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Corriere di Gela | Sulle province decreto-disastro
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notizia del 23/07/2012 messa in rete alle 22:06:11
Sulle province decreto-disastro

Il governo Monti, con un recente decreto, ha stabilito che le province, per continuare ad esistere, dovranno avere due parametri minimi: 3.000 chilometri quadrati di superficie e 350.000 abitanti. Qualcuno, distratto, ha ritenuto che si decidesse la totale abolizione degli enti intermedi. Ma non è così. La necessità di adeguarsi ai parametri minimi potrà però portare ad accorpamenti di territori. Il decreto non è ancora legge. Inoltre la Sicilia, che è Regione autonoma, vi si dovrà adeguare entro sei mesi dalla definitiva approvazione. Qualche giornalista di grido (Tony Zermo, per non fare nomi) si è fatto trascinare dalla foga e ha ipotizzato i possibili scenari isolani, accorpando Ragusa a Siracusa, Agrigento e Trapani, Caltanissetta ed Enna. Ipotesi suggestive, ma poco praticabili, a meno che non si proceda con l’abbattere l’accentra-mento dei servizi negli attuali capoluoghi, favorendo un decentramento “intelligente”: non è immaginabile che un licatese, per sbrigare una pratica, debba recarsi fino a Trapani.

L’ipotesi di accorpamento tra Caltanissetta ed Enna ha fatto subito scoppiare la “guerra” di campanile tra i politici delle due città. Enna rivendica la vicinanza all’area del catanese e il dominio culturale per la presenza dell’Università Kore, Caltanissetta pretende di essere il “centro della Sicilia” e ricorda che la provincia di Enna è nata, nel 1927, dalla più grande provincia nissena, della quale faceva parte.

L’attuale impianto delle province in Sicilia ha origine due secoli fa, sotto i Borboni, e le modifiche (Enna e Ragusa) sono state fatte durante il fascismo. In due secoli tante cose sono cambiate, ed è necessaria una diversa ripartizione del territorio regionale. Certo, occorrerebbe un po’ di coraggio da parte dell’Assemblea Regionale, ma il decreto Monti, una volta approvato, favorirebbe un radicale mutamento.

Ora, chiamiamole érovince, liberi Consorzi, Unioni di Comuni o come diavolo volete, è un fatto inoppugnabile che manca, in Sicilia, un territorio omogeneo nella parte centromeridionale dell’isola, un territorio legato da vincoli culturali, sociali, economici. Un territorio che veda valorizzata la fascia costiera e con un entroterra che si integra con essa. L’occasione è unica per un ampio territorio che vada da Licata e Palma di Montechiaro a Vittoria (ve l’immagi-nate i vittoriesi che dovranno gravitare su Siracusa?), e comprenda a nord i comuni fino a Piazza Armerina e Aidone, e perché no, anche Caltagirone. Un territorio che, avendo Gela come punto di riferimento, abbia tutti i centri interessati a non più di quaranta chilometri di distanza. Omogeneo a livello di viabilità, di trasporti, di economia, di cultura.

A Caltanissetta organizzano spesso convegni sull’economia delle aree del centro Sicilia: hanno ragione, perché loro sono il centro della Sicilia. Ma noi cosa c’entriamo col centro Sicilia, col Vallone e, in ipotesi, con le aree di montagna come Troina e Nicosia?

Ecco, questo deve essere, a mio avviso, il progetto per il futuro di Gela, se proprio non si riuscirà (ma non è detto…) a diventare la decima provincia siciliana. In questo ci dovrebbero aiutare gli uomini politici di spicco della città, ma così finora non è stato.

I cittadini sapranno, spero, distinguere i meriti e le responsabilità di ciascuno al momento del voto. Per aiutarli a fare questa distinzione, in un prossimo intervento spiegheremo con dovizia di particolari come ciascuno si è comportato, con fatti inoppugnabili. Per ora andiamo in vacanza, ne parleremo più in là.


Autore : Giulio Cordaro

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