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Corriere di Gela | I giornali umoristici con i politici sotto tiro
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notizia del 25/09/2011 messa in rete alle 18:03:56
I giornali umoristici con i politici sotto tiro

Durante la dittatura fascista (e il secondo conflitto mondiale) si stampavano in Italia dei giornali umoristici con delle battute che facevano divertire. Ricordo alcuni titoli: “Il travaso delle idee”, “Il Marc’Aurelio”, “Il Bertoldo”, “Il 420”, “Il becco giallo”, ed altri.
Vi collaboravano bravi umoristi come Giovanni Mosca, Alberto Cavaliere, Giovannino Guareschi, Federico Fellini, Vittorio Metz, Attila, Steno, Marchesi, Barbara ed altri.
Durante la guerra si sforzavano di far sorridere i lettori sulle nostre disgrazie. Mussolini voleva così. Lo spazio di libertà concesso agli umoristi era asfittico, ristretto.

Le vignette di “Candido”, “Il Bertoldo”, “Il 420” riuscivano a divertire, superando a volte i limiti imposti dal regime. Naturalmente gli argomenti politici non venivano toccati, come se non esistessero.
Le generazioni del dopoguerra poco sanno di questa mordacchia e sconoscono anche i nomi di questi autori della satira sui giornali che abbiamo citato.

Dopo il secondo conflitto mondiale questi giornali umoristici sparirono d’un colpo. Ma le vignette non sono morte, rivivono sul “Vernacoliere”, mensile umoristico che si stampa a Livorno. Con l’attuale democrazia è stato tolto il bavaglio alla stampa e la libertà di satira è ritornata come una cartina di tornasole. E’ anche risaputo che la satira è considerata un correttivo alla durezza del sistema politico.

Oggi le battute satiriche che fanno divertire gli italiani non si scrivono sempre sui giornali, ma sono privilegio degli uomini politici. Se ne sentono tutti i giorni e di tutti i colori; a volte certe battute sbalordiscono e quando sono di grossa misura il responsabile (incredibile a dirsi) le rimangia, affermando “Io non ho detto così, i giornalisti hanno interpretato male quello che ho detto”. Elenchiamo soltanto alcune frasi dette da due illustri politici: Il Premier e il Senatur.

Per Bossi, assertore del federalismo fiscale in salsa italiana, l’adesione alla moneta unica fu un “errore storico”. Dopo qualche giorno il Senatur affermò che l’euro era divenuto un’entità salvifica. Nel 1996 il leader della Lega, in fregola secessionista, affermò che col tricolore lui si puliva quella… cosa, che preferiva le note del “Va pensiero su l’ali dorate” all’inno nazionale “Fratelli d’Italia” e che non avrebbe partecipato ai festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia.

Nel 1999 il Carroccio minacciò la “rivoluzione” contro l’adesione alla nuova divisa. Definì Roma “ladrona” e voleva il trasferimento di quattro Ministeri da Roma a Milano.
L’immaginario leghista cambiò faccia in termini di norme sugli extracomunitari, l’esposizione del Crocifisso, il matrimonio fra omosessuali. Tra le battute divertenti e colorite del Senatur: quella del “celodurista”, del dito medio della mano, che è arrivata a segno e cioè sul ceto medio, del rito carnevalesco dell’acqua alle origini del Po, e tante altre mosse che hanno fatto divertire.

Passiamo il riflettore sul Premier, l’uomo delle promesse del bunga-bunga. Aveva affermato che i nostri conti erano solidi e che Tremonti li teneva sotto controllo, che la crisi non è soltanto in Italia, ma (consoliamoci) è planetaria e che il “male” italiano è lasciato ingrato del governo Prodi. Aveva affermato di non “mettere le mani nella tasche degli italiani”.

Un gesto buffo, anzi grottesco del presidente del Consiglio fu quando, nel 2010, baciò la mano a … Gheddafi, in visita di Stato a Roma, col suo corpo di guardia femminile, guardato con invidia dal Premier.

Oggigiorno molti suoi lettori non cantano più “Meno male che Silvio c’è”.
Il cavaliere malgrado tutto appare sempre sorridente, di tanto in tanto appare preoccupato soltanto per i processi di ogni tipo che gravano sulle sue spalle.

E l’attuale crisi economica, la stangata, chi la pagherà?
Noi, i nostri figli, i nostri nipoti. Viviamo in un periodo di borse che crollono, governi che non sanno più dove mettere le mani per pescare quattrini. Gli albergatori si lamentano di non segnare il “tutto esaurito”. Di esaurito c’è solo il conto in banca di tante persone e la striminzita pensione che percepiscono gli anziani che non arrivano a chiudere il mese.

Se fossero ancora “vivi” il “Marc’Aurelio”, “il “Bertoldo”, “il Candido” chissà quante battute frizzanti contro la politica odierna leggeremmo!.


Autore : Gino Alabiso

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