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notizia del 12/12/2010 messa in rete alle 17:49:45
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Quei ragazzi d’onore
Il libro “Baby Killer – storia dei ragazzi d’onore di Gela”, scritto da Giuseppe Ardica (foto a destra) e presentato sabato scorso alla libreria L’Araba Fenice, ha riacceso i riflettori su un periodo che ha insanguinato la nostra città tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta. Il saggio racconta in particolare la strage della sala giochi avvenuta il 27 novembre del 1990.
Di quell’evento e di quei tragici anni insieme all’autore hanno parlato, Giovanni Giudice, capo della squadra mobile di Caltanissetta; Franca Evangelista, vedova del commerciante Gaetano Giordano barbaramente ucciso nel 1992; Renzo Caponetti, presidente dell’associazione antiracket intitolata proprio a Giordano. Ognuno dei relatori ha ricordato la sua esperienza raccontando dei loro incontri con “i giovani criminali gelesi”.
Molti ricordano l’atmosfera che si respirava in città in quegli anni, la paura di essere per caso vittima innocente, come maledettamente è accaduto, di un agguato mafioso. Oggi, fortunatamente, quello “tsunami di fuoco” è soltanto un tragico ricordo. Ma la storia di Gela di quegli anni meriterebbe una riflessione più attenta. E come non dedicare un pensiero a quei ragazzi che, “durante la guerra di mafia”, sono rimasti uccisi o sono finiti in carcere per tutta la vita
Molti “dei ragazzi d’ onore di Gela” non provenivano da famiglie notoriamente mafiose; sono stati piuttosto l’espressione tragica del disagio sociale che Gela ha sempre vissuto, anche prima che i mass-media ne amplificassero l’immagine di città simbolo della criminalità e del disordine sociale. Credo che ripensare a quegli anni con il paradigma dei “baby killer” armati da gente senza scrupoli desiderosa di fare “il salto di qualità”, da pastori a mafiosi, risulti limitativo. Penso, invece, che, nel “dramma sociale” della nostra città ci siano state e ci siano ancora oggi delle responsabilità, quanto meno morali, della società e della politica gelese.
Nel 1992 il Consiglio Comunale di Gela è stato sciolto per infiltrazioni mafiose; in quegli stessi anni,“l’esercito democristiano” si è dileguato; i notabili politici dell’epoca, Placenti e Damagio, sono scomparsi insieme alla prima repubblica. La risposta della “nuova Gela” è stata inadeguata: se si escludono le manifestazioni di piazza, il dialogo sociale e la partecipazione alla vita pubblica sono rimasti insufficienti. Dal 1994 - prima elezione diretta del sindaco - a Gela il predominio politico che fu della democrazia cristiana è passato agli eredi del partito comunista (Pds, Ds, adesso partito democratico), tra questi il sindaco della città. In questi anni la magistratura e le forze dell’ordine hanno svolto un grande lavoro di repressione.
Quanto invece alle azioni di prevenzione, di cui si dovrebbe occupare la politica, temo che siamo ancora molto indietro poiché Gela vive pienamente la grettezza culturale che caratterizza il suo agire politico. Non voglio, in questa sede, fare l’elenco delle cose non fatte, delle occasioni mancate, delle promesse non mantenute; dico soltanto che la città non è cambiata in meglio. Gli anni simbolo del fallimento amministrativo di Gela sono quelli in cui è stato sindaco Rosario Crocetta, il quale ha il grosso merito di aver portato Gela all’attenzione nazionale, ponendo la questione dei condizionamenti mafiosi nella politica e nell’amministrazione in modo molto diretto. Peccato che lo stesso Crocetta abbia amministrato il Comune di Gela in modo fallimentare. Ho grande rispetto per chi deve vivere scortato dalla polizia; riconosco a Crocetta indubbie capacità politiche ma lo ritengo un pessimo amministratore. Tuttavia lo invito ad impegnarsi, dal Parlamento europeo, a dare alla nostra città finalmente la possibilità di cambiare. La nuova amministrazione comunale ha l’obbligo di non perdere ulteriore tempo per fare il bene di Gela. Crocetta e Speziale, politici navigati, non pensino ancora a comandare, mettano piuttosto la loro esperienza a servizio della politica e della collettività locale in altri modi. Riceveranno per questo la nostra gratitudine.
Autore : Emanuele Antonuzzo
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