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Corriere di Gela | Mafiosi per presunzione
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notizia del 15/02/2006 messa in rete alle 09:58:05
Mafiosi per presunzione

Ma quanto è strana la vita! C’è gente che studia tanti anni, si diploma, poi si laurea con grandi sacrifici, riesce a vincere il concorso in Magistratura, diventa magistrato del Tar, e alla fine si riduce a mettere per iscritto una serie di terrificanti e azzardate tesi, che se fossero state presentate in ambito universitario sarebbero state probabilmente causa di bocciatura. D’accordo, qualcuno potrà replicare che per scrivere sciocchezze non serve tanto lavoro, basta avere una rubrica sul Corriere di Gela. Ma siccome sono cocciuto, permettetemi qualche riflessione sulla sentenza del Tar Sicilia emessa da magistrati ben pagati dallo Stato per buttare sotto i tacchi le più elementari norme del diritto. E non mi si dica che le sentenze vanno accettate e non criticate: questo può avvenire solo nei regimi dittatoriali, non in democrazia.
Partiamo dall’art. 27 della Costituzione, secondo cui l’imputato non è giudicato colpevole fino alla condanna definitiva. Credevo fino ad oggi che fosse così, ma il Tar di Palermo la pensa in modo diverso, perché con la sua sentenza stabilisce che si possono penalizzare le imprese non sulla base di una condanna definitiva, anzi neanche con una condanna non definitiva, ma semplicemente sulla base di “un tentativo di infiltrazione mafiosa”. E non solo se il tentativo ha avuto esito, ma “anche se lo scopo non si è concretato”. Perché, stabilisce ancora il Tar, “l’informativa della Prefettura prescinde dall’accertamento, in sede penale, di reati connessi all’associazione mafiosa, non oc-corre né la prova dei fatti di reato, né quella dell’effettiva infiltrazione mafiosa nell’impresa”.
E’ veramente una perla di decisione, che merita di essere pubblicata sulle riviste giuridiche perché tutti abbiano conoscenza della grande competenza dei “soloni” palermitani.
Ricordiamo i fatti: riguardano l’appalto della Chiesa di S. Lucia, revocato al-l’impresa che ha vinto la gara perché la Prefettura nissena, nell’informativa antimafia, ha scritto che “non si potevano escludere tentativi di infiltrazione mafiosa”.
Ricapitoliamo: io sono un imprenditore, partecipo ad una gara, la vinco. Sono mafioso? No. Sono colluso? No. Sono “avvicinato”? No. Ho avuto infiltrazioni mafiose? No di certo, non risultano. Ma si possono escludere? Lì detta legge il Prefetto, che a sua totale discrezione può decidere che si possono o non si possono escludere. Se “non si possono escludere”, ma neanche confermare, l’appalto mi viene revocato.
Altra ipotesi, secondo il Tar-pensiero. Qualche mafioso tenta di condizionarmi, ma io resisto, anzi lo denuncio alle forze dell’ordine. Ho fatto il mio dovere di cittadino rispettoso della legalità, ma perdo ugualmente l’appalto, perché secondo il Tar, anche se il tentativo non ha avuto esito, sono un imprenditore a rischio.
Prove? Secondo il Tar non ce n’è bisogno, sono superflue. E’ sufficiente il sospetto, né più né meno che ai tempi della Santa Inquisizione o delle purghe staliniste.
Mi viene da rabbrividire di fronte a questa sentenza, perché è stato stravolto ogni elemento cardine del diritto, e perché mi sembra che il principio enunciato sia da “regime di polizia”.
Non so se l’impresa interessata, che non conosco, proporrà ricorso avverso l’incredibile sentenza del TAR, ma sarebbe interessante conoscere l’opinione dei settori più alti della giustizia amministrativa. Perché si è creato un precedente molto pericoloso per tutti.


Autore : Giulio Cordaro

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