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notizia del 28/03/2006 messa in rete alle 21:52:01
Le 'dittature' del sindacato
Mi chiedo da tempo quale sia, nell’attuale sistema economico, il ruolo delle associazioni di categoria, o meglio se questo ruolo viene esercitato correttamente e se riesce ad ottenere risultati decenti per le imprese rappresentate.
Ho già scritto qualche settimana fa in merito allo “scippo”, un vero e proprio furto, messo in atto dalla Regione Siciliana a danno degli artigiani, con contributi promessi e poi negati con due righe dell’ultima finanziaria regionale. Mi sarei aspettato che i sindacati artigiani insorgessero, chiamassero a raccolta centinaia di artigiani davanti a Palazzo dei Normanni, intraprendessero azioni legali coordinate contro la Regione. Nulla di tutto ciò, ma solo qualche scarno comunicato stampa, poi il silenzio.
Diverso è il caso delle associazioni degli agricoltori. L’agricoltura è oggi un settore in piena crisi: i prezzi di mercato sono bassi e chi coltiva non riesce più a rientrare nelle spese, tanto che molti serricultori della nostra zona pensano di non mettere più in coltura le serre per non sopportare ulteriori perdite. Tra l’altro i mercati sono invasi da pomodori della Tunisia, arance del Marocco, carciofi dell’Egitto e chi più ne ha più ne metta, a prezzi bassissimi e senza alcuna garanzia di qualità e di igiene. E cosa fanno gli agricoltori? Si lamentano, organizzano convegni e congressi in cui “fanno il punto della situazione” (che conoscono benissimo), stilano qualche documento di protesta ma, nel complesso, annaspano nel vuoto di proposte. Vanno a manifestare a Palermo? No.
Bloccano i mercati ortofrutticoli? Neanche per sogno. Continuano a seguire lo stanco rituale della protesta alla stampa e nelle Tv locali. Né tra i commercianti va meglio: il commercio è in piena crisi, i ricavi si assottigliano, ma nessun sindacato del settore riesce ad organizzare una protesta seria e propositiva.
I sindacati dell’industria meritano un discorso a parte: molto movimento di comunicazione, quella “politicamente corretta”, l’istituzione della “cabina di regia” provinciale per determinare lo sviluppo economico, ma ancora poco arrosto e poco impegno nella difesa delle imprese associate.
Ma allora, se i sindacati di categoria sono latitanti nella difesa degli associati, in cosa consiste oggi il loro ruolo? Nella gestione di CAAF e patronati che garantiscono qualche posto di lavoro agli impiegati e ai dirigenti, nel disbrigo di qualche pratica burocratica, nella presenza in comitati e commissioni dove possono tirare a campare con i gettoni di presenza.
Fanno eccezione i sindacati dei lavoratori, che da qualche tempo hanno occupato ogni spazio lasciato libero dagli altri. Si occupano di tutto: dei lavoratori dipendenti, dei pensionati, dei CAAF, dei patronati, sono presenti in ogni commissione e in ogni Ente pubblico. Partecipano alla “cabina di regia” e cavalcano con enfasi la “lotta alla mafia”, ma nel frattempo vanno occupando anche gli spazi della politica, nel tentativo, che sta riuscendo, di accaparrarsi posizioni di potere. Il culmine viene raggiunto quando esponenti del sindacato scendono in prima persona in politica e, spesso, si installano nelle stanze dei bottoni.
Ecco dunque che i ruoli sono cambiati e si sono anche confusi. Per i sindacati di categoria delle imprese il problema è quello di ritrovare lo spirito originario per il quale sono stati costituiti: difendere le piccole imprese, difendere i loro associati e promuoverne lo sviluppo. Uno spirito che da tempo è ormai sopito, che si trascina stanco ed avvilente tra pratiche di pensione e comunicati stampa banali e piatti. Per quanto riguarda i sindacati dei lavoratori, invece, dovrebbero essere, a mio avviso, le forze politiche a far sì che i ruoli non si confondano e le commistioni non diventino produttive di una “dittatura del sindacato”, come pare stia avvenendo da qualche tempo.
A condizione che le forze politiche abbiano il coraggio, e la forza, di chiedere il rispetto delle regole.
Autore : Giulio Cordaro
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