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notizia del 02/04/2013 messa in rete alle 20:54:16
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Architettura, questione di responsabilità e di... facciata
Comportamenti idonei alla crescita del sistema sociale, attenzione nei confronti dell’ambiente e capacità di innovazione sono alcuni degli obiettivi che si propone lo studio di architettura Barreca & La Varra. Ne ha parlato in maniera esaustiva uno due fondatori, Giovanni La Varra, durante la conferenza intitolata La città, il territorio, che si è tenuta venerdì 22 marzo nella terrazza del Tropicomed.
L’evento organizzato dall’associazione culturale Daterreinmezzoalmare, fa parte del ciclo di incontri previsti dal programma della rassegna Cunta 2013. Giovanni La Varra, architetto e docente di Composizione e Progettazione urbana alla facoltà di Architettura del Politecnico di Milano ha illustrato al folto pubblico presente i progetti seguiti dallo studio Barreca & La Varra, fondato a Milano nel 2008 assieme all’architetto Gianandrea Barreca.
Progetti che si caratterizzano per l’attenzione costante alle nuove tecnologie di costruzione e al loro impiego nella sperimentazione di un nuovo linguaggio architettonico e urbano in sintonia con i cambiamenti della società contemporanea.
«Il rapporto – ha detto l’arch. La Varra – tra l’architettura e il territorio si sta sfaldando. L’architettura è ormai considerata un oggetto di consumo veloce, che possa passare di moda. La costruzione dell’architettura va in parallelo con la costruzione di un’idea di società che la abitata e per decenni architetture ambiziose hanno cercato di orientare lo sviluppo della città e del territorio. Oggi però questi due elementi hanno sopraffatto l’architettura e le sue ambizioni»
L’architetto milanese ha iniziato la conferenza mostrando le slide del progetto Bosco verticale che ha curato in un’area dismessa del centro della stazione Garibaldi di Milano, e che si ricollega alle politiche di rinaturalizzazione delle grandi aree urbane e metropolitane. Si tratta di un nuovo modello di densificazione in altezza del verde e del costruito all’interno della città. Il primo esempio di Bosco Verticale è composto da due torri di 110 e 76 metri e ospita 900 alberi.
«Un edificio residenziale – ha commentato La Varra – che porta con sé una seconda pelle, costituita dalle vasche appese oltre il balcone di casa propria. Si tratta di un edificio scabro e semplice con un allestimento vegetale, e la facciata composta da alberi avrà vita a sé indipendente da quella delle torri che riveste, continuando ad appartenere a un mondo diverso, irriducibile a quello del cemento e della pietra».
Il trasporto di elementi di natura in un progetto edilizio, è stato adottato anche nella costruzione del nuovo ospedale di Garbagnate Milanese e nella Torre della ricerca Zip a Padova, dove un esteso prato verde si distende sulla superficie dell’edificio, seguendo il suo andamento che da orizzontale si trasforma in verticale. Ed è un giardino grande come un campo di calcio il tetto della sala macchine del nuovo ospedale Maggiore Policlinico di Milano, a due passi dal Duomo previsto dal progetto che si è aggiudicato nel 2007 il primo posto di un concorso internazionale. Si tratta dell’ennesimo ampliamento di una storia ospedaliera nata circa seicento anni fa. Il giardino in questo caso, copre una piastra centrale dove al di sotto delle macchine, si concentrano le sale operatorie e ambulatori.
«La piastra – ha asserito l’architetto – in tal modo diventa uno scrigno che protegge le funzioni di maggiore protezione dall’esterno, ai suoi lati si elevano due edifici gemelli, snelli e vetrati , dove i degenti potranno guardare il giardino senza sapere ciò che in esso si nasconde».
Arte e natura rappresentano non solo una ricerca personale intensa e suggestiva ma soprattutto uno dei nodi dell’evoluzione dell’architettura internazionale. La natura diventa parte integrante del progetto architettonico, muri esterni compresi
Risale al 2001, quando ancora Giovanni La Varra faceva parte dello Studio Boeri assieme agli architetti Gianandrea Barreca e Stefano Boeri, il progetto di riqualificazione e ampliamento dell’area occupata dai vecchi uffici e dagli stabilimenti tipografici di Rcs, che si trovano nella parte nord-est di Milano, nei pressi del fiume Lambro. Insieme i tre architetti hanno realizzato l’edificio C, un corpo basso a corte aperta che si conclude, verso il Lambro, con una torre di diciotto piani. Nel 2007, mentre il personale di Rcs comincia a occupare gli spazi di lavoro nella torre, inizia la progettazione del comparto B5, da parte dello Studio Barreca & La Varra.
«Il comparto – ha commentato La Varra – assume la forma di un parallelepipedo di cinque piani avvolto da facciate di vetro che, nella loro composizione, richiamano l’immagine di un codice a barre. Sono le facciate l’elemento centrale del progetto: un dispositivo che permette all’edificio di istituire un preciso rapporto con lo spazio urbano al suo contorno».
L’architetto ha sottolineato come in Italia siano in aumento le zone caratterizzate dal disagio abitativo. In modo particolare è in crescita un fenomeno di forte spopolamento dei borghi di piccole dimensioni e sugli Appennini e sulle Prealpi sono ormai più di 300 i borghi fantasma. Dall’altra parte il Governo ha in progetto un nuovo Piano Carceri che dovrebbe riprodurre modelli di edilizia carceraria già consolidati.
«Se provassimo a guardare insieme – ha detto l’ospite – i problemi dell’affollamento carcerario e quelli del disagio abitativo che caratterizzano i borghi fantasma e paesaggi in abbandono, si potrebbe immaginare una nuova forma di spazio carcerario che non riproduca solo modelli di recinti e padiglioni da costruire ai margini delle città, ma piuttosto una forma di borgo-carcere per la creazione di piccoli nuclei della detenzione dove scontare la pena, un luogo che offre una maggior ricchezza all’esperienza della costrizione e un nuovo presidio del territorio e del paesaggio. In tale modo una parte della pena potrebbe essere impiegata al recupero del territorio».
La post fazione è stata curata dall’architetto Franco Porto, presidente sella sezione InArch Sicilia dell’Istituto nazionale di architettura, che ha sottolineato come nel rapporto tra uomo e ambiente si sia messo in atto un processo di responsabilizzazione, assolta dall’architettura. Ben vengano allora tutte le provocazioni possibili, compreso la facciata del Bosco Verticale, che può considerarsi una piccola rivoluzione e che porta all’integrazione tra habitat e essere umano. «Un tipo di architettura che è diventata interessante per gli altri, ma che trova poco spazio in Italia» ha concluso La Varra.
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Autore : Filippa Antinoro
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