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notizia del 17/04/2004 messa in rete alle 14:05:53
Ta Attika dopo Pasqua chiude i battenti
Giorno 14 aprile chiuderà i battenti la mostra di antichi vasi greci, provenienti da ogni parte del mondo, raccolta in dieci stanze del restaurato palazzo Pignatelli Roviano. La esposizione di quasi trecento vasi a figure rosse e nere, databili del V e IV secolo a. C. è stata organizzata dalla dott.ssa Rosalba Panvini e dal Filippo Giudice, con la collaborazione dell’Università di Catania.
Il lavoro è stato svolto con felice cognizione e ingegnosa cura ed i vasi (tutti di provenienza del sottosuolo di Gela) sono stati dati in prestito da vari musei del mondo: Basilea, New York, Berlino, Amburgo, Vienna, Oxford, Monaco e da altri musei.
E’ una mostra che ha stupito tutti i visitatori, perché l’arte e la pittura di quei vasi ci ha aiutato a interpretare meglio l’affascinante lettura del mito e della storia della nostra città, come pure la poesia, i sogni e il ricordo di quelle poetiche mitologiche omeriche che riempivano di stupore e di incanti la nostra giovinezza, sui banchi di scuola.
Ammirando le pitture dei vasi lekitos, crateri, kilix, oinokoe esposti abbiamo avuto l’impressione di rivivere un mistero senza età, un vivo e solenne senso sociale proveniente dalla profondità dei secoli di storia e si ha la sensazione di stare “accanto” a coloro che hanno vissuto prima di noi l’umana avventura della vita.
Quei vasi sono dei documenti affascinanti che hanno stimolato a riscoprire i valori dei tempi che mutano, raccontando nuove storie di quella grande storia scritta sulle sponde del Mediterraneo. E i dipinti dei vasi sono in grado di parlare alle nostre anime, perché l’arte educa ed è sempre stata un valore aggiunto della vita. I vasi dipinti nell’antichità sono come pagine di libri illustrati.
Quelle pitture rosse e nere ci narrano di forti e coraggiosi uomini venuti dalla Grecia che portano nelle nostra terra la poesia, l’arte, la filosofia, la musica, la danza, l’organizzazione sociale, gli ordinamenti militari (ricordiamoci che Gela, sotto il tiranno Gelone, fu la prima città siceliota di allora ad avere la cavalleria).
E diciamo pure che senza la poesia dei greci, la mostra non esisterebbe, o sarebbe diversa da com’è. Sono termini greci la “lirica”, “l’epica”. Senza Omero non ci sarebbe stato Virgilio e neppure Dante, Ariosto, Tasso; senza Alceo e Saffo non avremmo avuto Orazio, Petrarca. Dobbiamo tanto all’antica cultura greca.
Nella pittura dei quei vasi abbiamo appreso come si vestivano nel V e IV secolo a.C.; abbiamo visto le armi dei guerrieri di allora, le pettinature delle donne, le calzature, il gineceo, i suppellettili interni delle case; abbiamo conosciuto le divinità di allora, gli strumenti musicali, le monete ed altro.
Nello straordinario evento espositivo mancava il superbo vaso del ceramista Midia del V secolo a.C., trovato a Gela nel 1928. L’allora proprietario cav. Vincenzo Nocera (fu Giovanni) lo vendette a un ricco americano. Su denuncia della Soprintendenza di Siracusa, che aveva registrato il vaso, Mussolini chiese la restituzione al governo americano di allora. Il bel vaso rientrò a Roma e Mussolini, pago del gesto del presidente dell’Usa, lo rimandò generosamente (o stupidamente) al museo di New York.
E’ stato un evento straordinario, un sogno. Furono suppellettili deposti – secondo l’usanza di allora – con mano pietosa accanto ai morti, i nostri progenitori, nel sottosuolo gelese. Ritorneranno ora nei musei dove erano esposti prima. Resterà nel cuore dei gelesi tanta emozione e tanto orgoglio per essere nati a Gela, una città che vanta un’antica, splendida e nobilissima storia.
Autore : Gino Alabiso
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