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Corriere di Gela | Analisi post-elettorale. Radiografia del voto
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notizia del 25/05/2007 messa in rete alle 21:23:51
Analisi post-elettorale. Radiografia del voto

Una competizione nata come un referendum pro o contro il sindaco in carica, allorquando dal palco dei Ds, il confermato consigliere regionale Lillo Speziale lo sfiduciava, di fatto, per aver appoggiato il transfugo Scicolone, avanzando l'ipotesi di una candidatura a sindaco di un diessino. Parlò con lo stomaco, allora, Speziale, qualche mese dopo già a braccetto col sindaco (dopo l'affossamento romano dell'ipotesi «primarie» a Gela, recepito poi anche a Palermo).
Un referendum alimentato dalla candidatura dell'ex compagno di partito di Crocetta, l’ex assessore regionale Morinello, a capo di una nuova formazione politica: «Sicilia Democratica» (presentata come partito autonomista e «terzo polo» con tanto di conferenza stampa). Morinello farà, all’ultimo momento, marcia indietro e gli subentrerà l’ex assessore provinciale Rinelli con «L’Altro Centro-Sinistra», mentre Sicilia Democratica non sarà della partita.
Nel frattempo, dalla vicenda Di Liberto-Morinello è appendice quella Di Liberto-Cordaro.
Cordaro, candidato a sindaco appoggiato dal proprio partito (Repubblicano) e mentre Crocetta, sfrutta la sua carica ed è già immerso in campagna elettorale, aprendo spazi istituzionali presso i media, il centro-destra latita tanto da convincere Lisciandra a scendere in campo con una lista, Tutti per Gela, che rappresenta un'autentica novità nel panorama politico locale (poichè compagine espressa, pressocchè esclusivamente, dalla società civile). Compattatosi in extremis, il centro-destra candida Gagliano. Un referendum pro o contro Crocetta, con una sola possibilità di dire Si e ben 4 opzioni per sbizzarrirsi nel No: parlare di ballottaggio non era, in fondo, così avventato. Ed invece? Praticamente azzerato l’apporto di Cordaro, com’era del resto ampiamente prevedibile: nel bipolarismo, una cosa è far parte di una grossa coalizione, altra cosa è correre da soli, specie nel caso di un piccolo partito. Rinelli ha francamente fatto quel che ha potuto, raccogliendo onestamente poco, sia sotto il profilo coalizionale (1 solo seggio), sia sotto il profilo individuale (non c'è stato voto disgiunto rispetto a Crocetta). Con un motivetto simpatico (“tutti per Gela con la mente e col cuore, cantiamo insieme per un mondo miglio migliore.....”), la lista di Lisciandra è sembrata sul punto di decollare, per essere poi, inesorabilmente, risucchiata nella disfatta generale del centro-destra (consolandosi con 1 seggio). Insomma: per lo più, si è improvvisato, ma quel 6% complessivo ipotizzabile (ago della bilancia per un eventuale ballottaggio), dalle formazioni minori è stato raggiunto.
Ciò che non ci si poteva attendere era la «debacle» del candidato Gagliano, mal consigliato oltre che mal supportato (la coalizione di centro-destra perde visibilmente rispetto alle precedenti amministrative). La «operazione verità» si è prestata ad essere un buon “incipit”, ma il crollo nel finale di campagna elettorale è stato oltremodo vertiginoso. Quel voto disgiunto su cui puntava l'opposizione non c'è stato: anzi, c'è stato al contrario. Se quel 10% in più per Crocetta, rispetto alla sua coalizione, l'avesse preso Gagliano, rispetto alla sua di coalizione, oggi saremmo al ballottaggio. Invece, il computo di quella percentuale è operazione per la quale si calcola di quanto l'avvocato Gagliano sia, addirittura, sotto la sua stessa coalizione. I numeri, difficilmente, mentono. Pur considerando il ritardo con cui è partito, il principale antagonista di Crocetta non è andato oltre e la suddetta «operazione verità» è rimasta tale solo a livello mediatico, portando seco il rischio di nauseare l'elettorato. Nel suo programma, la sostanziale novità rispetto a Crocetta, è stato l'attacco al petrolchimico: un tentativo disperato, elettoralmente qualificabile come un autentico suicidio. Poco risalto (solo qualche accenno) è stato dato all’emergenza sicurezza (differente dal problema acqua su cui si è insistito a dismisura: la gente sa non c’è un’emergenza acqua, ma una profonda crisi strutturale che non dipende solo dal sindaco di turno), quella che è tale, a tutti gli effetti, nelle ore notturne: il vero tallone d'achille della battaglia per la legalità portata avanti da Crocetta e fortemente avvertito, in ogni quartiere, dalla popolazione gelese a prescindere dal ceto sociale. Argomento sottovalutato, fin troppo.
E dire che in molte delle recenti amministrative del nord, candidati a sindaco hanno vinto proprio assumendo come primo punto della piattaforma programmatica la sicurezza (lì il problema lavoro è meno avvertito). Quasi paradossale. Anche avanzando proposte utopiche, sul punto in questione, si sarebbe creato un dibattito cittadino da cui l’opposizione avrebbe solo guadagnato. Un dibattito che, più in generale, è stato privo di confronto dialettico (ovvio che Crocetta intendesse, al riguardo, sottrarsi: non ne aveva interesse alcuno).

Spettava ai 4 candidati dichiaratamente contrari all'ipotesi Crocetta, crearlo. Spettava, in primis, a Gagliano, stimato uomo e professionista, che non è invero riuscito a farsi “individuare” dalla gente: e poteva farlo solo trascinando sul terreno del confronto Crocetta, attraverso argomenti sentiti dalla cittadinanza e non attraverso la mera polemica avversariale a distanza.
Tenuto in debito conto il trend negativo dell’intera coalizione, tengono parzialmente Forza Italia (capace di rinnovarsi con 4 nuovi consiglieri: Trainito, Greco, Scuvera e Muncivì) e Udc (con 2 seggi: Cirignotta e Gallo), ma rimane il fatto che, rispetto alle precedenti amministrative, entrambe perdono 2 seggi a testa, così come Alleanza Nazionale che paga la scissione con Alleanza Siciliana fino a scomparire (per entrambe, nessun seggio). Paga, soprattutto, l'ex vice-presidente del consiglio comunale Angela Galioto, esclusa da una legge elettorale che, a certe condizioni, si mostra ingenerosa anche verso chi raggiunge un consenso non indifferente. Gagliano deve accontentarsi di due seggi (Celona capolista MpA e Robilatte strategicamente inserito nella lista creata ad hoc, Terra Nuova). Conferma di avere un suo elettorato di riferimento, l'ex presidente del consiglio comunale Pino Federico che ottiene con la sua lista 2 seggi (lo stesso Federico e Ferracane).
Dall'altra parte, dopo l'infelice motto “Gela Città Felice”, subito accantonato, maggior riscontro ha avuto lo slogan “Indietro non si torna” recepito dall'immaginario collettivo. La presenza, poi, nei comizi del centro-destra di dirigenti catanesi, nisseni, agrigentini, trapanesi, palermitani e persino romani, ha trasformato “L'orgoglio di essere gelesi” crocettiano in un inno trionfale, per certi versi, apocalittico. In ogni caso, man mano che ci si avvicinava al voto, cresceva la sensazione che Crocetta vincesse già al primo turno, ma nessuno osava pronosticare, seriamente, un tale responso «bulgaro». Insomma: s’è fatto strada il proverbio “Cu lassa a vecchia pa nova, peggiu trova”.
L'elettorato, cioè, ha riconosciuto Crocetta, nel bene e nel male. A sostegno, altresì, una coalizione che ha reso non poco, con i due partiti principali (Ds e Margherita in procinto di confluire nel Pd), molto forti. La tenuta della Margherita è un risultato, a tratti, davvero sorprendente: lotte intestine, scissioni, partenze eccellenti e quant'altro non hanno impedito un risultato eccezionale (con 4 seggi conquistati: Di Dio, Fava, Giordano e Nuccio Cafà). Sfondano, letteralmente, i Democratici di Sinistra (con 8 seggi: Donegani, Arancio, Paolo Cafà, Orlando, Biundo, Giuseppe Ventura, Vella e Liardo: e se i 4 assessori uscenti, fra gli 8 eletti, vengono confermati in giunta, ci sarà spazio anche per gli altri, scorrendo addirittura fino al 12° piazzato) che presentavano una lista, a dir poco, competitiva. Per contro, la sinistra radicale (Rifondazione Comunista) ed ambientalista (Verdi) si conferma insignificante a livello locale (dopo gli scarsi risultati nelle regionali e nelle politiche). Modesto il contributo di Cittadinanza Democratica e del Coccodrillo (con Silvana Grasso, peraltro, battuta nella stessa lista dal candidato Fisci) che non prendono nulla, mentre il contraltare è Italia di Mezzo con Fabio Collorà, tornato al civico consesso (nel 2002 non ci riuscì per una manciata di voti) a conferma che in realtà locali, indagini mediatiche, spot e teatrini, a livello di elezioni di consiglieri comunali servono a ben poco: conta molto più il “door to door” con volantini sempre a portata di mano. Delude le aspettative, anche la compagine Noi Democratici voluta dal presidente Collura ed imparentata con l'Italia di Mezzo, così come Donne Uomini e Libertà imparentata con i liberali di Trufolo: unico ad essere eletto. Si possono inquadrare i seggi conquistati dallo Sdi, dai Fed. Dem-Udeur e dalla Libera Città Civile, nonché, dalla stessa Primavera Siciliana e da Tutti per Gela come singole affermazioni personali dei rispettivi candidati (Rinciani, Ferrara, Nastasi, nonché, gli stessi Giocolano e Susino) senza per questo svuotarne il significato o svilirne il merito: anzi, tutt’altro.
Un dato incontrovertibile è, invece, la presenza di una sola donna nel consiglio (l'avvocato Cassarà della famiglia dei Comunisti Italiani di Crocetta) e la ricerca della coerenza espressa dall’elettorato come esigenza di chiarezza (nel marasma generale). Infatti, pagano lo scotto dei passaggi da una formazione politica all’altra, persino da uno schieramento politico all’altro, in molti: l’elenco sarebbe lungo ed impietoso (l’unica eccezione è l’assessore Enrico Vella: ma si potrebbe obiettare che il passaggio dalla Margherita ai Ds è solo provvisorio, in attesa del Partito Democratico).
Emerge, altresì, la netta tendenza ad uno svecchiamento della classe dirigente (a quelli citati è da aggiungere il probabile ingresso di Giacomo Gulizzi, attraverso lo scorrimento nella Margherita): fatto da accogliere certamente come positivo. Tra gli assessori, vengono confermati dalla sanzione elettorale coloro che hanno avuto, in questi 4 anni, maggiore visibilità (desta una certa sorpresa lo scarso consenso ottenuto dal preside Vullo, ad onor del vero, frutto di un evidente lassismo mostrato).
In una competizione con 639 candidati, con naturale conseguenza una selvaggia dispersione di voti, i 1381 raccolti da Miguel Donegani rappresentano un exploit inverosimile. Se fossimo in Francia, magari parleremmo di coabitazione: ma, a parte il carattere provocatorio di una tale affermazione, continuare a identificare Donegani come il delfino di Speziale prima e di Crocetta poi, di fronte a risultati del genere, ammettiamolo, equivarrebbe a reiterare una colossale sciocchezza. C’è una famiglia che non ha nulla da imparare in politica, riunitasi sotto un unico vessillo (dopo le storiche divisioni del passato tra Pci e Psi) e la cui sezione Gerotti, è la più agguerrita fra quelle diessine locali. C’è un considerevole seguito di gente fidata, già all'opera durante le politiche (poco sotto la decina di migliaia di voti) ma rimasto poco visibile, all’ombra, quindi difficilmente intercettabile da qualche vecchio marpione della politica (ancora in giro). C’è, soprattutto, un giovane di 35 anni che lascia ad altri dire “armammini e partiti”, ponendosi in prima linea, quotidianamente; che veste giacca e cravatta in tutte le stagioni; in possesso del dono dell’ubiquità allorchè ci sono quattro manifestazioni organizzate in altrettanti quartieri; capace di bucare lo schermo così come di cercare il contatto diretto con la gente, andando a stringere la mano alle casalinghe intente a fare spesa al mercato cittadino e, non ultimo, a perlustrare a tappeto tutta la città, facendo il pieno poi in quasi tutte le sezioni.
E’, in primis, lo stesso Donegani a non potersi sottrare alle responsabilità che derivano da un tale consenso ed una tale investitura. Assessorato e vice-sindacatura garantiti? Probabile.
Accettare, però, significherebbe anche rinunciare alla carica di consigliere e rischiare di bruciare un record di consensi, mettendosi sotto scacco del sindaco Crocetta (poco incline al condominio politico) che potrebbe benissimo alzarsi un giorno (le regole lo prevedono) e legittimamente allontanarlo. Affatto non trascurabile, invece, l’ipotesi di una presidenza del Consiglio (che permette indipendenza ed autonomia dall’esecutivo), accarezzando magari l’idea di una sfida (inedita e per questo più che interessante) come quella di accrescere la comunicazione e la visibilità all'esterno del consiglio stesso. Nella forma di governo locale recentemente delineatasi, inutile negarlo, il consiglio comunale è sempre meno decisivo quale organo deliberativo-amministrativo (per molti versi ci si avvicina alla forzata ratifica), costretto ad un affannoso recupero in termini di credibilità, atteggiandosi ad “arena” di dibattito politico: quello che non deve mai mancare, specie quando l’opposizione è in netta minoranza; quello di cui Gela, fra le altre cose, continua ad avere tremendamente bisogno. Non dovrebbe mai dimenticarsene, chiunque vada a sedersi su quella poltrona.


Autore : Filippo Guzzardi

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