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notizia del 04/04/2006 messa in rete alle 22:08:31
Strade? Questione di livelli...
L’abitudine è, molto spesso, fonte di pericolo: ci fa apparire normali cose che in realtà non lo sono affatto e di conseguenza sopisce il nostro desiderio di modificarle.
Esaminiamo le strade di Gela. Se vi recate in qualunque cittadina dell’Italia settentrionale, viaggerete su strade asfaltate in modo uniforme. La vostra vettura non avrà continui sobbalzi, e raramente troverete l’asfalto lastricato di buche, avvallamenti, gradini e via dicendo. E’ normale che sia così. A Gela, invece, è normale che l’asfalto delle strade abbia diversi livelli, determinati nel tempo dagli scavi per la rete idrica, la rete elettrica, la rete metanifera, e i successivi interventi di riparazione che hanno reso il manto non più uniforme ma rattoppato di continuo.
In qualunque cittadina del Nord i tombini saranno a livello dell’asfalto. A Gela non esiste un solo tombino, in tutto il territorio comunale, che non abbia un dislivello, rispetto alla strada, di almeno cinque centimetri, con grande danno per gli ammortizzatori e grande soddisfazione per i venditori di autoricambi.
Tutto ciò non è assolutamente normale, ma a Gela ormai ci abbiamo fatto l’abitudine, e nessuno si lamenta più.
Ma la peculiarità della nostra città è un’altra: i marciapiedi, che sono costellati di avvallamenti quasi invisibili e sono causa di frequenti cadute dei passanti. Se non ricordo male, i marciapiedi del centro storico furono rifatti grazie ai “cantieri di lavoro” con i quali, per qualche mese, è stata data una boccata d’ossigeno a qualche decina di disoccupati.
Naturalmente i disoccupati che hanno realizzato i marciapiedi non erano esperti muratori; tra di loro c’erano anche parecchie donne che non avevano alcuna dimestichezza con cemento e cazzuola.
C’erano però dei tecnici incaricati di seguire i lavori, che di sicuro avranno certificato la realizzazione “a regola d’arte”. E invece i marciapiedi di Gela sono come le montagne russe, tra cunette e dossi, e le cadute e le slogature dei passanti sono all’ordine del giorno. E’ normale questo? Sicuramente no, ma anche a questo ci siamo ormai abituati.
Del resto, quello di cui ho parlato è un elemento assolutamente marginale della qualità della vita, qualità che è fatta di ben altre cose. A cominciare dalla lotta antimafia, che, pure questa, è diventata ormai un’abitudine, con la “legalità” continuamente sbandierata anche quando si parla di infezioni canine o lotta al diabete.
E a proposito di legalità, apprendiamo che il consorzio Conapro è fallito. Ha avuto quindi il suo epilogo la manovra (della legalità) che ha estromesso un’azienda sostanzialmente sana dal processo produttivo, dopo tanti anni di presenza a Gela. Nessun danno, per fortuna, è stato arrecato ai lavoratori, che sono stati trasferiti alle aziende e alle cooperative (questa volta “legali”) che sono subentrate al Conapro negli appalti miliardari. Il danno è stato arrecato, come al solito, a chi fa impresa, grazie anche ad una normativa becera, illegittima e incostituzionale che permette di distruggere un’entità economica senza motivazioni, senza prove, ma con il solo convincimento di un funzionario dello Stato, ossia il Prefetto.
E’ una normativa che va assolutamente cambiata, perché ad una simile vergogna non è proprio possibile abituarsi.
Autore : Giulio Cordaro
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