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notizia del 07/07/2013 messa in rete alle 21:38:40
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Stato di crisi, la parola ai lavoratori della fabbrica
Per la prima volta in un’indagine polivalente ed ampio raggio, viene data la parola ai lavoratori al di fuori del perimetro della fabbrica. Sicuramente un fatto nuovo che si inserisce molto bene nel dibattito sul lavoro nella nostra città e nel comprensorio. Un documento da leggere e anche da studiare per comprendere la complessa vita della fabbrica e le aspettative del mondo del lavoro. Un’esposizione sobria ma incisiva, ricca di riflessioni e di dati. Sicuramente un buon lavoro sul piano metodologico su cui confrontarsi e comprendere le dinamiche del lavoro nella fattispecie più ampia con ogni implicazione di carattere tecnico, sociale, comportamentale. La presentazione dei dati è stata arricchita dagli interventi di Alessandro Piva, Sebastiano Abbenante, Rosario Catalano e Antonio Piccione.
Il clima di grave crisi economica, produttiva, occupazionale e sociale, conferma il giudizio enormemente negativo sulla classe politico-istituzionale del Paese, ma porta anche ad una sfiducia complessiva sia nell’azione dell’azienda che nella capacità delle organizzazioni sindacali per una azione utile volta a contenerne i danni verso i lavoratori.
La buona notizia è che a giorni sarà riavviato l’impianto Topping 1, dove il mese scorso si è verificato l’incidente che ha causato lo sversamento a mare di idrocarburi.
Illustrate alla stampa mercoledì 3 luglio scorso dai responsabili della Filctem-Cgil, le risultanze di un’indagine. Prospettive, sindacato, azienda, clima. Questi, i quattro grandi temi su cui sono stati chiamati a rispondere i lavoratori della raffineria di Gela. Un’indagine strutturata statisticamente con un questionario in forma anonima, distribuito ad un campione fortemente rappresentativo di 453 lavoratori. Ad organizzare lo studio statistico, la Filctem Cgil di Gela con la partecipazione attiva di Gaetano Catania, Antonio Piccione, Sebastiano Abbenante, Alessandro Piva, Diego Pirrè, Rosario Catalano, Lorenzo Siracusa, Silvana Incarbone ed Elio Di Caro. Per una più approfondita lettura dei dati, ai giornalisti è stato consegnato un opuscolo-dossier con una grafica eccellente, oltre ad una chiavetta contenente il file in formato adobe Acrobat.
Tre i quesiti che sono stati posti: 1) Da cosa nasce e perché, l’esigenza di conoscere in forma anonima tramite un questionario, l’opinione dei lavoratori della fabbrica sui temi della crisi economica e sui rapporti col sindacato e l’azienda; 2) Gli obiettivi dell’indagine; 3) Se le risultanze sono in linea con le eventuali aspettative degli organizzatori.
Rispetto alla prima domanda Alessandro Piva, responsabile della Filctem Cgil, ci risponde che in genere i lavoratori che frequentano il sindacato sono una ristretta parte rispetto a quella che lavora nella fabbrica e in un certo modo, dei primi se ne conosce l’opinione.
«Fare un’indagine di questo tipo – aggiunge Piva – ha la finalità di cogliere ciò che la gente ha da dirci e come ci vede, come vede il rapporto con la gente, come vede le prospettive. E avere raggiunto una percentuale così alta di lavoratori, significa aver colto l’obiettivo. Significa avere ascoltato tutti i lavoratori anche quelli che non parlano, per capire cosa loro pensano. Seconda cosa: le risposte che ci aspettavamo? Dobbiamo dire che il sindacato, rispetto agli altri attori (istituzioni e l’azienda) è visto come unico soggetto che sta cercando di difendere i lavoratori e di contenere gli effetti della crisi».
Per evitare che si desse adito a manipolazioni, i quesiti posti sono stati sintetici e sono stati identici sia se riferiti al sindacato che all’azienda. «E’ stato un modo – aggiunge Abbenante – per avere un approccio assolutamente neutrale ed asettico. Il campione è rappresentativo in quanto corrisponde a 453 lavoratori corrispondenti pressappoco alla metà dei dipendenti della raffineria, sia iscritti alla Filctem-Cgil che iscritti ad altri sindacati, che hanno fatto richiesta di compilazione. Circa il 40% della forza lavoro della raffineria.
Hanno partecipato operai, impiegati e quadri – continua Abbenante – e pertanto consideriamo altamente soddisfacente la partecipazione dei lavoratori anche per la contestuale assenza in fabbrica dei tantissimi dipendenti comandati in cassa integrazione o in altre realtà lavorative in Italia o all’estero».
Il documento, che si compone di 17 pagine fitte di dati e descrizioni analitiche, andrebbe approfondito e commentato nella forma in cui meriterebbe, ma per esigenze di spazio dobbiamo limitarci a riportare solo alcuni dati che a nostro parere meritano una certa attenzione. Eccone alcuni:
Crisi economica generale e prospettive : la percezione da parte dei lavoratori della crisi economica generale è ampia, molto spinta. Il 64% ritiene che sia molto impattante sul sito ove si lavora. Quote confrontabili e maggioritarie di lavoratori ritengono che la crisi avrà una durata di 3 o di 5 o più anni, una crisi di lungo periodo (42% e 45%). Mentre si rileva una grande preoccupazione dei lavoratori, dall’altro risalta il parere circa l’azione svolta dal Sindacato e dai datori di lavoro riguardo al contenimento della crisi. Naturalmente, sulla bilancia ci sono anche una serie di avvenimenti accaduti negli anni nella raffineria, a cominciare dalla crisi della raffinazione, all’accordo fatto sulla cassa integrazione e tutto ciò che ne è seguito, che rendono questo business in Sicilia estremamente difficile. Prevale un parere da parte dei lavoratori, che ritiene che i datori di lavoro abbiano peggiorato le condizioni della crisi (57% contro 27%) e che i sindacati l’abbiano contenuta (43% contro 36%). Ancor di più risalta un parere negativo rispetto alle istituzioni (Comune, Provincia e Regione) circa il contrasto alla crisi (66%). Dalle risposte ricevute, si evidenzia che la maggioranza dei lavoratori intervistati ritiene peggiorativa o ininfluente l’azione di contrasto alla crisi da parte dei soggetti individuati (88% istituzioni locali e nazionali, 73% aziende, 57 % organizzazioni sindacali).
La fiducia nel futuro è estremamente blanda e per una parte dei lavoratori l’atteg-giamento è pessimistico (24%).
«La cosa che ci ha colpiti – spiega l’ing. Sebastiano Abbenante – è stata la risposta alla domanda: chi delle controparti dei lavoratori che sono i sindacati, l’azienda, le istituzioni pubbliche (Comune, Provincia, Regione), avesse esercitato una maggiore capacità di contenimento della crisi. In maniera veramente inaspettata il parere maggiormente negativo dei lavoratori è stato indicato nelle istituzioni. L’indagine ci ha fatto capire inoltre che ci sono due culture industriali – continua Abbenante – una cultura industriale molto critica nei confronti dell’azienda ma anche nei confronti del sindacato ed un’altra cultura che secondo noi deve ancora maturare, critica nei confronti dei fatti e delle controparti, ma molto propositiva, molto finalizzata a riconoscere ruoli ed obiettivi. Per essere più esplicito, c’è una cultura maggioritaria tesa ad una visione autoreferenziale e antagonista, sia verso i vertici sindacali ma in particolare verso quelli aziendali, ma anche un’altra cultura più integrata e partecipativa che riconosce ruoli e finalizzazioni. Quindi una cultura abbastanza matura e in definitiva una dicotomia che caratterizza la fabbrica».
Altro dato che ci è sembrato degno di nota è quello secondo cui i maggiori problemi organizzativi sono stati rilevati nell’area di Manutenzione. Va però segnalato che tale parere può essere condizionato anche dalla provenienza professionale di ogni singolo lavoratore che potrebbe portare ad individuare in altre specializzazioni, rispetto alla propria, le maggiori cause dell’inefficienza operativa in fabbrica. Mentre sull’esistenza di un tasso di assenteismo vi sono pareri simmetricamente contrapposti, sull’esistenza di un elevato tasso di straordinario, si concorda con una prevalenza maggioritaria. I lavoratori ritengono che si debba intervenire prioritariamente ricostituendo gli organici scoperti.
Autore : Nello Lombardo
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