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Corriere di Gela | I segni del cambiamento
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notizia del 03/04/2011 messa in rete alle 14:19:29

I segni del cambiamento

I temi delle manifestazioni che si stanno svolgendo a Gela in questo periodo dimostrano una certa sprovincializzazione culturale della nostra città. Accade così che nello stesso giorno si parli di due argomenti di carattere internazionale, la guerra in Libia e l’Expo di Milano 2015, segno che il livello del dibattito proposto sta continuamente aumentando. Anche questa settimana ho fatto il solito giro tra convegni, seminari e presentazione di libri, traendone interessanti spunti di riflessione. Un dibattito sull’attuale situazione nel Nord-Africa, compresa la guerra in corso in Libia, si è svolto venerdì 25 marzo alla libreria L’Araba Fenice. Della storia recente del Maghreb e del grido di pane, dignità e rabbia che proviene dai popoli di quella regione, hanno discusso Antonio Mazzeo, giornalista e inviato freelance; Paola Ottaviano, avvocato esperta di diritto extracomunitario; Messaoud Kabachi, algerino che vive a Gela; Ghizlane Taissire, giovane marocchina che lavora nella nostra città.

Alla fine della discussione è emersa la miserabile impotenza che stanno dimostrando l’Italia e l’Europa nella politica euro mediterranea, nonché la voglia di libertà dei cittadini di quella zona del mondo che hanno un’ età media di 26 anni, un livello d’istruzione elevato e un’arma rivoluzionare a disposizione: il computer e la rete internet. I sogni dei giovani maghrebini sono apparentemente diversi da quelli espressi, sempre lo sorso venerdì al tropicomed, da Adriano Gasperi, segretario del comitato scientifico di Milano Expo 2015. Ospite dell’associazione daterreinmezzoalmare, Gasperi ha parlato della nascita dell’idea di competere per l’esposizione internazionale del 2015 e del tema proposto, che mette al centro dell’universo l’Uomo, dal titolo significativo “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Gli obiettivi della manifestazione, che si terrà tra quattro anni, riguardano: la sicurezza alimentare del mondo; la sconfitta della fame, delle carestie e delle pandemie nel mondo che attualmente coinvolgono 850 milioni di persone; la prevenzione delle grandi malattie della nostra epoca; lo sviluppo ecosostenibile del pianeta dal punto di vista energetico. Sono temi che i “potenti della terra” propongono da diversi decenni. Quanto a noi, possiamo solo sognare che il giorno dell’unità e dell’ equità del mondo arrivi veramente. Più realisticamente, con i finanziamenti miliardari dell’Expo, Milano avrà la possibilità di realizzare diverse opere e svilupparsi ulteriormente, tornando ad essere la “capitale morale dell’Italia”.

In ogni caso la capacità di sapere spendere i soldi pubblici è una pratica che noi siciliani e meridionali in genere dovremmo imparare. Lo spreco di risorse pubbliche ha caratterizzato, infatti, decenni di politiche industriali nel sud. Dalla cassa per il mezzogiorno ai fondi europei è un susseguirsi di tanta spesa e poco sviluppo. Gela, in particolare, alla fine degli anni cinquanta è stata interessata dal fenomeno di “industrializzazione forzata”, voluta dal Governo dell’epoca, anche grazie allo scoperta del petrolio nel suo territorio. Di una causa direttamente legata all’ insediamento del petrolchimico nella nostra città, cioè la realizzazione del quartiere residenziale di Macchitella, si è parlato martedì scorso nell’ambito della rassegna “Cunta”. Ne hanno discusso gli architetti Michele Merlo e Angelo Cannizzaro, raccontando la storia e le linee architettoniche che hanno portato alla nascita del quartiere dell’Eni. La serata si è conclusa con l’intervento del Prof. Carlo Severati, storico dell’architettura all’università di Roma tre. Michele Merlo ci ha presentato il quartiere che poteva essere ma che non abbiamo mai visto: il progetto di Macchitella, commissionato personalmente da Enrico Mattei all’architetto Edoardo Gellner, è stato infatti successivamente bloccato dall’Eni.

Una cosa abbiamo capito, anche da non esperti in materia: l’idea di questo architetto si basava sul rispetto del paesaggio preesistente all’industrializzazione, forse sarebbe stato troppo riguardoso nei confronti di un territorio che si stava colonizzando. Angelo Cannizzaro ha mostrato, invece, la genesi e la realizzazione del progetto formulato dallo studio milanese Nizzoli-Oliveri che, sia pure non totalmente, poi si è attuato. Quindi, la Macchitella che noi abbiamo conosciuto trenta anni fa è figlia di questo progetto, mentre il quartiere che oggi vediamo è opera della scelleratezza della nostra classe politica e imprenditoriale. Anche dall’intervento dell’architetto Cannizzaro, abbiamo avuto la conferma che la socializzazione voluta dall’Eni riguardava i rapporti tra i dirigenti e gli operai dello stabilimento e non considerava quella ben più importante con il resto della città. Della frattura sociale tra Gela e l’insediamento Eni si è occupata la ricerca sociologica di questi decenni, a sanare questa frattura ci hanno pensato i palazzinari pubblici e privati (tutti regolarmente sovvenzionati con contributi regionali) che hanno cementificato gli spazi tra Capo soprano e Macchitella. È possibile recuperare i danni urbanistici, ambientali e sociali nella nostra città? Difficile ma non impossibile. Affinché ciò succeda il mutamento culturale è fondamentale e svolgere incontri di un certo livello può essere un buon punto d’inizio.


Autore : Emanuele Antonuzzo

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