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Corriere di Gela | Il Cga sconfessa il Tar
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notizia del 20/11/2011 messa in rete alle 18:41:57
Il Cga sconfessa il Tar

Sentenza dall'esito tanto annunciato quanto immotivatamente ritardato. Dopo l'entrata in vigore della legge regionale del 5 aprile 2011, n. 6, avente a oggetto “modifiche di norme in materia di elezione, composizione e decadenza degli organi comunali e provinciali”, era presumibile un ritorno a quanto stabilito dall'Ufficio Centrale Elettorale all'indomani del voto. Reintegrati i 7 consiglieri esclusi in 1° grado dal Tar: Giovanna Cassarà, Giuseppe Collura, Giuseppe Morselli, Guido Siragusa, Niccolò Gennuso, Salvatore Cauchi e Luigi Farruggia. Fuori Nunzio Scudera, Saverio Verderame, Fabio Collorà, Rocco D’Assenza, Gioacchino Gradito (nel frattempo dimessosi da presidente del comitato di quartiere Macchitella) ed Orazio Maganuco (che si era dimesso da assessore). Giuseppe Verdone rimane perché subentra al neo assessore Ugo Costa.

Cosa è cambiato di fatto dalla sentenza del Tribunale amministrativo regionale? L'impianto normativo, con tanto di “interpretazione autentica”, quella cioè che ricorre nel momento in cui è il legislatore stesso a definire l'interpretazione di una disposizione. In particolare, l’art. 6 della l.r. n. 6 del 2011, dal titolo “interpretazione autentica in materia di computo dei voti per l’attribuzione del premio di maggioranza”, chiarisce una volta per tutte che ai fini dell’attribuzione del premio di maggioranza (60% dei seggi) non sono computabili i voti espressi per le liste al di sotto della soglia di sbarramento (5% dei voti validi).

Una norma di interpretazione autentica è per definizione retroattiva, ma giusto per non lasciare nulla al caso (il giudice può contestare, nel merito, la natura “autentica” in sede interpretativa), il legislatore ha pensato bene di stabilire comunque ed espressamente la retroattività attraverso l'art. 13, ai sensi del quale tutte le disposizioni contenute nella citata legge producono effetti a decorrere dal 1° gennaio 2012, ad eccezione di tre suoi articoli, tra cui per l'appunto l'articolo 6 in questione. Chiuso ogni margine argomentativo al giudice, quest'ultimo ne ha preso semplicemente atto, pur cadendo lo stesso nella tentazione di dire la propria sul punto. Ed invero, per il giudice d'appello l'interpretazione autentica ex art. 6, va solo a confermare una tesi che è poi la stessa del presidente dell'Ufficio Centrale Elettorale, dott. Leone. Se per il TAR, quello “di maggioranza” è un premio afferibile al Sindaco neo eletto, tanto da aspettare l'eventuale ballottaggio per assegnarlo, per l'Ufficio Elettorale prima e per il Cga oggi, invece, è afferibile solo al civico consesso ed in quanto tale diretto solo ad influenzare i rapporti di forza tra maggioranza ed opposizione all’interno dell’organo consiliare. Ad avviso del Collegio, cioè, i voti delle liste che il Legislatore regionale ha ritenuto non validi nella fase relativa all’attribuzione dei seggi, poiché al di sotto della soglia di sbarramento, non possono poi riacquistare validità in un momento che si ritiene successivo come quello dell’attribuzione del premio di maggioranza. La ratio legis della soglia di sbarramento consiste nel favorire la concentrazione dei candidati in liste omogenee e disperdere il voto espresso in favore di liste che non superino la percentuale minima, in modo che l’elettore sia indotto a orientarsi verso raggruppamenti o liste che gli garantiscano l’utilità del voto. Come si può notare, del “candidato a sindaco” non v'è assoluta menzione.

A questo punto, aspettare l'esito di un ballottaggio per assegnare il premio di maggioranza, diventa un aspetto procedurale meramente formale. Non a caso, le indiscrezioni sulla mancata assegnazione del premio di maggioranza che trapelavano già all'indomani del 1° turno furono pienamente confermate all'indomani del 2° turno. Per il CGA, pertanto, attraverso la soglia di sbarramento, il legislatore siciliano ha inteso far coincidere voto utile con voto valido, anzi quest'assunto è da ritenersi pacifico anche nel resto d'Italia citando una recente sentenza del Consiglio di Stato.

In realtà, l'anomalia non risiedeva tanto nella cattiva (o presunta tale) formulazione degli articoli incriminati, ovvero nel loro combinato disposto, quanto piuttosto nel prevedere una sola scheda di voto (voto solo al sindaco ed automaticamente anche alla lista collegata) unitamente alla possibilità del voto disgiunto. Il pasticcio nasceva sostanzialmente da qui. Gli interventi legislativi successivi fino alla LR 6/2011, tutt'altro che inseriti in un disegno organico, hanno fatto il resto, consolidando anziché dirimere una controversia interpretativa. Il discorso cambia con la L.R. 6/2011 che ha, infatti, introdotto il sistema del voto “separato” per il candidato sindaco e le liste collegate, grazie al quale ora il cittadino può tornare a “pesare” la consistenza, da un lato, della lista e, dall'altro, del candidato a sindaco, sia esso collegato o disgiunto. Dovrebbe derivarne una presenza più visibile dei partiti (e non dietro liste civiche camuffate) e, molto probabilmente, molte meno (se non niente più) liste civetta: vale a dire quelle decisamente più a rischio di non oltrepassare il 5%.


Autore : Filippo Guzzardi

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