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Corriere di Gela | <i>Poesia religiosa</i>/Dal Friuli alla Sicilia, una poetica letteraria sociale e libera
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notizia del 09/03/2008 messa in rete alle 15:30:28

Poesia religiosa/Dal Friuli alla Sicilia, una poetica letteraria sociale e libera

Uno scrittore, un poeta in particolare, non dovrebbe essere allineato al conformismo dell’establishment cattolico, protestante o di altra fede religiosa, ma collocarsi in una posizione di assoluta indipendenza ideologica. Cioè essere libero e, possibilmente, “visionario”, “polemico” questo sì, e dotato di un patrimonio culturale dove anche l’utopia assurge a motivo di vitale partecipazione all’essere, fra sottili ed imprevedibili giochi di luci ed ombre.
A Gela, fra gli appartenenti a codesta categoria, possiamo annoverare uomini come Emanuele Gagliano, Virgilio Argento, Nunzio Vicino, Renzo Guglielmino, Giuseppe Corrao, Rocco Vacca, Adalgisa Russotto, Serafino Lo Piano, Rosario Medoro.
L’elenco, incompleto, non prende in esame le leve più giovani, ed è circoscritto a coloro che hanno dedicato nel tempo, e continuano a dedicare, la loro attenzione partecipativa all’arte poetica. Certo si è che la rilettura, la rivisitazione di un testo poetico di natura intimista-religiosa, in questa carrellata, anche a distanza di pochi anni, comporta una serie di riflessioni che non ci era dato considerare e soppesare durante una prima lettura.
Si può così ritornare su una poesia, su determinati testi, sulla base anche di un semplice ricordo, di un profumo inaspettato, di un’occasione improvvisa e misteriosa e non completamente scalfita dalla nostra mente, pur nella ineluttabile azione corrosiva degli anni. E siccome la poesia non ha confini, faccio un salto da Gela al Friuli.
“Sei tu che mi scruti e mi conosci, signore,/ è quanto mi basta ad essere me stesso:/ non ancora la parola mi suona alle labbra/ e già tutto il pensiero ti è noto, Signore//. Tu mi tieni per mano da sempre:/ su passato e futuro Tu incombi.”.
Sono versi del sacerdote friulano David Maria Turoldo (foto), nato a Coderno, in provincia di Udine nel 1916 e morto a Milano nel 1992.
Sapeva della poesia dei siciliani e dei gelesi del tempo. L’ho conosciuto (ed abbiamo subito benevolmente litigato) una sera di settembre del 1982 a Cagliari, in occasione di un convegno nazionale sulle letterature regionali. Che figura indimenticabile di uomo! Sanguino, culturalmente accattivante, simpaticamente disponibile al dialogo; una figura di gigante buono che aveva partecipato alla Resistenza e che era stato famoso in Italia per le sue omelie anticonformiste nel Duomo di Milano. Quella sera a Cagliari, fra gli altri, c’era fra noi il prof. Mario Sansone decano dei critici letterari italiani, le scrittrici Neria De Giovanni e Mariuccia Coretti, il prof. Gaetano Salveti, già presidente onorario dell’Accademia Eschilea di Gela, il poeta Carmelo Pirrera cantore degli zolfatai siciliani; c’erano anche il randazzese con don Santino Spartà di radio vaticana ed il critico letterario Luigi Tallarico. Con padre Turoldo discutemmo di testi poetici, di antologie e di “superiorità” regionalistiche.
Emersero, talvolta, incomprensioni che sfociarono nel parapolitico; talaltra eccedemmo nel vantare presunte supremazie etniche.
Per esempio: l’uomo nuragico sardo sapeva scrivere? La poesia dei gelesi e dei siciliani in generale era corposa e intrisa di religiosità e di malessere sociale come quella dei friulani? O non lo era? Con padre David Maria Turoldo, quella sera all’hotel Solemar di Cagliari, ebbi anche uno scontro dialettico su certe questioni linguistiche, religiose, e di carattere sociale. Fu soltanto un malinteso: perché subito dopo padre Turoldo andò a prendere dalla sua stanza una bottiglia di buon vino della sua terra, là dove risiedeva a Sotto Il Monte, nel bergamasco, dove dirigeva il Centro studi ecumenici Giovanni XXIII. Turoldo – è da ricordare – già con padre Camillo De Piaz aveva fondato in quegli anni la “Corsia dei Servi” nella città di Milano. La periodica rilettura delle poesie comprese in “Canti ultimi” di David Maria Turoldo, così come quella dei poeti gelesi sopra citati, contribuisce a rivalutare, pur nella precarietà esistenziale di questo 2008, la consistenza letteraria e poetica della poesia religiosa e di quella sociale, libere da condizionamenti ideologici. Queste particolari poesie investono problemi di duplice indole: estetici, in quanto ripropongono lo studio della poesia in termini di contenuti, e sociologici in quanto predispongono subito la mente verso una visione del mondo contemporaneo.
Risaltano nella poesia di Turoldo, ma anche in quella di Giuseppe Corrao“Oh, si! Ci rendi per magia più buoni,/ dolcissima chiesetta sconsacrata…” in (San Biagio); oppure in quella di Adalgisa Russotto “Procedo a fatica/ cercando Iddio. : Vorrei toccare l’oasi/ in quel miraggio,/ ma scorgo solamente un Cristo/ portare l’amara croce…/ “in (E spezzi l’infinito); oppure nel canto di Renzo Guglielmino “Cantano gli uomini e le dorate comete/ nel giorno dell’amore universale.” In (Natale). E poetica e sociale è anche la poesia in vernacolo dei recenti testi inediti di Rocco Vacca: “…Sti guvirnanti, cu téni u putiri, / mànginu a quettro jargi, senza funnu …/ ju preju a Tia Mmaculata/ e cco to si, nui semmu biniritti/”.
Per tornare alla poesia di Turoldo, almeno in buona parte di essa, tutte tendono a riproporre il dramma dell’uomo come attesa “dell’ultima certezza” e come aspettativa di una nuova epifania. In Canti ultimi, per esempio, sono presenti influssi di un certo Ermetismo (era la tendenza della poesia italiana al tempo della formazione culturale del sacerdote Turoldo, e dei poeti gelesi citati). Per Turoldo ne fanno fede questi cinque versi della poesia Vedrai: “Anima mia, non pensare/ male di lui: egli è impossibile/ fare altro./ E –vedrai!- / il male”.
La corrente ermetica italiana, attraverso la tematica religiosa, ha fornito una spinta interiore connaturata con le tendenze di determinati autori: per conferirgli un crisma di innovazione rivoluzionaria.
Un antesignano di codesta poesia fu san Francesco con il suo e nostro cantico delle creature. Rinverdire anche questo cantico non farebbe male a nessuno, vista l’esperienza di David Maria Turoldo e dei poeti siciliani verso Francesco; come si può leggere in un volume stampato a Palermo nel 1985 e che ha per titolo Tue son le laudi.


Autore : Federico Hoefer

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