo
Continua a riscuotere successo il romanzo di Silvana Grasso, (foto) Disìo (Rizzoli), le cui presentazioni si alternano in tutta Italia alla presenza di prestigiosi relatori.
Ad accogliere la scrittrice siciliana venerdì 31 marzo, è stata l’Università degli Studi di Palermo, a presiedere volutamente l’incontro il prof. Giulio Ferroni (foto), il quale Il quale ha definito Silvana Grasso “la scrittrice del novecento”.
Noto per le sue pubblicazioni, Ferroni occupa dal 1982 la cattedra di letteratura italiana presso l’Università di Roma La Sapienza e collabora anche con numerosi quotidiani e riviste quali: L’Unità, Il Corriere della Sera, Reset e Liberal. Hanno relazionato insieme a lui i proff. Domenica Perrone e Natale Tedesco.
Gremita di studenti e insegnanti l’aula magna del Dipartimento di Letteratura e Culture Europee, alle loro domande la scrittrice ha risposto con la schiettezza e la magica teatralità che la contraddistinguono. Presenti all’evento anche un folto gruppo di studenti del Liceo Classico Eschilo di Gela, dove la Grasso insegna.
Il Disìo di Silvana Grasso è stato analizzato sotto il punto di vista linguistico e contenutistico, considerato come un grido esistenziale, esso non tralascia nella sua tessitura metaforica la denuncia civile. Evidenziato dalla prof.ssa Perrone anche il rifiuto materno dell’autrice, che si manifesta all’interno del romanzo nei capelli “rossodiàvuli”; Disìo è una forza che stravolge – ha detto nel corso del suo intervento – è uno stigma. La densità espressiva di cui Memi è attanagliata, porta il lettore a riconoscere tra le righe la presenza forte di autori quali: Pascoli e Foscolo, ma è evidente come la scrittura della Grasso sia fortemente legata al greco e alla visceralità del dialetto”.
Giulio Ferroni si è poi addentrato nelle vorticose pagine del libro esaminandone ogni elemento “quella di Silvana Grasso non è solo esperienza di scrittura, ma scrittura che sprigiona vita – ha asserito- nello studio del greco, Silvana, ha ritrovato la grecità, ovvero le radici più antiche che danno vita ad una forte e determinata contemporaneità.”
Per il Ferroni, Silvana Grasso “espulsa dall’Etna con un boato” si presenta come l’anti-Empedocle. Le vicende del romanzo si sovrappongono ad elementi mitici, Cerere e Proserpina si legano al motivo forte dell’incontro-scontro con la madre. “Silvana opera con autonomia grazie alla sua veracità – ha continuato Ferroni– il dialetto non evidenzia solo gli aspetti esteriori e la loro dimensione biografica, ma anche elementi di espulsione e schiacciamento, frutto della memoria di un fallito aborto. L’abbandono ed il ritorno dalla Sicilia sono emblema dell’immedicabilità, di un continuo alternarsi di bellezza e bruttezza”.
L’intreccio tra mondo popolare e cultura classica ritornano sempre e prepotentemente nella scrittura della Grasso, e stanno quasi a suggellare il suo passato povero che ha trovato nella cultura classica e nella parola la carta vincente. Nonostante tutto la scrittrice nata a Macchia di Giarre e residente a Gela, continua a sentirsi un “clandestino in patria”.
Il mito è dunque parte integrante della sua vita, sospesa tra la magia della letteratura e la più cruda verità da cui lei stessa si sente spesso soppiantata:
“Io non cerco nessuna bella scrittura – ha detto l’autrice- sono solo iperfagica di emozioni e di verità. Dal terrazzo di casa mia vedo le alte ciminiere, di notte mi appaiono come l’albero maestro della nave di Ulisse, ma il giorno dopo rutteranno i loro veleni anche su di me”.
Autore : Lorena Scimé
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