|
notizia del 13/07/2013 messa in rete alle 22:31:02
|
Cucina e letteratura come Archestrato di Gela
Pare che siano due le funzioni principali della vita: la propagazione della specie e la nutrizione. La nutrizione che spesso e volentieri, con la crisi in atto, porta alla disperazione, ma, sotto altri aspetti, dà anche piacere perché, superando gli ostacoli contingenti, si prova compiacimento e si canta vittoria.
Altra funzione inconscia dell’uomo è rappresentata dal sogno: quello ad occhi aperti e quello ad occhi chiusi. In entrambi i casi ci aiuta a vivere: a modo nostro, con piacevole abbandono, fra tristezza e felicità; dall’accendersi delle stelle ai primi chiarori dell’alba.
In tale lasso di tempo alcuni sogni svaniscono, mentre altri prendono forma e riescono a realizzarsi.
E’ il caso del gelese Renato Collodoro (nella foto), che ha sognato di aprire non una banca, o un castello incantato, o una cattedrale, o un campo di calcio o di tulipani a stelo lungo, a un ristorante. Ed ha scritto un libro, uscito pochi mesi addietro a Torino, che ha per titolo Il sogno di aprire un ristorante e come sottotitolo… e di non chiuderlo prima di svegliarsi!
Collodoro, in verità, non se l’è cercato di proposito, ma semplicemente gli è capitato, e senza nessuna pretesa ha scritto questo libro. Ristorante vuol dire anche cucina e sapere cucinare e, da buon gelese ha degli illustri progenitori che hanno operato in questo ramo, per esaltare il gusto degli alimenti naturali.
Basti ricordare Archestrato di Gela con il suo trattato gastronomico I piaceri della mensa attraverso i suoi frammenti del 330 a. C. tradotti con particolare acume da Silvana Grasso nel 1987.
Archestrato era – scrive la Grasso – maestro di lussuria, arbitro di stravizi, archegeta di dissolutezza… ossequioso solo ai comandamenti della gola e del letto... E ci propone una cucina semplice, genuina, assolutamente priva di sofisticherie.
Non è il caso del nostro Renato Collodoro per quanto riguarda la lussuria e tutto il resto, ma il suo intendere la cucina nella sua semplicità. E’ da sottolineare che il suo libro non è concepito come una filastrocca di ricette culinarie, come proliferano sui giornali e nelle televisioni a basso contenuto di idee.
Il suo è un libro-album di 150 pagine, un aggregato di “melodie” le quali non aspettano che l’interprete capace per essere incarnate in prodotti d’arte squisiti e commestibili.
Pagine come ricerca anche storica, che slarga da una buzzonaglia di tonno, alla gestione di un locale e al leasing; dall’apparente banalità nel girare una frittata all’arte di “confezionare emozioni, invenzioni evocazioni, suggestioni…” come nella fantasia di un Sandokan nella Malesia. Renato Collodoro si può considerare anche un passionario: del sogno e del palato; e non considera peccatori “chi ha tempo da perdere (!) fra fornelli, scritture specialistiche e sogni. Un Archestrato moderno che ha saputo realizzarsi anche attraverso queste pagine accattivanti e... gustose.
La composizione delle sue pietanze contengono, in ogni caso, tutte le essenze mediterranee.
Dai prodotti della terra sicula a quelli marini; quest’ultimi conditi con le essenze di paranze, di abissi, di salsedine. Perché le sue radici geloe gli consentono una variegata appropriazione di elementi apparentemente primordiali: che i secoli non sono riusciti a scalfire. E sono questi gli elementi di ieri e di oggi, dei quali il nostro Collodoro, scrittore-gastronomico, ha saputo impossessarsi e, certamente, ha saputo trasmettere alle future generazioni, predisposte alla cultura della mensa e del sogno!
Autore : Federico Hoefer
» Altri articoli di Federico Hoefer
|
|
|
In Edicola |
|
Cerca |
Cerca le notizie nel nostro archivio. |
|
|
|
|