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notizia del 11/04/2010 messa in rete alle 21:26:30
La tempesta politica perfetta
A giudicare dalla pervicacia con cui le due candidature del Pd continuano a rivendicare la candidabilità di partito, anche dopo le primarie, si direbbe che Gela riservi al futuro sindaco rosee prospettive. La politica spesso da di se un’immagine ambita. Anche a costo di sacrificare valori collettivi che oggi vengono spesso sostituiti da valori individuali.
Sembra quasi che nessuno si sia accorto che sono in atto due rivoluzioni storiche: lo Stato Italiano sta entrando in una nuova fase (terza Repubblica?!) piena di incognite, la seconda è che nessuna realtà sociale e quindi nessuna amministrazione comunale può parlare di una politica locale in senso pieno: gli eventi globali e nazionali sono le cause più incisive dei mutamenti nelle comunità locali.
L’interazione di queste due rivoluzioni, neanche sotterranee, caratterizzerà la qualità della vita nella nostra cittadina per il prossimo futuro. E allora perché lo spettacolo di queste “baruffe Geloe” pre-elettorali? Quale grande ruolo potrà assumere un sindaco che si avvia verso una “tempesta perfetta”? Un sindaco che, invece di rivendicare e ricercare un’appartenenza di idee e partitica in senso ampio, sfida la tempesta con le sole proprie abilità individuali?
E si, il tema è in questo quesito: si è capito che per affrontare ciò che si prefigura per Gela si richiedono appartenenze politiche e ideali di grande respiro e che le abilità individuali sono solo un corollario?
Spieghiamo meglio la “tempesta perfetta” che attende Gela. Non sfugge a nessuno l’aria di preoccupazione che si vive sui temi dell’occupazione indotta dal petrolchimico. Il rapporto tra la città e la più grande industria gelese è ancora vissuto e pensato con i canoni mentali dei tempi di Mattei. Tempi di espansione e di boom economico. Oggi la raffinazione in Italia vive una crisi di domanda tale da far stimare un surplus di capacità produttiva che non trova collocazione sul mercato. Ma il fenomeno più preoccupante ed innovativo è un altro. E’ noto che la raffineria investirà a Gela circa cinquecento milioni di euro, e questa è stata interpretata come una boccata di ossigeno per l’indotto. Ma le forze sindacali e politiche si sono accorte che tali investimenti, pur rilevanti, impegnano una forza lavoro delle ditte terze che ha al massimo un picco di 750 lavoratori nei mesi di settembre-ottobre prossimi, con una media di 150 lavoratori nei restanti mesi. Numeri che hanno stupito. All’importo economico rilevante non corrisponde oggi un altrettanto rilevante numero di occupati. Ovvio direbbero gli economisti, non così le rappresentanze sindacali e politiche. In realtà i fenomeni lavorativi stanno subendo accelerazioni impensabili: l’incremento delle ingegnerizzazioni e l’evoluzione dei preassemblaggi richiedono oggi una manodopera locale meno corposa. Ed il fenomeno è generale. Qualcuno se ne accorge solo oggi. Se si aggiunge che Gela è la raffineria con maggior numero di occupati dipendenti, in un momento di crisi del settore, non ci vuol molto a capire la direzione di ciò che può accadere.
Le cose non vanno meglio nel settore dei servizi pubblici. La politica di riordino economico della sanità siciliana, voluta da Lombardo ed attuata dal suo assessore Russo, sta producendo le sue ricadute. Tagli di posti letto, se non di interi reparti e conseguente incremento della marginalità del nostro centro ospedaliero. L’ospedale oltre che un servizio pubblico rilevante è anche la seconda “industria” di Gela in termini di posti di lavoro. Tali effetti sono figli di una politica che nasce prevalentemente dalla prospettiva federalista, una prospettiva che, sempre di più, imporrà tagli ai servizi su base regionale, senza che lo Stato possa giocare quel ruolo equilibratore a cui eravamo abituati. Un federalismo che si annuncia galoppante e all’insegna della difesa delle regioni economicamente forti, visti anche i recenti risultati elettorali. Ma tali restrizioni, non c’è dubbio, si vedranno anche nella pubblica amministrazione dei comuni e dei servizi collettivi. Insomma meno flussi economici in entrata, meno opportunità indotte, meno qualità della vita.
Con queste prospettive, cito solo le più rilevanti, un sindaco da solo può far poco, le abilità eroiche di un “navigatore” possono incidere limitatamente, è la tempesta che comanda e che decide la rotta. Cosa occorre allora mettere in campo?
Sono proprio questi i momenti in cui il comandante del vascello deve aiutarsi con gli altri comandanti, deve dare indicazioni su come vanno costruiti i vascelli per affrontare meglio la tempesta, deve sperimentare nuove tecniche di navigazione. Fuori dalla metafora: stare dentro una politica nazionale e globale, in una parola “appartenere” ad un partito ed alla sua organizzazione, rivendicarne le idee e le prospettive, decidere ed incidere sulle cause che non sono solo locali e che vanno affrontate con politiche non più solo cittadine. L’eroe miceneo, valoroso in battaglia, è morto. Oggi si vince stando nei ranghi della legione, attuando le figure di battaglia e le tattiche nell’ambito di una organizzazione, assumendosi il carico della disciplina necessaria per essere efficaci. Proprio quello che ancora non si vede nel Pd gelese
Autore : Sebastiano Abbenante
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