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Corriere di Gela | A Gela come nella Corea del Nord?
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notizia del 17/08/2005 messa in rete alle 18:09:21
A Gela come nella Corea del Nord?

Sarà il caldo tremendo di questi giorni, o la pressante necessità di qualche meritato giorno di ferie, ma il mio cervello spesso si annebbia: osservo strane cose nella nostra città, mi pongo delle do-mande ma non trovo le giuste risposte. Per esempio, osservo che l’amministrazione comunale ha revocato l’appalto per la costruzione della chiesa di S. Lucia al raggruppamento di imprese che aveva legittimamente vinto la gara, sol perché nell’informativa antimafia della Prefettura c’era scritto che “non si possono escludere tentativi di infiltrazioni mafiose”. Le luminose menti che hanno elaborato tale frase sibillina dovrebbero ricevere un premio ad hoc, il “Fariseo d’oro”. Scusate, ma che significa? Che sulla base di un semplice sospetto si può emettere una condanna? Ma siamo in Italia o nella Corea del Nord? Se la Prefettura, tramite le informazioni che le pervengono dalla Questura, può contestare fatti che provano le infiltrazioni mafiose, lo dica chiaramente.
Ma evidentemente le prove non ci sono, e visto il tenore della frase incriminata, non ci sono neanche indizi. Ma “non si può escludere” che qualche peccatuccio ci sia. La frase esprime tutto e niente, tutto e il contrario di tutto. Se lo stesso metro di giudizio fosse utilizzato in altri campi, ne vedremmo delle belle. Un imputato per omicidio potrebbe scontare l’ergastolo perché “non si esclude” che possa avere ucciso, anche in mancanza di prove. L’amministrazione comunale potrebbe essere sciolta in blocco se “non si esclude” che intaschi tangenti. E se qualcuno fosse così pazzo da pensare che il Prefetto sia in verità il referente occulto delle cosche mafiose della provincia? Chiaramente sarebbe assurdo, ma come si fa a “non escluderlo”? Ma c’è di più: alla richiesta delle imprese interessate di conoscere i motivi dell’informativa antimafia negativa, viene opposto il segreto. In pratica, ti tolgo l’appalto, ti reputo soggetto ad infiltrazioni mafiose, ma non ti dico il perché: devi credermi sulla fiducia. Più o meno come il vecchio proverbio cinese che recitava “picchia ogni giorno tua moglie, tu non sai il perché ma lei sì”.
Il sistema becero, illegittimo e antidemocratico basato sull’informativa antimafia ha toccato l’apice: come si fa a “non escludere” che l’informativa antimafia venga usata come strumento per controllare gli appalti non “a monte”, durante le gare, ma “a valle”, per togliere di mezzo qualche impresa che quell’appalto non doveva fare?
Siamo tutti d’accordo sul fatto che occorre combattere la mafia e le sue infiltrazioni nel sistema degli appalti, ma non è possibile che per far ciò ci si riduca a metodi da “Stato di polizia”, utilizzando semplici sospetti per affondare le imprese, e per di più senza spiegarne i motivi. Altro che trasparenza! E in questa assurda farsa sguazzano le associazioni di categoria delle imprese, che invece di pretendere regole certe, anche da Prefettura e Questura, si divertono a firmare protocolli di legalità che permettono simili anomalie, novelli Tafazzi della situazione, autolesionisti senza scampo. Contenti loro…


Autore : Giulio Cordaro

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