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notizia del 11/06/2012 messa in rete alle 21:18:52
Palingenesi gelese
Sembra strano, ma da quando la crisi del lavoro e delle imprese ha investito Gela pare che qualche innesco si sia generato. L’annuncio della cassa integrazione dei dipendenti del diretto della raffineria Eni ed il conseguente accordo sindacale hanno acceso la miccia di un processo cittadino e comprensoriale non solo reattivo ma, per certi versi, prospettico, a condizione che si sappia leggere dai fatti e dalla storia dei fatti.
La reazione della politica locale all’accordo è stata generalmente centrata sulla apparente anomalia di un accordo sindacale troppo rapido e non preceduto da manifestazioni rivendicative ex-ante. Un’osservazione più estetica che sostanziale, perché nessun politico ha mai esplicitato la strategia rivendicativa da mettere in atto prima di pervenire a qualunque accordo.
Né cosa avrebbe significato rigettare la proposta della temporanea fermata delle linee produttive rispetto al contesto di mercato, che i politici fanno sempre a meno di menzionare perché l’economia, da un certo mondo politico prevalente, è pensata come un’area in cui si decide fuori da una logica di competitività. Le aziende siciliane compartecipate dalla Regione ne sono un emblema. Finanziate e rifinanziate ogni anno generano lavoro precario e di bassa qualità. Ma questo pare essere un dettaglio per alcuni.
Eppure, pur in un contesto reattivo, la città si è interrogata e alcuni fatti sembrano aprire circostanziate opportunità che possono evolvere. Queste opportunità, che sono di fatto degli inneschi, potrebbero traghettare l’assetto cittadino verso una comunità così definibile: policentrica, analogica e basata sulla governance.
Ognuno dei termini va chiarito. Partiamo dal primo, il più sostanziale.
Dopo l’annuncio della fermata temporanea delle linee produttive della raffineria il vero tavolo di confronto istituzionale è quello prefettizio e su tale tavolo sono state accolte da Eni le richieste del comprensorio, basate sulla disponibilità delle aree dismesse della raffineria e delle utilities da fornire a costi di produzione verso nuova imprenditoria non confliggente con il business petrolifero locale. Un’opportunità che è stata implicitamente potenziata dalla concorrenza di un altro evento significativo: il decreto presidenziale sull’istituzione della zona franca per la legalità della provincia di Caltanissetta pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Regione negli ultimi giorni di maggio. Gela vi rientra a pieno titolo. Tale concomitanza ha facilitato l’interesse di imprenditoria nazionale e mondiale verso i siti disponibili della raffineria, mobilitando aziende come la Mapintec, del presidente di Confindustria Squinzi, ai fini dell’utilizzo del polverino di coke per la produzione di mattoni per l’edilizia civile. Altri imprenditori globali hanno manifestato interesse per la lavorazione della canna comune, quella che cresce su bordi delle strade delle nostre campagne siciliane, ai fini della produzione di bioetanolo. Si aprono pertanto scenari che preludono a business aggiuntivi e soprattutto attivati da primarie società italiane. Queste chances dovrebbero spingere l’amministrazione locale a favorire piani industriali di qualità, con al centro business di medio-lungo periodo rivolti a mercati internazionali, garanzia questa di posti di lavoro stabili nel tempo. Questa è la sfida: il passaggio dal monocentrismo petrolifero ad un iniziale policentrismo industriale che va accompagnato e irrobustito nel tempo. Se tale approccio verrà capito sarà una nuova opportunità per rilanciare il territorio e diversificarne l’economia.
Veniamo alla seconda definizione. Il recente incontro tra il management della raffineria ed i capigruppo politici del consiglio comunale è stato un evento nuovo. Nuovo per il segno che contiene rispetto al dialogo tra la città e l’insediamento industriale. Aver deciso di parlare direttamente con la politica, purché in modalità strutturata, è un segnale non banale. Dimostra l’assunto che la rappresentanza e la disciplina che impone la rappresentanza è un fatto sostanziale. E’ l’affermazione che un protocollo deve esserci sempre e chi rappresenta si assume responsabilità di cui dar conto. La città di Gela questa disciplina non l’ha mai avuta, infatti le polemiche che hanno preceduto e seguito le modalità di questo evento lo testimoniano. Pur tuttavia l’incontro è stato definito proficuo da vari partecipanti politici per il semplice fatto che la rappresentazione del piano di azioni industriali e degli investimenti dell’Eni sulla raffineria ha trovato uno spazio pubblico per essere illustrato e dibattuto. I quesiti e le perplessità hanno trovato un luogo di confronto, sostanzialmente civile e improntato a sincera volontà di comprendere cause e motivazioni.
Senza volerlo, in quella sede si è innescato un blando passaggio da un atteggiamento digitale ad uno analogico. Un comportamento digitale è quello a cui assistiamo da troppo tempo tra la politica locale e l’Eni, una sorta di accettazione o rifiuto mai modulato che alla fine cancella ogni capacità di gestire situazioni complesse per approdare a posizioni accusatorie e rivendicative. Non che certe prerogative non vadano rivendicate ma comportamenti manichei, quindi digitali (on-off), se ne sono visti troppi anche verso le organizzazioni sindacali accusate di chiara connivenza con l’industria. Questo cancella quei comportamenti intermedi che servono a trovare atteggiamenti concertativi e convenienti per le parti che magari conseguono vantaggi limitati ma compiono passi in avanti dai quali poi ripartire per ridiscutere e confrontarsi. Un atteggiamento che può definirsi “analogico” e che consentirebbe di concertare azioni sul piano del lavoro, della sicurezza, dell’ambiente e dell’intervento sociale senza innescare blocchi nel governo dei fenomeni collettivi. Uno fra tutti: il costituirsi parte civile da parte del Comune di Gela in processi per impatto ambientale contro la raffineria può risultare un atto di sensibilità civile ma è allo stesso tempo l’ammissione di un fallimento nel governo della vigilanza da parte delle istituzioni che avrebbero dovuto strutturarsi per garantire la cittadinanza. E’ pertanto anche questo l’emblema di un comportamento digitale. L’incontro strutturato con la politica gelese è invece l’esempio di un comportamento analogico certamente più proficuo di ogni pur intransigente comportamento digitale, se il vero obiettivo è la tutela delle prerogative della cittadinanza. Se le istituzioni rappresentative vogliono essere una reale controparte devono coltivare comportamenti analogici sui quali basare piccoli ma continui passi in avanti nel governo della città e dei suoi insediamenti.
L’ultima definizione riguarda la governance cittadina. Noi siamo abituati al governo statuale definito come government, ossia ad una concezione gerarchica del potere. La governance presuppone invece varie pratiche che soggetti pubblici e privati svolgono in regime di interdipendenza reciproca per la gestione della società, creando un circolo virtuoso di autocorrezione reciproca. E’ proprio questa prassi che a Gela stenta ad attecchire, anche per il predominare di comportamenti definiti digitali che preludono sempre a pura reattività. Ed invece la popolazione potrebbe essere meglio garantita da una governance diffusa, innescabile se la città si apre ad esperienze imprenditoriali, e non solo imprenditoriali, nuove e globali. Forse oggi qualche occasione si prospetta ed andrebbe incoraggiata per scrollarci di dosso l’antico retaggio dei tragediografi dell’antica Grecia da cui siamo stati contaminati, fonte di profonda sensibilità umana ma di contestuale enfasi comportamentale.
Autore : Sebastiano Abbenante
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