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Corriere di Gela | Silvana Grasso fra teatro e libreria
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notizia del 26/03/2011 messa in rete alle 13:10:16

Silvana Grasso fra teatro e libreria

Silvana Grasso (nella foto) esce dalla tana dove si era rifugiata negli ultimi tre anni, senza che se ne sia stata con le mani in mano. Si è dedicata al teatro, come autore, e alla stesura del suo ultimo romanzo, il cui scenario ancora una volta è Gela, la città che non saputo adottarla, ed alla quale la scritrice ha dedicato gli anni migliori (lei direbbe i peggiori) della sua vita. “L’incantesimo della buffa”, edito da Marsilio, è la rivistazione dello sbarco del 1943 degli alleati sulle spiagge di Gela. Un tuffo non storico, come dirà Silvana Grasso nell’intervista, ma come “fatto” di letterarura.

Abbiamo incontrato Silvana Grasso alla vigilia della sua partenza per Zurigo, dove – invitata dall’università di quella città, dall’Accademia della Crusca e dal consolato italiano – terrà una conferenza inserita nelle manifestazioni all’estero del 150° dell’Unità d’Italia. A Zurigo parlerà il 31 marzo di “Letteratura e lingua italiana”. L’aspetta un lungo e faticoso tour per la promozione del suo ultimo romanzo, organizzato dall’editore e dalle istituzioni pubbliche delle più grosse città italiane. C’è da augurarsi che anche Gela si onori della sua presenza ufficiale e pubblica, con la presentazione in città della sua opera letteraria.

– Silvana Grasso lei alterna grandi silenzi e grosse eruzioni, in politica e in letteratura. Tace, anche per anni, e poi esplode, quasi che la scomparsa e il silenzio fossero condizioni indispensabili per la sua creatività.

«Indispensabili più che per la creatività per la mia stessa vita! Il chiacchiericcio inutile e/o spesso, nei miei confronti, ingiurioso calunnioso, mi provoca orticaria. Il silenzio è il mentolo con cui mi proteggo dagli untori d’orticaria»!

– Il suo nuovo romanzo «L’incantesimo della buffa» (Marsilio editore) in libreria da pochi giorni testimonia la sua irrequietezza editoriale. In pochi anni ha scritto anche per Einaudi e Rizzoli, cosa la spinge a cambiare editore?

«Non do nulla per scontato. Come nel matrimonio e nell’amicizia i rapporti consolidati, troppo consolidati dall’abitudine e dalla reciproca sicurezza, rosicchiati dalla noia, finiscono spesso in divorzio, così un rapporto editoriale improduttivo, perché noioso, va decapitato. Voglio, negli editori, l’entusiasmo della “prima volta” editoriale, prova cui, finora, nessuno ha retto con lode! E a differenza del poeta Catullo il quale scrive «è difficile troncare un lungo amore» (difficile est longum subito deponere amorem), per me è facilissimo, vitale anzi, interrompere un rapporto editoriale, prima che invecchi nell’inettitudine, contaminato dalle zecche del mutismo, leucemico ormai di energia e fantasia. Il prof Cesare De Michelis, fondatore di Marsilio, è anche un grande professore universitario, ordinario di Letteratura italiana moderna e contemporanea a Padova. A chi affidare, dunque, la mia creatura più amata, l’ultima? Lo stesso editore pubblicherà in tascabili tutti i miei romanzi precedenti, dando loro una presenza continua in libreria e una nuova veste editoriale. Non è facile che i romanzi di un autore vivo diventino, nel giro di pochi anni, dei tascabili, come successo a me. Il “tascabile” è la consacrazione d’un autore! Quindi sono molto molto sicura d’avere scelto l’editore giusto per le mie esigenze, e letterarie e economiche».

– Insomma, tranne che a Gela, le si riconoscono grandi meriti e indubbie qualità un po’ ovunque. Da cosa dipende quest’atteggiamento di noncuranza, nella nostra città, di fronte alla sua scrittura e alla scrittrice, riconosciuta non solo in Italia ma anche all’estero, dove molti suoi romanzi sono tradotti, dal greco al fiammingo, dal tedesco allo spagnolo?

«Dipende da malafede o dalla più genuina ignoranza. Purtroppo temo, nel mio caso, sia stato effetto della fatale combinazione d’entrambe! Ignorare, o fare finta di ignorare la scrittrice, in odio alla persona che fui sono e sarò, diretta leale, pronta sempre a pagare di persona prezzi altissimi per la difesa del giusto e dell’onesto, è spia d’una mente piccina, nient’affatto evoluta né lungimirante. Mi consola, però, assai bene il resto del mondo. Le faccio un esempio: giorno 31 marzo alle 16,30 terrò una conferenza (tema “Letteratura e lingua italiana”, in occasione del 150° dell’Unità d’Italia, a Zurigo, all’interno d’un convegno internazionale, invitata dall’università di quella città, dall’Accademia della Crusca e dal Consolato. Il mio intervento sarà poi pubblicato tra gli atti del convegno. Per la mia scrittura ha, comunque, già deciso l’editoria, la critica, i lettori. Dopo vent’anni dal primo romanzo sono ancora qua e molto più di prima. Negli ultimi tre anni ho fatto teatro, e come autore di teatro, sono stata presente nei migliori teatri italiani ed esteri. Basta cerca su Google “Manca solo la domenica”. E’ il titolo della piece, col mio nome o col nome della protagonista, per la regia di Licia Maglietta. Motivi seri per scomparire ne ho avuti,come vede»!

– Eppure Gela è teatro del suo ultimo romanzo, un omaggio grande alla città di cui si rievoca lo sbarco alleato nel luglio del 1943, anche se il luogo viene indicato come “Roccazzelle”.

« Chiamo Roccazzelle il luogo dello sbarco perché, sia pur con una documentazione seria certosina e affascinante, il mio non è un saggio di Storia, non ne avrei le competenze. Il mio resta sempre “fatto” di letteratura, con le infinite suggestioni dei sentimenti vissuti dai gelesi nei quattro anni precedenti la guerra, con podestà e vicepodestà, pronti a scappare non appena si fosse messa male, dopo la “faccetta nera”, con la delicata storia di emozioni tra due ragazzini, Tea, nata nell’Oltrepò pavese, figlia di un gerarca e cieca perché nata senza pupilla, e il nativo Gesù, già uomo a tredici anni, orfano di madre e anche del padre,scomparso in Australia dov’era emigrato. Orfani entrambi di madre, ma entrambi adottati dalla grande Madre, l’isola, il suo mare irrequieto e paterno, le sue coste smaniose allattanti, il suo irrepetibile odore di vento, carrubo, alga, luna. Al di là della biologia, che ci vuole figli di questo padre e/o di quella madre, noi tutti abbiamo nella Sicilia nostro padre e nostra madre, oltre la morte. Essere siciliani, concepiti nella mitologia più che nella biologia, fa di tutti dei potenziali scrittori. Creature geniali, forti nell’affrontare orde di barbarie politica, pronte sempre a risorgere ricostruire rifondare ricominciare. Il prefisso ‘ri’ è una costante del siciliano contro l’inettitudine di chi sta a guardare mentre pagato è per operare, contro la furfanteria di chi all’universale anticipa solo il proprio “particulare”! Più d’ogni cosa al mondo tengo alla mia sicilianità – sulla mia tomba sia scritto “fui siciliana” e null’altro – valore assoluto, da difendere con crociate oltre la vita».

– Questo romanzo, appena uscito è già in ristampa. A cosa pensa sia dovuto questo successo di lettori in pochissimi giorni?

«Gli altri miei romanzi hanno avuto molti lettori ma lentamente, poco a poco, anche negli anni. Questo è un fulmine e so perché. C’è più cuore che negli altri, più animo o, meglio, fatico meno a nascondere la mia sensibilità, che sboccia solo ora come se ne fosse stata, per lunghi anni, congelata, rimandata la fioritura. Certo avere a che fare con me è difficilissimo per me. Sfuggo a me stessa per timidezza, per timore, per inadeguatezza, chissà! Certo la Silvana che vive è infinitamente cosciente di essere inferiore a quella che scrive! Due Silvane siamesi, ma ognuna con un pensiero, una sua sensibilità, una sua inquietitudine; solo che quella che vive si lascia sopraffare troppo spesso dagli eventi o dall’impulsiva tempestosità del carattere; quella che scrive, invece, è oraziana, almeno in questo romanzo. Ha cioè una metriotes, un equilibrio, frutto di lunga militanza nel ferreo regime dell’autocontrollo, anche quando, a fronte di certi barbari spocchiosi, sarebbe proprio impossibile controllarsi»!


Autore : Rocco Cerro

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