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notizia del 11/02/2007 messa in rete alle 20:22:17
Candidature difficili, tra paure e veleni
ACAB, ovvero “all cops are bastards”, tutti i poliziotti sono bastardi. E’ questo il vergognoso e assurdo tatuaggio che fa bella mostra sulle braccia di molti tra gli imbecilli ultras, in buona parte giovani, che hanno utilizzato le partite di calcio non per tifare la propria squadra ma come alibi per lasciarsi andare ad atti di violenza contro le forze dell’ordine, detestate e odiate senza un preciso motivo.
Ma quel che fa paura, in questa gente senza valori e senza rispetto per il prossimo, è la distinzione netta tra gli “sbirri”, come li chiamano loro, e gli altri, quel fare di tutta l’erba un fascio, quel dividere i buoni dai cattivi (e le forze dell’ordine stanno tra i cattivi, secondo il loro barbaro codice).
Sui fatti di Catania e sulla morte dell’ispettore Raciti sono stati scritti fiumi di parole, e forse non è il caso di aggiungerne altre. Ma è forse il caso che ognuno di noi rifletta sui valori su cui si fonda la nostra società, e se quei valori sono ancora integri oppure occorra riscoprirli con forza, ritrasmetterli con decisione alle nuove generazioni. Nuove generazioni che forse non sanno bene cosa significhi democrazia, libertà, educazione, rispetto, legalità.
Su questo bisogna lavorare senza tentennamenti, e per evitare che simili fatti si ripetano servirà forse qualche veglia di preghiera in meno e un grande impegno civile in più.
Passiamo ai fatti di casa nostra, dove l’impegno di molti è indirizzato alle prossime elezioni amministrative.
Sta avvenendo un fatto strano, di cui la stampa ancora non ha parlato. Ma è un fatto sintomatico dei veleni della nostra città e della paura strisciante che attanaglia molti nel pesante clima politico locale.
Avviene che diversi imprenditori, alla richiesta di candidarsi alle amministrative, abbiano declinato l’offerta, non per mancanza di interesse a partecipare, ma per paura di rimanere coinvolti in qualche inchiesta giudiziaria.
La motivazione ricorrente è questa: “Grazie, ma preferisco stare tranquillo. Se mi candidassi, spunterebbe sicuramente qualche pentito che fa il mio nome, con tutte le conseguenze del caso. Meglio evitare problemi”.
Ecco dunque l’effetto degli “ultras” della legalità: la paura diffusa nel partecipare alla vita civile. Come gli ultras catanesi, anche a Gela si è venuta a creare una netta distinzione tra i buoni e i cattivi. I buoni sono quelli che strombazzano da mattina a sera di legalità ed antimafia, che partecipano ai tavoli di regia, che in nome della legalità occupano tutti gli spazi di governo e sottogoverno e li blindano nei confronti di chi non fa parte della congregazione, che fanno i patti per il lavoro, i patti per la legalità, i patti per lo sviluppo, i patti per tutto.
Chi è fuori da questa “lobby” (scusatemi il termine inglese, ma quando ci vuole ci vuole) fa parte dei cattivi, dei presunti mafiosi fino a prova contraria, dei presunti collusi, e guai se ci si permette di criticare la “gioiosa macchina da guerra” della legalità: si rischia di finire in bocca a qualche pentito.
Democrazia, libertà, rispetto: mi chiedo se questi valori esistono nella nostra città, mi chiedo se ancora resistono nel momento in cui i cittadini rifiutano di candidarsi per paura di complicazioni giudiziarie. Era questo il Rinascimento romesso?
Autore : Giulio Cordaro
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