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notizia del 07/09/2012 messa in rete alle 18:51:58
La grande scommessa di Crocetta
Incassato il sì ufficiale alla propria candidatura ed all'alleanza con l'Udc, pronunciato quasi all'unanimità (un solo voto contrario, area Marino) dalla direzione regionale del suo partito (il Pd), Crocetta è ora chiamato a vincere quelle che potrebbero passare alla storia come le «sue» elezioni. Sulla base dell'attuale schema di forze in campo, i binari del treno elettorale dell'ex sindaco di Gela, nella corsa alla carica più ambita nell'isola, passano attraverso tre stazioni: formazione della lista del presidente; effetto trascinamento/voto disgiunto; voto d'opinione/in-decisi/astensionismo.
Ai due poli, centro-destra e centro-sinistra si presentano spaccati. In mezzo, un “nuovo polo” che si proclama a vocazione “autonomista e sicilianista”, tatticamente alternativo. I rispettivi candidati, Musumeci (Pdl, Pid-Noi Sud, La Destra-As), Crocetta (Pd, Udc, Psi, Api?) e Micciché (Grande Sud, Pds, Mps, Fli-Pli?) sono i favoriti. Per ogni collegio provinciale, plausibilmente, ci sarà almeno una lista «Musumeci Presidente» in cui andranno a confluire gli ex An capitanati da Urso (Fare Futuro) ed i “berluscones” rimasti fuori dalle liste del Pdl, nonché forse la stessa Alleanza Siciliana di Musumeci qualora quest'ultimo non optasse con La Destra per un'ulteriore lista a parte. Parimenti, ci sarà per ogni collegio provinciale almeno una lista «Crocetta Presidente» in cui saranno candidati sicuramente esponenti socialisti e forse rutelliani. Rimane cioè un punto interrogativo su quest'ultimi tant'è che sfuggono i motivi della presenza di Spampinato (Api) ancora in giunta nel momento in cui andiamo in stampa. Miccichè ha già la sua lista in Grande Sud, così come del resto il governatore uscente Lombardo nel neonato Partito dei Siciliani, mentre i finiani hanno trovato l'accordo con i liberali ma la direzione che avrebbe dovuto ratificarlo è stata rinviata per dissapori interni. Probabile una lista ulteriore in cui ai candidati del Movimento Popolare Siciliano di Ruggirello si aggregherebbero coloro che non hanno trovato posto nella lista dell'ex Mpa.
Va da sé che all'interno dei 3 schieramenti principali, quella che può esprimere una minimo di “discontinuità” (sia nazionale che regionale) è proprio la lista di Crocetta. Una condizione che può essere di “vantaggio” rispetto ai due principali avversari (Musumeci già sottosegretario e di nuovo alleato di Berlusconi, Miccichè alleato di Lombardo) costretti per giunta a prestare il fianco agli equilibri interni alla coalizione. Per dirla tutta, la grande scommessa di Crocetta parte dal non cedere alla tentazione di ridurre la propria lista al “partito degli illustri esclusi di Pd e Udc” - come peraltro raccomandano i due partiti in questione - ed, al contempo, arruolare gente seriamente disposta a setacciare la provincia senza limitarsi a salire in carrozza. Del resto, in assenza di voto confermativo e con un turno unico (non c'è ballottaggio) che auspica un “effetto trascinamento delle liste” nei confronti del candidato, tale operazione non solo è altamente consigliata, ma è financo ovvia, per non dire obbligata.
Candidare nella propria lista parlamentari uscenti e dirigenti di Pd e Udc, in primo luogo sottrae elettorato ai due partiti menzionati senza aggiungere nulla a Crocetta. In secondo luogo non esclude «hic et nunc» lo spettro del “fuoco amico”; nè assicura di per sé l'effetto trascinamento delle liste provinciali che concorrono per la ripartizione degli 80 seggi. Semmai, sarebbe chiamato solo Crocetta a fare da traino ai suoi. Per contro, candidare dirigenti di partiti minori e senza speranza innanzi alla soglia di sbarramento (Psi ed Api?) accanto esponenti della società civile, specie movimenti ed associazioni, è condizione necessaria e sufficiente per “garantirsi” in assenza di voto confermativo. Hanno tutto l'interesse, cioè, a spingere le proprie candidature parallelamente a quella del candidato alla presidenza nella cui lista sono inseriti. Altresì, annullare il pericolo di “franchi tiratori” nella coalizione a sostegno, non è stato mai possibile in passato così come in questa occasione, facendo a meno di “candidature di servizio” e potendo collocare utilmente “coloro rimasti fuori dalle liste provinciali” (con peso elettorale spendibile per il candidato) nel “listino” regionale. Col sistema partitico così frazionato è impensabile raggiungere la fatidica quota del 60% e cioè 54 seggi all'Ars (niente premio maggioritario). E' già difficile ipotizzare, infatti, che la coalizione a sostegno oltrepassi il 45% che varrebbe i 37 seggi utili, uniti ai quelli del listino (premio maggioritario), per assicurarsi la maggioranza minima al Parlamento regionale. Un premio maggioritario (listino regionale) che scatta sempre e comunque al di sotto del 45%. I candidati nel listino regionale, insomma, hanno buone possibilità di sedersi a Palazzo dei Normanni, ma a condizione di serrare le proprie fila affinché il capolista sia il vincitore della competizione. Sarebbe un suicidio elettorale, invece, restare alla finestra.
D'altra parte, una lista Crocetta “aperta” in alcuni contesti locali (dove l'azione di penetrazione nel territorio, senza candidati Pd e Udc dentro, perde decisamente mordente) anche ad esponenti politici non necessariamente di area centro-sinistra, potrebbe fungere da deterrente (alla radice del problema) circa il rischio di un voto disgiunto a sfavore di Crocetta che aleggia e che non può essere sottovalutato. L'alleanza con l'Udc, di fatto, lo espone all'eventualità di un voto dell'elettorato moderato dirottato a favore di Musumeci e/o Micciché sostenuti nelle proprie fila da centristi (cuffariani, lombardiani e popolari siciliani), senza trascurare l'ipotesi di un “nostalgico” cambio di rotta verso il nipote di Sturzo.
Se consideriamo, infine, le pregresse tornate elettorali, Musumeci ha dimostrato nella disputa alle provinciali catanesi di saper pescare anche dall'altra parte della barricata, in un bipolarismo indotto dalla legge elettorale in materia di enti locali. Idem Crocetta alle amministrative. Anzi, specie al secondo tentativo a Gela, la riconferma plebiscitaria ottenuta ne ha evidenziato una discreta abilità a rastrellare ovunque. Un'attitudine bella e buona confermata da entrambi, subito dopo, nelle rispettive candidature all'europarlamento, vale a dire in uno scenario elettorale dove il voto d'opinione sopravanza di gran lunga - quasi emarginandolo - il voto strutturato. Un qualcosa in ordine al quale non è mai stato messo alla prova Miccichè (cimentatosi solo in elezioni politiche) e che lo rende, sotto questo profilo, un'autentica incognita. Sta in ciò forse l'aspetto più enigmatico ed affascinante di una competizione elettorale che vedrà, con un terzo (il passionale Miccichè) provare a fare da incomodo e due personalità tanto accorte, scaltre e ferrate nell'attrarre consensi, quanto diverse nel relazionarsi con l'ambiente circostante. Il flemma e l'oratoria (Musumeci) contro l'istrionismo e la visceralità (Crocetta), in lotta per convertire alla causa i tanti indecisi, altrimenti destinati a disperdere il voto, ovvero ad arricchire il bacino degli astenuti che tutti i sondaggi accostano sempre più al 50 percento.
Autore : Filippo Guzzardi
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