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notizia del 13/10/2004 messa in rete alle 18:30:32
Eschilo ignorato dai potenti
E’ stato felice il titolo scelto per la 3ª edizione del concorso nazionale “Eschilo a Gela” avente per tema Lo spirito della tragedia “I Persiani” di Eschilo, mette in risalto la condanna della prepotenza e l’elogio della moderazione e della giustizia, e Serse, con il suo cieco orgoglio, è esempio di Hjbris punita.
Alla cerimonia di premiazione della settimana scorsa, una volta tanto, non erano presenti i rappresentanti “letti dal popolo”né le altre “personalità” presenzialiste a manifestazioni del genere.
La sala del liceo Eschilo era occupata da un pubblico amante realmente della cultura e sensibile ad ogni forma d’arte che si configurano come patrimonio spirituale.
Quel patrimonio lontano anni luce dagli pseudi reggitori votati al contingente e materialistico utilitarismo di comodo di marca epocale.
Come è notorio il poeta modicano Salvatore Quasimodo fu uno dei maggiori e prestigiosi traduttori delle opere di Eschilo, soprattutto in Italia; e fra questi bisogna annoverare anche Ettore Romagnoli.
Per la verità Eschilo è stato poco amato in patria; la sua sintassi, la sua “arcaicità” ha inasprito i filologi elleni per moltissimi anni. Forse perché era Pindaro che affascinava il pubblico della Grecia.
Soltanto i poeti mediterranei potevano rileggerlo per valutarne la grandezza scavando negli anfratti dei suoi versi allusivi, carichi di patos e di sconfinata libertà di pensiero.
Quindi fu il Romanticismo a riportare il peso della sua poesia teatrale nel destino degli uomini; quel Romanticismo colto dall’attento studio di Nicolò Di Fede e da Salvatore Quasimodo attraverso le sue traduzioni dall’originale lingua greca. Tali studi e traduzioni sono valide fino ai giorni nostri: così antiromantici e privi di ogni etica morale. Oggi il destino degli uomini (Eschilo avrebbe parlato di “fato”) è nelle mani di pochi, quasi sempre afflitti di mania di grandezza ed alla ricerca di traguardi di natura economica.
Ai nostri giorni le guerre, le stragi, le ingiustizie, pare che rappresentino un diversivo per alcuni “grandi”; e ciò avviene ad ogni latitudine e sotto tutte le bandiere.
Ma Eschilo, già al suo tempo, afferma che “dalla terra i morti gridano con ira rimproveri di sangue contro gli uccisori…”.
I morti del secolo appena trascorso e quelli del 2004 gridano anch’essi, come ai tempi di Eschilo e delle sue tragedie, “I Persiani” compresi.
In questa sua opera teatrale l’ammonimento etico è così evidente che se pur il gelese di adozione non avesse insistito su tale peculiarità, l’ammonimento sarebbe balzato fuori da ogni verso della tragedia.
Il Re Serse, uno dei personaggi, con il suo cieco orgoglio, Eschilo lo colloca fra i protagonisti chiave della sua tragedia; precorrendo, così, altre morti violente, altri assassini perpetrati da uomini as-setati di potere!
La filosofia di Eschilo, attraverso il gioco della simulazione giunge alla verità.
“I Persiani”, nelle singole scene, hanno una solennità maestosa, ed i caratteri dei personaggi sono elevatissimi e quasi simboli di idee.
La sublimità dello stile è pari, forse, a quella di Pindaro che fu il più grande poeta lirico dell’antichità (basti ricordare le undici odi olimpiche che compose per i vincitori delle Olimpiade di quel tempo, e ricordate ad Atene il mese scorso per le Olimpiade moderne.
Eschilo incontra Pindaro in Sicilia; con lui parlò de “I Persiani” a Siracusa e della morale-monito insita nella tragedia; poi venne a morire a Gela!
Purtroppo la lezione de “I Persiani” pare che non sia servita molto: se oggi succede quello che succede.
Il Papa Karol Wojtyla che fu un uomo di teatro, a Cracovia in Polonia studiò anche Eschilo e, forse, sulla scia di quelle letture eschilee ha scritto recentemente: “Oggi, specialmente nell’epoca della cosiddetta globalizzazione, è nostro compito coltivare le sane tradizioni, favorendo l’ardimento dell’immaginazione e del pensiero (rivolto anche al teatro), e un affettuoso rispetto del passato… sotto forma di antiche parole, di antichi segni, di memorie e usanze ereditate dalle precedenti generazioni…”.
Tutto ciò si collega a questo nostro tempo così esposto a suggestioni mutevoli e contraddittorie.
E l’opera di Eschilo, precede di secoli la filosofia del Pontefice polacco.
Ma risulta evidente che il teatro, la poesia, racchiudono determinate verità che sfidano i secoli, anche se ignorate dai superficiali e temporanei reggitori del potere.
Autore : Federico Hoefer
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