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notizia del 25/11/2012 messa in rete alle 20:02:46
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Nuvole a Venezia”, il realismo sociale nell’ultima opera di Giovanni Iudice
La sua opera in un primo istante pare rientrare nella pittura esatta, ma a ben guardare si scopre che al di là del vero, vi è una realtà nascosta e intrigante. Una tendenza metafisica che è messa iconologicamente in evidenza nel suo ultimo dipinto Nuvole a Venezia e che segna per Giovanni Iudice (nella foto)una rottura con la figuralità dei suoi lavori precedenti, in cui emergeva comunque la tentazione, seppur celata, di decriptarne la realtà per svelarne il mistero. Un mistero del reale che si infittisce tanto più la sua resa è precisa e puntuale. Nuvole a Venezia è per l’artista gelese un’opera ancor più concettuale, fatta di realismo magico ma al contempo esplicito di una realtà parallela che coniuga due mondi: la Sicilia drammatica dei clandestini con una Venezia ormai non più da cartolina, ma attonita, lontana dai grandi eventi, e decadente dove ognuno porta la propria sofferenza.
Il realismo di Iudice è frutto di una meticolosa e attenta osservazione della realtà quotidiana, una rappresentazione sociale del momento, in cui il problema dei clandestini con le loro illusioni, disillusioni e speranze andate in fumo, diventa metafora dell’avanzamento di povertà che non riguarda solo la Sicilia ma l’intera nazione. Un messaggio universale di ricerca di libertà dal degrado, dalla sottomissione e indigenza, che non conosce confine, come la migrazione delle nuvole, e che rappresenta la contemporaneità del nostro Paese. In tal senso l’artista si definisce un “termometro della realtà” e l’arte diventa un “registro dell’emotività”. Nuvole a Venezia è in esposizione fino al 6 gennaio nelle sale della Rocchetta del Castello Sforzesco di Milano e fa parte di Homo Faber. Il ritorno del fare nell’arte contemporanea, una mostra collettiva di trenta opere di artisti contemporanei noti a livello nazionale e internazionale che mettono in luce il ritorno a un concetto di bellezza che passa attraverso una grande abilità e una profonda conoscenza di tecniche e materiali: una cultura artigianale che vede l’artista contemporaneo avvicinarsi al concetto di homo faber rinascimentale. Non a caso si è scelta la fortezza viscontea, luogo inedito per l’arte contemporanea, dove sono custodite le più importanti testimonianze di un’arte nata come espressione delle botteghe artigiane dal medioevo al neoclassico.
«La pittura di Iudice – ha dichiarato Mimmo Di Marzio, curatore di Homo Faber – è molto interessante e ben si adatta al concept di questa mostra in cui si tende affermare il primato dell’abilità tecnica degna del laboratorio rinascimentale, che non significa rivolgere uno sguardo al passato in antitesi con il progressismo concettuale, ma introdurre nei linguaggi avanguardistici e sperimentali il manufatto. Il suo dipinto di grande perizia tecnica, pur scegliendo soggetti metafisici con elementi paradossali, quali i barconi, fa un chiaro riferimento alla Venezia del ‘700 di Canaletto. Ne viene fuori un’opera raffinata e attenta. Giovanni Iudice – ha continuato il curatore – è attento al lavoro di qualità e la sua arte pur rimandando mentalmente alla fotografia, non è iperrealista».
Quello di Giovanni Iudice è un realismo che riflette il sociale. Da una dimensione intimistica, domestica con nudi di donne nell’orto o in camera da letto ritratte con grande capacità di introspezione intima, mantenendo quella fredda osservazione lontana dal perverso voyerismo di Lucian Freud, l’artista gelese è passato alla riflessione della condizione umana e esistenziale dei clandestini con le loro inquietudini e frustrazioni, attraverso un linguaggio realistico che permette di esprimere quella che egli stesso definisce la verità dell’immagine.
«L’arte – ha affermato Iudice – affronta una sfida più ostica rispetto alle rappresentazioni più accessibili, che è quella del rispetto sia dell’ordine tecnico che di quello morale. Essa attraverso un’iconologia in linea con la tradizione, deve riflettere una condizione sociale, che nel caso degli immigrati è la flagellazione come condizione universale dell’uomo, che esula dalla territorialità».
Iudice ha sempre posto al centro del suo lavoro le fragilità dell’animo umano e le incertezze che attanagliano l’esistenza. Il clandestino immagina la terra promessa, spera e si illude, ma davanti ha solo il vuoto. In Umanità, l’opera esposta alla 54ª Biennale di Venezia, il verde dell’indumento indossato dal migrante in quella notte consumata in una spiaggia, che qualcuno ha prefigurato come la speranza, è la risposta al disagio nell’integrazione e nell’estremismo, una provocazione nei confronti del partito bossiano. Nulla è affidato al caso. Il pittore entra in contatto con ciò che descrive senza lasciarsi sfuggire nessun particolare di quanto contraddistingue il soggetto, senza sottostare alla rigidità fotografica e ridando alle cose il loro fascino segreto. Di fronte alla sorprendente ricchezza di particolari e alla nitidezza dei suoi lavori, esito di uno scrupoloso studio del soggetto e di numerosi passaggi esecutivi che insieme determinano la trama del dipinto, l’osservatore è chiamato ad un coinvolgimento visivo e psichico che trasforma l’esperienza estetica in una vera e propria ricerca della verità.
Considerato dalla critica nazionale e internazionale uno degli artisti più interessanti del momento, le sue opere sono state acquistate dai più grandi collezionisti italiani di arte contemporanea, ma Iudice si mantiene lontano dal circuito mediatico e continua a vivere nella sua Gela.
«Tanti artisti siciliani – ha commentato Mimmo Di Marzio – rimangono legati alla loro terra, perno delle loro opere, e il mediterraneo rimane sempre un riferimento per loro, anche se con la globalizzazione non esiste più un’arte regionale. L’isola è in questo momento fucina di artisti molto interessanti come lo stesso Giovanni Iudice, Fulvio di Piazza o Andrea di Marco».
Consulente per le arti figurative l’estate scorsa durante Artesiana 2012, una serie di incontri con le varie forme d’arte presso la Villa del Casale di Piazza Armerina, Giovanni Iudice è per la nostra città una risorsa che potrebbe rappresentare un’opportunità di crescita culturale, in un contesto dove mancano totalmente i luoghi di fruizioni dell’arte. Risorsa che però non viene sfruttata. Considerato il suo lavoro come la continuità dell’opera di Guttuso, intellettuale concettuale realista, Iudice si differenzia dall’artista bagherese, perché si è sempre mantenuto lontano da influenze politiche e ideologiche e ciò ha portato ad apprezzare il suo lavoro in maniera oggettiva.
Autore : Filippa Antinoro
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