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Corriere di Gela | Le opere di Benvissuto al ristorante Aurora
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notizia del 16/10/2006 messa in rete alle 14:44:09

Le opere di Benvissuto al ristorante Aurora

Mi ha presentato Giuseppe Benvissuto (foto) il suo compaesano Vincenzo Napolitano, in occasione della mostra “Sperone Arte 2006”, svolta a Gela dal 5 all’8 settembre, laddove i due pittori hanno esposto le loro opere.
Da quel momento ho incontrato Benvissuto altre due volte perchè mi aveva espresso il desiderio di esporre le sue opere presso la Sala esposizioni del Ristorante Aurora.
Mi ha dato subito di sé una grande impressione: una persona sincera, affabile, seria, innamorata dell’arte, bramosa di conoscere e capire, interessata a tutto ciò che concerne il mondo delle arti visive, sempre col sigaro tra le dita e il sorriso sulle labbra. Ascoltava molto attentemente gli altri e con garbo partecipava alla discussione con semplici osservazioni che facevano riflettere l’interlocutore.
Sono passate manco due settimane e, nel momento in cui doveva quagliare la sua personale di pittura, che Giuseppe Benvissuto, così desideroso d’Infinito, ritornava alla casa del Padre, lasciando sgomenti familiari e amici.
A nemmeno di un mese di distanza, il Centro di cultura e Spiritualità Cristiana “Salvatore Zuppardo” lo ricorda con gratitudine, proponendo alla nostra città una sua mostra personale nei locali del ristorante Aurora.
Giuseppe Benvissuto, che ha alle spalle diverse mostre personali in molte città italiane, scrisse in un depliant: “Mi piace aspettare l’alba o il tramonto, perdermi in loro per naufragare in un’isola… e poi ritrovarmi a dipingere fin quando avrò forza… con il mare davanti!”.
E ci ha lasciato opere d’infinita bellezza, che lasciano palpitare il cuore all’osservatore. Immagini di visioni irraggiungibili, di sensazioni, di attimi d’infinito che lasciano il segno e chiama gli occhi, la mente, il cuore a cercarli. Immagini sognate che rimandano al mistero della vita, al mistero dell’Infinito che appartiene solo a Dio. Anche perché il mistero del limite e del finito sono per noi oggetto di esperienza immediata e quotidiana. Infatti l’usura del tempo e la prospettiva della morte pongono il loro sigillo sulla nostra esistenza, cosicchè di fronte allo spazio la nostra esistenza può sempre spostare la rappresentazione di un limite ultimo.
Certamente Giuseppe Benvissuto ha descritto in queste sue opere la sua interiorità, la coscienza della sua dimensione spirituale che lo ha portato a spingersi verso quella nostalgia d’infinito che è testimonianza della nostra natura spirituale che ci porta a riconoscere che siamo fatti per Dio: “Ci hai fatto per Te e il nostro cuore è inquieto finchè in Te non trova pace” (Agostino, Confessioni 1,1).
Benvissuto si commuoveva di tanta bellezza che la natura gli offriva e stava a contemplare l’immensità del mare o enormi distese di paesaggio o di cielo mettendo in evidenza la finitezza dell’uomo rapito dalla visione che gli stava dinanzi. E si sommergeva nella sua solitudine esistenziale, incapace, qualche volta, di comunicare e di dare un significato al suo esistere. E si immergeva sulla raffigurazione del Tempo che “inflessibilmente passa” confrondandosi con l’Eternità che lo attendeva.


Autore : Emanuele Zuppardo

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