|
notizia del 20/05/2012 messa in rete alle 18:11:06
|
L’altra faccia del cinema
Di cinema, in modo particolare quello d’autore, e di tutto ciò che ruota attorno ad esso si è parlato venerdì 11 maggio al Tropico Med, durante l’incontro con Luisa Morandini (nella foto), una delle più grandi esperte di cinematografia in Italia, autrice assieme al padre Morando del celebre Morandini, il dizionario dei film diventato vera bibbia per gli amanti del grande schermo.
La conferenza, organizzata dall’associazione Daterreinmezzoamare e inserita come penultimo appuntamento della rassegna Cunta 2012, è stata introdotta dall’imprenditrice e organizzatrice di eventi culturali ennese Nietta Bruno che ha definito la regista milanese come «una volontaria culturale in un momento in cui la cultura non fa cassa».
«Il cinema, così come il teatro, non è puro intrattenimento – ha detto la Morandini – ma è soprattutto uno strumento culturale che può essere molto utile sia a livello individuale all’interno della famiglia, sia a livello scolastico, se inserito in un progetto articolato».
La passione per il cinema è nel suo dna, una passione innata per le ombre che si muovono sullo schermo, che ha ereditato dal padre, il grande critico cinematografico, e che ha affinato non solo con la visione delle pellicole sul grande schermo, ma anche con la lettura e l’attenzione costante alle tendenze e agli stili cinematografici.
«Fin da piccola vedevo Chaplin, Keaton, Stanlio e Ollio – ha detto la Morandini – a casa nostra, le punizioni per marachelle, erano da una settimana a un mese senza cinema, a seconda della gravità del misfatto».
La Morandini nel suo ruolo di critico non ha potuto non sottolineare come in Italia molti film di qualità incensati dalla critica spesso vengano maltrattatati dalla distribuzione. È successo quest’anno a Cesare deve morire dei fratelli Taviani e ad un altro grande film italiano della scorsa stagione, Noi credevamo di Mario Martone. Tra l’altro il film dei Taviani poteva contare sul traino della clamorosa vittoria dell’“Orso d’oro”, la prima dopo oltre vent'anni.
«I film da festival – ha affermato il critico cinematografico – non vanno distribuiti perché si pensa che non abbiano pubblico. Ma non è affatto vero che la gente si rifiuta di vedere i film d'autore. Bisogna dargliene la possibilità, investire sulla cultura, avere il coraggio di rischiare e credere nel valore artistico di un film indipendentemente dal risultato strettamente numerico, altrimenti non solo non avremo dato al film il giusto risalto che merita, ma non abbiamo nemmeno creato le condizioni economiche per permettere ai produttori di reinvestire in ulteriori opere».
Del resto quello che succede in Italia appare abbastanza assurdo se paragonato con ciò che succede in un paese nostro vicino di casa: il film iraniano Una separazione, vincitore dell'Oscar come miglior film straniero e acclamato in tutti i festival del mondo, in Francia ha sbancato i botteghini. Questo perché i parenti d'oltralpe hanno un'attenzione e un rispetto per la cultura che da noi non esiste. La stessa Morandini ha scelto, nel proprio percorso artistico di regista, film di nicchia e di denuncia sociale.
«Ho appena girato un docu-film sull’associazione Mangwuana che porta energia fotovoltaica con investimenti ridotti alle piccole comunità del Madacascar – ha commentato l’ospite – non importa se ciò sarà visto in mille purché serva anche solo e soltanto ad una sola persona».
Il critico ha inoltre dibattuto su quanta gloria effettivamente venga tributata di solito ai registi e agli attori, facendoci spesso dimenticare il fondamentale apporto degli sceneggiatori.
«Lo staff che contribuisce alla realizzazione di un film – ha aggiunto la Morandini – passa praticamente inosservato agli occhi dello spettatore, ma in realtà proprio questo differenzia un flop da un’opera d’arte».
Il ruolo del critico cinematografico è quello di esaminare il film in tutte le sue sfaccettature.
«Si tratta di un voyeur introverso – ha riferito la regista – uno che va da solo al buio a spiare i fatti degli altri per poi riferire quello che pensa».
L’ospite ha concluso il suo intervento sottolineando che «il critico è un parassita che vive sulle spalle degli altri, può stroncare un film ma non deve mai offendere l’intelligenza della spettatore». Il cinema è una grande stanza buia dove potersi estraniare per circa due ore entrando in quella che Eco definisce realtà alternativa rispetto a quella che si vive tutti i giorni e che gli provvede il materiale grezzo. Le immagini in movimento presentate allo spettatore sono reali e capaci di far prendere corpo ai desideri più irreali, quelli che ogni individuo nasconde dentro di sé. Inoltre, quasi a ribaltare le teorie di Mac Luhan, il mezzo non è il messaggio. Ben vengano le rassegne di cinema d’essai che danno le possibilità di visione alternativa alla sala a tutti coloro che vogliono vedere film di nicchia. Il cinema non può e non deve morire di se stesso, chiuso orgogliosamente nel suo passato. Viva il cinema, ovunque lo possiamo vedere e discutere: anche questa è democrazia.
Autore : Filippa Antinoro
» Altri articoli di Filippa Antinoro
|
|
|
In Edicola |
|
Cerca |
Cerca le notizie nel nostro archivio. |
|
|
|
|