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notizia del 15/06/2005 messa in rete alle 22:50:31
La Margherita è il suo nuovo amore
Ad una settimana esatta dall’ufficializzazione della sua discesa in politica, Silvana Grasso si offre ai lettori del Corriere. Ha scelto il nostro giornale per l’affetto (ricambiato) che la lega da decenni, avendo su queste colonne iniziato a pubblicare nel 1986 i suoi primi lavori, prima di diventare scrittrice di fama internazionale (quasi tutti i suoi libri vengono ormai tradotti in molte altre lingue).
Silvana Grasso (a settembre uscirà per la Rizzoli il suo ultimo ro-manzo – Disìo – che si preannuncia ricco di spunti politico-sociali legati alla nostra città), spiega le ragioni di questa sua decisione (non proprio una sorpresa), del perché ha scelto la Margherita (questa sì, una sorpresa!) e del rapporto comunicativo che é riuscita a creare con la gente delusa dalle mancate risposte da parte delle istituzioni. Ed ancora, dà il suo punto di vista sull’ipotesi della candidatura (per ora annunciata) del sindaco Crocetta a governatore della Sicilia. Caustica, sagace e colorita al tempo stesso, nei toni e nel linguaggio, Silvana Grasso, come sempre, parla senza i filtri mediati della politica.
L’intervista é stata realizzata online e colma un vuoto improvviso lasciato dall’amico Enzo Salsetta, al quale – presente alla conferenza stampa di lunedì scorso della Grasso e del sen. Montagnino – avevamo chiesto una libera riflessione.
– Chi oggi accede ad un Partito a cosa pensa, da quali interessi, da quali idee è mosso?
"Chi entra in un partito, oggi, per lo più non pensa affatto a un’idea, ad un Progetto, ad un’architettura politica alla maniera gramsciana. Se ne frega di questo, anzi non sa nemmeno chi era Gramsci o Sturzo o Togliatti. Poi, però, per comune spicciola retorica tutti sproloquiano di prospettive e ideali. In realtà chi entra in un partito, qual esso sia, destra sinistra centro, già prima di farlo ‘prende le misure’".
– Cosa significa “prendere le misure”; è un linguaggio insolito.
"Significa, caro direttore, sapere già, a quali traguardi mira l’individuo “appoliticato”, quali faraonismi prepara per sé. Fare il sindaco, il deputato regionale nazionale, il senatore, il presidente della Provincia, prendere le misure – uso ad hoc il linguaggio della sartoria – significa confezionarsi un ruolo, una candidatura grazie a un partito, quale che sia, purché ci sia “stoffa” per le sue misure".
– E lei a quali misure pensa?
"Io sono un soggetto politicamente anomalo, per questo oggi, ma solo oggi, desiderabile dai partiti. Oggi che l’elettorato è finalmente critico, attivo e non ci mette un attimo a tagliare le teste ai capipartito. Arrivo alla Politica con una identità forte, già delineata, che non vuole aggiustaggi né ritocchi. Tutti sanno chi sono, quali sono i miei mestieri, quali le mie fonti di reddito, la mia casa! E questo in Politica rende forti, mi rende forte".
– Cosa ha mosso la sua “discesa in campo”?
"Nell’ultimo anno, ovunque mi trovassi (Corso mercatini supermercato bar ), grazie anche ad una mia rubrichetta Post scriptum a “Canale10”, gente comune, di ogni estrazione sociale, madri di famiglia, opera,i braccianti, studenti, professionisti, mi fermavano, consegnandomi i loro infiniti problemi di cittadini, certi o comunque fiduciosi che io avessi la soluzione".
– Quali problemi?
"Strade, parcheggi, ambulanti, disoccupazione, povertà, assistenza, infinite voci per un unico denominatore; il disagio della gente di Gela, il malessere profondo. Mi stranizzò ma, a un tempo, mi commosse e mosse la fiducia della gente comune nelle mie capacità di dare soluzione ai problemi che non erano individuali, ma familiari, addirittura di interi quartieri".
– Quindi l’imprimatur è venuto dal popolo?
"Sì, e sono queste le investiture più serie e durature. Nessun partito avrebbe potuto convincermi a militanze inutili, a inutili tessere di facciata, a inutili comizi e cortei, ma la fiducia della gente dei quartieri quando mi chiamano per consegnarmi la “lista” dei loro disagi, dei loro bisogni che porto come mio corredo di dote nel partito della Margherita".
– Come conciliare il grande impegno della scrittura – lei è uno scrittore di editoria nazionale ed internazionale – con i tempi e i pesi della Politica?
"E’ per me, lo ripeto, un grande vantaggio, avere già alla spalle una mia identità per la quale non ho contratto debiti con nessuno, non ho usurai da onorare. Per usare i linguaggi della scrittura, vorrei scrivere in Politica il mio migliore “romanzo”: ‘Città Felice’, ne è il titolo".
– E la scelta della Margherita come partito?
"E’ la Margherita che ha scelto me. Potevo dire di sì o di no al Senatore Montagnino che ha fatto una brillante operazione di strategia politica al momento giusto".
– Perché lei è una scrittrice? Una persona di indubbia cultura?
"Nient’affatto! Non sarebbe stata un’operazione fruttuosa dal punto di vista politico. Io porto voti, voti fermi, voti sicuri d’opinione e le competizioni elettorali, ormai alle porte, mi permetteranno di dimostrarlo. Ho il popolo con me, e i miei non saranno voti d’accattonaggio porta a porta, ma voti di chi mi riconosce temperamento, onestà, schiettezza, ostinazione. Qualità che oggi, ma solo oggi, pagano. E’, quindi, ‘l’animale politico’ che il senatore Montagnino da politico di buona razza ha voluto per la Margherita .Ed io ho detto sì perché, sempre mutuando il linguaggio della scrittura, la Margherita mi può dare la migliore “carta, il più incisivo inchiostro” per il mio progetto ‘Città felice’".
– L’itinerario che lei espone sembra già un programma perfetto per una sindacatura.
"Caro direttore, io progetto trame di ‘romanzi’ che altri purtroppo, non io, scriveranno, male forse, ma altri scriveranno. E poi per ora ci faccia godere fino all’ultima goccia il sindaco Crocetta"!
– A proposito del sindaco Crocetta e della sua candidatura, quasi sicura, al governatorato dell’Isola, lei lo sosterrà?
"Deciderà la Margherita. Se il Partito decidesse di ‘farlo correre’ sicuramente gli darò vitamine e sali minerali perché arrivi primo e fresco al traguardo. Se il Partito vorrà tagliargli la testa non esiterò ad usare il machete quando sarà il mio turno. Reggo bene alla vista del sangue. Non ho mancamenti".
– Non ha peli sulla lingua, come sempre…
"La politica è un mondo pelosissimo in cui mai si sente un sì deciso o un no. Piuttosto snì, sno. Il vantaggio di arrivare tardi, come me, ai rostri della politica, già rondoni e non rondinelle, egregio direttore, è proprio questo: scansare gli indugi, la balbuzie del noviziato e continuare con il timbro della mia personalità che non ammette mezze vie".
– Certo la vocazione alla verità che tutti le riconoscono le avrà causato difficoltà nella vita. Si paga per la schiettezza.
"Fino ad un anno fa pensavo di avere solo pagato. Oggi, per la popolarità politica che ho presso la gente dico che la schiettezza paga e molto bene. Quando parlo di popolarità non alludo di certo al fatto di essere uno scrittore. La gente nemmeno lo sa, o se ne frega e fa benissimo! Chi perde il posto di lavoro, o è costretto a chiudere un esercizio per una mafia tutta da dimostrare, ha bisogno di un interlocutore forte e serio, che gli eviti usurai e disperazione, che sia la voce della sua protesta".
– Sul programma di legalità che ha caratterizzato la sindacatura Crocetta?
"Ogni estate, direttore, c’è una canzone-tormentone che sentiamo al mare, per strada, persino al cimitero, tanto da dire ‘non ne possiamo più, speriamo che in autunno si cambi musica’! Chi invece non vorrebbe che l’estate finisse mai è il discografico del tormentone che vi s’arricchisce ".
– Vuol essere più chiara?
"Più di così?! E’ sotto gli occhi di tutti che i mass-media presentino Gela come uno dei gironi infernali, mentre non io ma la Storia, gli storici sanno che, grazie a Dio, a Gela non ci sono radici mafiose, ma solo epifenomeni delittuosi dovuti a delinquenza comune, una delinquenza fisiologica, pur se triste riconoscerlo, comune a molti territori. Con questo scenario, imbandito in tutte le salse, d’orrori mafiosi a Gela, di sicari, di mostri, quale turismo dovrebbe decollare? Quali pazzi dovrebbero visitarci? So bene lo sconcerto che provoco quando all’estero, in conferenza, in convegno dico ‘vengo da Gela’! Mentre la nostra è città d’uomini buoni, lavoratori, città benedetta da Dio, città degna d’essere infine città felice"!
Autore : Rocco Cerro
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