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Corriere di Gela | La vita straordinaria di Luigi Pirandello nell’ultimo libro di Matteo Collura
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notizia del 19/02/2012 messa in rete alle 17:57:14

La vita straordinaria di Luigi Pirandello nell’ultimo libro di Matteo Collura

Mercoledì 10 febbraio ha avuto luogo la presentazione del nuovo romanzo di Matteo Collura Il gioco delle parti: vita straordinaria di Pirandello, svoltasi nella sala “Eschilo” del museo di Gela.

A sponsorizzare l’evento, l’Unitre (Università della Terza Età), presieduta da Pina Arces Giordano, alla quale ho domandato:

L’autore, nato ad Agrigento, da molti anni importante firma del Corriere della Sera, oltre che autore di molti libri di successo, nel suo ultimo romanzo ha cercato di mostrare un Pirandello diverso da quello che conosciamo. La sua opera, infatti, cerca di ricostruire la storia del compaesano agrigentino con concisione e selezione dei fatti, attualizzando le maschere pirandelliane all’interno della società degli uomini e delle donne di oggi.

Giunto al museo ha chiesto di visitarne le tante meraviglie archeologiche custodite e della cui bellezza – come ha detto nel corso della serata – è rimasto affascinato. Ad accompagnarlo nella sua breve visita museale, il direttore del Parco archeologico e ambientale, arch. Salvatore Gueli.

Federico Hoefer in un suo intervento nel corso della serata l’ha definita un’opera “incandescente” fra dubbi certezze e continui interrogativi.

La città ha partecipato numerosa all’evento e alle ore 18 la sala si è riempita completamente, dando vita un vivace dibattito sulla figura di Pirandello, tra uomo e scrittore.

Presente anche il sindaco Fasulo, accompagnato dalla moglie.

Relatore Aldo Scibona che ha parlato del libro come qualcosa di “interessante”, precisando che nella sua scala di valori sia il massimo che si possa auspicare nel campo della letteratura.

Il libro si può definire, dunque, “interessante” per la sua importanza documentaria e stilistica: si nota subito l’empatia che sussiste tra lo scrittore e Pirandello. Anche l’impostazione scelta è degna di nota: si parte, infatti, dal 1934, anno in cui Pirandello riceve il premio Nobel per la letteratura.

Temi ricorrenti del libro sono l’amore per Marta Abba e la posizione assunta nei confronti del fascismo, a proposito del quale Collura ha elaborato due tesi, una accennata e l’altra più volte sottolineata all’interno del romanzo.

All’autore abbiamo posto alcune domande.

– Nel libro attualizza le maschere pirandelliane. Come mai pensa che ancora oggi si utilizzino delle maschere?

«Il teatro di Shakespeare parla degli uomini del suo tempo, che, pensano come quelli di oggi: questo è il privilegio che appartiene alle opere classiche. Pirandello è un classico del 900’, e nell’usare queste maschere parla del nostro bisogno di impostare un comportamento in base alle situazioni che ci si presentano».

– In passato ha scritto su Sciascia. Come mai ora ha puntato l’attenzione su Pirandello?

«Ho scritto una biografia di Sciascia mentre questo è più un romanzo, in cui c’è un processo d’identificazione da parte mia. Essendo scrittore ed essendo agrigentino, prima o poi avrei dovuto farlo, ho sempre rinviato e adesso era giunto il momento. Mi ha convinto definitivamente la lettura delle lettere che Pirandello inviò a Marta Abba, che fino a qualche anno fa erano sconosciute, anche se si sapeva già che fosse un grafomane. Così ho capito meglio Pirandello e ho compreso che coloro i quali lo avevano raccontato finora ne avevano nascosto, forse, le parti più importanti: per capirne le opere e i personaggi, infatti, bisogna conoscerne la vita».

– Rispetto alle altre opere cosa ha differenziato la stesura di questo libro?

«Non uso mai la parola “fatica”, però questo è stato un libro molto duro per me, perché mi ha sottoposto a un problema d’identificazione. È un romanzo in cui, in certi momenti, ho cercato di immedesimarmi in lui per capire meglio, ed è doloroso, perché la vita di Pirandello è spaventosamente complicata: era un uomo infelice che spesso cercava l’infelicità come motore per creare capolavori».

– Da trentacinque anni si è trasferito a Milano per lavoro, ma nei suoi romanzi si parla spesso di Sicilia. Come mai?

«Innanzitutto è il privilegio di fare il lavoro che faccio io; scrivendo di Sicilia, e facendolo in quasi tutti i miei libri, è come se scrivessi del mondo. Aveva ragione Sciascia nel dire che la “Sicilia è metafora del mondo”: se fossi stato toscano, avrei parlato della Toscana, ad esempio; anche se la Sicilia ha qualcosa in più rispetto alle altre regioni italiane. Non a caso ha prodotto tanta letteratura! Ha una storia e una condizione geografica che ne hanno segnato il destino: questo probabilmente spinge alcuni di noi a farci scrittori e a cercare di svelare questo mistero, che è la Sicilia».

– Ha appena visitato il nostro museo. Qualcosa l’ha colpita in particolare?

«Sì, il trittico che si trova nell’atrio del primo piano, che vale un viaggio: gli aggettivi in questo caso sono limitativi. Bisognerebbe farlo sapere, anche se non è facile, perché chiunque venga in Sicilia, è bene che veda, accanto agli altri siti archeologici, anche questo museo. Ci sono delle cose straordinarie e, inoltre, tutto è nato e cominciato da questa città».

A Pina Arces Giordano abbiamo chiesto perchèi la sua associazione ha scelto di presentare questo libro.

«L’Unitre – ci ha detto la presidente – si basa sull’attività culturale. Nel caso di Collura non è la prima volta che presentiamo un suo libro. Quest’ultimo è di grande valore, perché parla di Pirandello non soltanto come letterato ma come uomo».


Autore : Roberta Gerboni

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