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notizia del 18/09/2009 messa in rete alle 20:48:57
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Gianni Cravana, un intreccio di musica e vita
Sembra quasi incomprensibile come un singolo strumento possa creare suoni d’effetto, così armonici, inaspettatamente melodici e suggestivi. Sonorità trascinanti dai contorni caldi e definiti. Spesso fra tutti gli strumenti è quello che meno viene considerato fondamentale. E’ in grado di proporre sfumature, quasi impercettibili ai non intenditori. Lo strumento in questione, dalle affascinanti quanto insolite caratteristiche, è il basso. Per definirsi bassisti non esistono tempi precisi di studio, ma un innato talento comprensibile solo mettendosi alla prova. Lui ha avuto la fortuna di capire che questo strumento, avrebbe fatto parte della sua vita.
E’ Gianni Cravana, (nella foto)/i> il giovane bassista gelese, che oggi ci parla della sua esperienza ventennale. La musica è il mondo nella quale si rifugia, soprattutto nei momenti difficili. Suonare il basso gli permette di esprimersi, di trasmettere emozioni, come meglio sa fare. A circa 9 anni viene attirato dalla batteria, uno strumento dalle caratteristiche affascinanti. E’ ancora adolescente quando riceve in regalo la prima batteria, da lì si immetterà nel variegato mondo della musica. Una fortuita co-incidenza, un caso del destino forse, lo vuole al basso all’interno di un gruppo.
Doveva solo sopperire alla mancanza di un bassista, e invece oggi è un musicista a tutti gli effetti. Ad instradarlo allo strumento è Rocco Cerro (un passato da chitarrista e poi tastierista di una band fine anni Sessanta). Di lì a poco, l’amore per questo strumento lo condurrà a diventare un bassista a tempo pieno. Descrive quasi con l’emozione di allora, le prime esibizioni in pubblico e il batticuore provato. L’altra passione del giovane Gianni Cravana, è il disegno artistico. Spesso i sogni di bambino non sempre si intrecciano con la realtà. Con molto spirito di sacrificio cerca di conciliare il suo grande amore e il lavoro che svolge. L’attività di responsabile del settore ricambi e accessori presso la sede gelese dell’azienda Fiat, lo impegna molto. Ma il tempo per la passione di sempre, lo ritaglia se necessario nelle ore notturne e nei week- end. Un ragazzo introverso, timido e riservato. Preferisce di gran lunga i concerti che le discoteche, quest’ultimo, ambiente poco adatto al suo modo di essere. Impossibile da rimuovere fra i suoi ricordi, l’esibizione all’oratorio. Un percorso formativo iniziato frequentando il Cesma, gruppo unito nella preghiera e nella condivisione di passioni e hobby insieme ai coetanei. Quasi una paradossale contraddizione che Gela non abbia la cultura della musica dal vivo, che spesso invece esiste in realtà più piccole. Tasto dolente per tutti i giovani musicisti di talento, che in questa città ci credono realmente.
– Durante il percorso musicale che ha affrontato c’è una esibizione che ricorda in modo particolare?
«Si, penso di si. Mi riferisco alla prima esperienza che è stata di un certo livello. Appena sedicenne venni contattato dal manager di un noto gruppo gelese, i Synthesis, che era in cerca di nuovi elementi. Esperienza di grande valore, il confronto con musicisti professionisti dalla quale poter imparare, mi è servito molto. Ero un ragazzino alle prime armi, ritrovarsi a suonare insieme a musicisti esperti è stato fantastico. Spesso mi sentivo inadeguato al ruolo».
– Avendo una personalità introversa, come ha vissuto l’inserimento in un gruppo?
«Non è stato semplice. Avevo problemi ad interagire col gruppo. Quei musicisti erano per me dei mostri sacri. Col tempo, con il loro aiuto sono riuscito ad integrarmi bene e a sentirmi a mio agio. Suonare questo strumento mi ha aiutato a superare molte paure ed ansie. Quando mi esibivo, la timidezza spariva».
– Pensa che nel contesto gelese manchi la giusta considerazione nei confronti di chi suona questo strumento?
«Si. Spesso purtroppo il basso esercita solo la funzione di supporto alla batteria, e questo porta ad una considerazione errata. E’ uno strumento fondamentale in un gruppo, supporta in maniera rilevante le melodie. Attraverso il basso fuoriescono sfumature e accenti sonori particolari. Molti lo considerano come uno fra gli strumenti più semplici da suonare, non è così. In alcuni casi prevede il suono di una singola nota, questo porta all’idea che chiunque possa suonarlo”.
– Come per altri strumenti, ci sono tipologie di basso diverse?
“Certo. Si parte dal contrabbasso per arrivare al basso elettrico o al basso acustico. Quello elettrico a sua volta comprende sotto- tipologie diverse. Varia soprattutto nel numero delle corde. Quello standard è il basso a quattro corde. Io uso molto quello a cinque corde, che permette risultati armonici molto più ampi. Ci sono quelli a sei, sette corde per chi vuole ottenere risultati particolari. Cosa fondamentale è il contesto nella quale lo strumento viene suonato. Utilizzo anche il basso elettrico, quello a 4 corde e quello senza tasti che richiama molto il suono del contrabbasso che si usa solo in precisi contesti».
– Dove ha avuto modo di esibirsi?
«Con le varie band ho avuto modo di suonare in diverse città siciliane. Qualche anno fa ho avuto la possibilità di esibirmi a Roma e a Stresa. Quest’ultima è una delle esperienze che ricordo con orgoglio. Il contesto era quello di una serata di beneficenza, per aiutare una associazione umanitaria. Mi contattò l’amico Peppe Tringali, batterista di talento che si è trasferito nel catanese».
– C’è un bassista in particolare a cui si è ispirato nel corso della sua formazione musicale?
«Si, due in particolare con i quali sono cresciuto. Il primo si chiama Jaco Pastorius, il bassista per eccellenza. Il genio della sregolatezza musicale, scomparso in giovane età. Prima della sua entrata in scena, il basso elettrico era solo uno strumento di accompagnamento, con lui è diventato uno strumento solista. L’altro bassista fondamentale nel mio percorso è Marcus Miller, anche lui americano. Fra quelli italiani invece, che ho avuto il piacere di conoscere sono Massimo Moriconi e Dario De Idda con i quali ho studiato, quest’ultimo è nato come jazzista che suona nell’ambiente pop- italiano. Si è esibito insieme ai grandi nomi della musica».
– Quali sono stati gli studi musicali intrapresi per diventare un bassista?
«Ho studiato poco meno di 2 anni presso l’Accademia musicale siciliana di Piazza Armerina. Dopo aver appreso tantissimo dal maestro Daniele Camarda ho deciso di continuare al di fuori. Con lui sono cresciuto molto, spesso le sue lezioni diventavano un dialogo fra amici. Lui si esibisce in America, ha suonato insieme a grandi musicisti. In Italia è il bassista e l’arrangiatore di Ivan segreto, giovane partecipante al Festival Sanremese di 2 anni fa».
Autore : Martina La Gristina
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