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notizia del 26/08/2012 messa in rete alle 18:18:42
La politica vettoriale di Rosario Crocetta
L'ascesa della candidatura di Rosario Crocetta a governatore della Sicilia si arricchisce di alleanze e polemiche, mantenendo però un crescendo nelle adesioni, spontanee e indotte, di frange partitiche, movimenti di opinione, rappresentanze civili e istituzionali, semplici cittadini, controparti politiche in competizione e immancabilmente di clientes che, con la "rivoluzione crocettiana", sognano opportunità prima perimetrate ai soliti professionisti della politica e ai loro adepti. Insomma, come ipotizzato, la valanga Crocetta, armata della capacità di stupire, miete consensi.
La campagna elettorale è ormai entrata nella fase delle alleanze, successiva alla fase della proposta di candidatura. Lo stesso Pd regionale si è dovuto "piegare" alla nuova valanga politica dell'eurodeputato gelese, forse troppo sottovalutata prima. Il Pd ha collezionato in Sicilia la sua ennesima cattiva figura. Non sul piano dei contenuti ma sul piano della disciplina di partito che, di fatto, non esiste e che sembra il male endemico di un partito destinato a governare l'Italia per i prossimi anni.
Ma la polemica più intensa è basata sulla critica dell'alleanza con l'Udc.
La proposta è stata avanzata dal candidato Gianpiero D'Alia ancora prima che tutto il Pd si pronunciasse a favore di Crocetta. Una tempistica di un tatticismo evidente. Molti sostenitori si sono sentiti traditi e l'hanno esternato sui social network, riempendo intere videate di commenti anche accusatori.
Eppure tale tipo di escalation nelle alleanze poteva essere previsto sia da chi conosce bene le tattiche dei boiardi centristi siciliani sia da chi sa come Crocetta ha retto l'amministrazione comunale nel suo periodo di sindacatura "rivoluzionaria".
In una cosa Crocetta ha perfettamente ragione, nell'usare il termine "rivoluzione". Peccato che l'Udc regionale non sappia ancora bene cosa sia la rivoluzione Crocettiana.
Chiariamo alcuni antefatti.
Nei primi anni di insediamento del Governatore dimissionario, alleato con il PdL, Berlusconi se ne servì per far fare a Lombardo il lavoro sporco che l'ex premier di Arcore voleva realizzare in Sicilia: estromettere i “Casiniani” dalla ragnatela dei poteri amministrativi in Sicilia. La vendetta di Berlusconi su Casini si concretizzò nell'indebolire il maggior bacino di voti dell'Udc proprio in Sicilia. La politica dei clientes e il "no making power" della macchina amministrativa siciliana hanno avuto nell'area centrista siciliana i loro motori più efficaci. Anche se il governatore successivamente ruppe l'alleanza con il Pdl siciliano, tale politica di estromissione dell'Udc sortì i suoi effetti.
Oggi l'Udc tenta di riconsolidare la maglia di poteri amministrativi ed istituzionali presenti in Sicilia perché la Sicilia non può essere perduta da una forza politica che ha radici storiche regionali tanto profonde. In questa chiave va letto l'intraprendente gesto di D'Alia nel dichiarare l'alleanza di programma con Crocetta e con il Pd.
Programma comune, esordisce D'Alia. Ma d'Alia sa bene che tra una ennesima sconfitta e la possibilità di essere presente nel governo siciliano, l'alternativa non si pone neppure. L'obiettivo dell'Udc è consolidare. Ma l'Udc regionale non conosce bene Crocetta perché altrimenti avrebbe ben da temere. Crocetta fa bene i suoi conti e lo dice anche chiaramente: "intanto vinciamo" dice. La vittoria è il primo obiettivo.
Crocetta, nel suo mandato da sindaco di Gela ha governato con una maggioranza comunale dinamica, continuamente variabile, a volte anche succube delle sue "rivoluzionarie" decisioni. Pertanto Crocetta ha già sperimentato un metodo dinamico di governo che prevede di prendere sempre l'iniziativa sfidante e non dare il tempo alla controparte di serrare le fila. In questo Crocetta è imbattibile, un vero rivoluzionario. Ma l'Udc, ammaliato dalla possibilità di giocare un ruolo di consolidamento della sua presenza in Sicilia, sottovaluta tale tecnica di governo.
Lo vedremo quando Crocetta, da Governatore, comincerà a collocare nei punti chiave gente di riferimento, a blindare procedure e prassi con vincoli istituzionali ed il coinvolgimento delle istituzioni antimafia e delle prefetture, a decurtare stipendi e provvigioni, a demansionare i notabili amministrativi ed eliminare consulenze e ad aprire ad associazioni e mondo sociale. E' un film che i Gelesi hanno già visto e che hanno ben chiaro.
L'Udc regionale forse no. Sarà un bel vedere. Il cattolicesimo professato da Crocetta non arginerà la sua carica rivoluzionaria. Crocetta come aratore e rivoltatore di zolle non ha eguali. E dopo i primi cento giorni da Governatore, i poteri forti siciliani se ne accorgeranno.
La sua è una tattica politica che può essere chiarita solo con la rappresentazione vettoriale delle forze in campo. Se due vettori hanno direzioni differenti ma insistono sullo stesso punto di applicazione la nuova direzione del vettore risultante è diversa dai due e viene data dalla diagonale del rombo che li inscrive. Ecco perché Crocetta assume posizioni spesso "rivoluzionarie", perché deve controbilanciare altri vettori politici ed il risultato è la composizione di tali forze in campo. Una politica vettoriale che spesso ha visto approcci rivoluzionari su temi come la disponibilità delle risorse idriche, l'irreprensibilità dei dipendenti comunali, le garanzie sulle gare di appalto, pur ottenendo poi risultati mediati dalle resistenze in campo e dai vincoli della realtà italiana.
Insomma, un genuino compagno dei maestri delle rivoluzioni non violente come Srdja Popovic, direttore esecutivo del Canvas, Centre for Applied NonViolent Action and Strategies, George Lakey, padre nobile di Occupy Wall Street o come Gene Sharp che con il suo prontuario Dalla dittatura alla democrazia ha ispirato i metodi delle rivolte di Tunisia ed Egitto.
Per questo suggerirei ai sostenitori di Crocetta della prim'ora, delusi dall'alleanza con l'Udc, di pagare un biglietto in prima fila per vedere quello che succederà nei primi cento giorni tra un governatore inafferrabile ed un centrismo atavico che ha fatto della Sicilia il suo laboratorio, non innovativo ma conservativo e riproduttivo, non per lo sviluppo ma per le tutele dei clientes.
Proprio per questo lucido tatticismo e per l’istinto rivoluzionario innato il nostro concittadino è l’unico candidato che la Sicilia può indicare per aprire nuove ed inesplorate opportunità.
Autore : Sebastiano Abbenante
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